L’ex Base Nato – Parco San Laise di Bagnoli è un’oasi speciale per alcuni degli appuntamenti estivi più accattivanti in città. Lo spazio, ideato per accogliere i bambini in condizioni disagiate e trasformato subito dopo l’inaugurazione in punto militare allo scoccare della seconda guerra mondiale, appare oggi riconvertito per favorire l’aggregazione culturale nel segno di musica, teatro, cinema, moda, fotografia.
All’arrivo il colpo d’occhio è imponente, sembra di respirare un’attitudine europea. Dopo quattro anni di assenza, questa è stata di sicuro la location più adatta per il ritorno a Napoli dei Marlene Kuntz, illuminati in modo unico da una matrice rock interpretata con la poesia e la furia noise con cui la band di Cuneo fin dagli anni ’90 ha segnato la scena alternativa italiana, restando ancora oggi un inconfutabile punto di riferimento. L’attesa serata di venerdì 7 luglio, frutto della sinergia Nonsoloeventi/TeatroPalapartenope e Rockalvi, ha visto in apertura i partenopei Sula Ventrebianco, protagonisti di un’ottima performance.
Al centro del tour, che sta portando i Marlene Kuntz su e giù per l’Italia, lo splendido Karma Clima, il disco uscito lo scorso settembre e incentrato sul tema del cambiamento climatico: uno schieramento artistico ed etico per provare a smuovere le coscienze e il dibattito sull’importanza di un’inversione di tendenza perché la questione non ha più nulla di distopico, ma riguarda tutti qui ed ora, mentre una rovinosa catastrofe sembra essere l’unico esito per l’ignavia umana così imperante. Karma Clima è un concept, ha una struttura ad anello che pretende dunque un’esecuzione rispettosa delle intenzioni e delle suggestioni che custodisce dall’inizio alla fine. La prima parte del concerto vede perciò susseguirsi i nove brani del disco, che risultano una narrazione accorata in grado di chiamare in causa tutti i presenti in un gioco empatico che ha i suoi apici in Bastasse, Laica preghiera e L’aria era l’anima. La dinamica delle parti è affascinante e centra con grazia e ardore al contempo l’obiettivo di trascinare in un turbinio di visioni oscure dove la tragedia e la paura riescono a spingere, invece, il desiderio e la speranza di salvezza di una Natura imponente da rispettare e temere per l’incontenibile bellezza di cui si miracolosamente parte. L’armoniosa simbiosi tra le chitarre di Tesio e Godano, dal cantato così carico di pathos, le incursioni delicate eppur frementi del polistrumentista Arneodo, il muro ritmico della batteria di Carnevale e del basso di Lagash creano una sospensione nello spazio-tempo che è il varco esclusivo verso la dimensione della condivisione più pura, quella che unisce le sensibilità quando l’arte intona l’incantesimo.
La seconda parte del live conta alcuni dei grandi classici del repertorio dei Marlene Kuntz: Osja, amore mio, L’abbraccio, Ineluttabile, La canzone che scrivo per te, Musa. Particolarmente toccante la parentesi segnata da Nuotando nell’aria, eseguita in duo da Tesio e Godano in ricordo dell’amico e batterista Luca Bergia, una delle anime fondatrici della band, purtroppo scomparso prematuramente quest’anno. La chiosa è affidata ad una famelica Sonica, una sorta di elisir di lunga vita che fa ancora invidia a chiunque calchi o voglia calcare un palco a suon di rock e contaminazioni varie.
A dispetto della deriva culturale che quest’epoca vive, i Marlene Kuntz sanno essere sempre naturalmente audaci, furiosi eppure poetici, romantici nella loro forma di resistenza.
Hanno più di trent’anni di onorata carriera, ma sembrano ancora una band neonata per impeto ed intenti. Fedeli ad una visione della musica che passa per la verità e la cura dell’ispirazione.
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