C’è un artista che potremmo definire una delle rivelazioni di questo 2010 musicale. Bologna Violenta è lo pseudonimo dietro il quale si nasconde Nicola Manzan, violinista, polistrumentista, compositore e arrangiatore che ha collaborato con diverse realtà tra i quali Baustelle, Ligabue, Paolo Benvegnù e che attualmente è entrato ne Il Teatro degli Orrori in veste di chitarrista e violinista. Col suo album Il nuovissimo mondo ha portato una ventata nuova nel panorama musicale italiano. Il suo electro-gridcore estremo arriva dritto come un pugno allo stomaco di chi l’ascolta. Distorsioni di chitarra e violino accompagnate da campionamenti intrisi di crudele ironia sono elementi che catalizzano gli ascoltatori. Gli abbiamo posto qualche domanda per cercare di capire cosa c’è dietro questo interessantissimo progetto. (Mondo militia e Maledetta del demonio sono in streaming autorizzato)
Partiamo dall’inizio: da dove nasce l’idea di Bologna Violenta?
L’idea nasce dalla delusione di vari progetti nati e morti di continuo, dall’incertezza nel futuro, ma soprattutto dal desiderio di fare qualcosa di completamente mio, senza altre persone coinvolte. Sentivo la necessità di registrare dei pezzi che, ascoltandoli, mi piacessero dall’inizio alla fine. Abitavo a Bologna e non era il periodo più felice della mia vita. Avevo un lavoro normale e parecchio tempo libero; ho cominciato a registrare e abbastanza rapidamente si è sviluppato il progetto Bologna Violenta, come omaggio alla città che mi ospitava e al cinema italiano di serie B, che ritengo molto vicino, per attitudine, ad un certo tipo di hardcore (e sto parlando di musica, non di film XXX). Musica fatta con tanta passione e pochi mezzi, con risultati magari discutibili, ma con un messaggio forte e spesso di denuncia del momento storico in cui viene creata. Da qui è nato il primo disco, con 26 pezzi da 26 secondi, vagamente ispirati ai poliziotteschi. Maurizio Merli col mitra in mano in copertina (fotocopiata) e cdr, tutto assolutamente DIY, 3000 copie distribuite. Dopo vari concerti e varie avventure con altre band, a gennaio è uscito Il Nuovissimo Mondo, un disco di sicuro più completo e più centrato del precedente, ispirato ai cosiddetti mondo movies.
Il nuovissimo mondo che ci presenti non è sicuramente dei più rassicuranti. Siamo davvero a l’ultimo atto o abbiamo ancora qualche speranza?
A dire la verità non lo so. L’ultimo pezzo del disco, infatti, pone l’interrogativo L’uomo: ultimo atto?, ovverosia, c’è ancora una qualche speranza per il futuro o siamo alla fine? Una fine che forse è già avvenuta e di cui noi stiamo semplicemente raccogliendo i cocci senza rendercene conto? E che futuro ci aspetta, visto che continuiamo a vedere atrocità incredibili perpetrate dall’uomo alla natura, ma soprattutto ai suoi simili? Non ho molte speranze per un futuro migliore. Se tutti cercassimo di vivere una vita felice senza per forza agire a scapito degli altri il mondo sarebbe un posto di sicuro più accogliente e vivibile. Ma non è così, le continue guerre per motivi (quasi) sconosciuti, le religioni che spargono odio e paure, il nostro esserci abituati a vedere la morte “in diretta”, sono solo alcune delle questioni che continuano a farmi rimanere dubbioso sul futuro del genere umano. C’è però anche da dire che sono ottimista di natura, e quindi un lumicino di speranza ce l’ho sempre, e cerco di fare del mio meglio perché almeno il mio, di mondo, sia migliore.
Parlaci un po’ del videoclip del brano Trapianti giapponesi (regia di Duilio Scalici, ndr). Io lo trovo inquietante, ma al contempo molto ironico. Direi che rispecchia pienamente lo spirito del tuo album.
Trapianti Giapponesi è un pezzo ispirato ad una sequenza di Emanuelle e le porno notti, un mondo movie sui generis in cui si parla di cose curiose dal mondo del sesso. Duilio Scalici ha fatto un ottimo lavoro, non gli ho dato indicazioni precise, e devo dire che ha centrato in pieno lo spirito del pezzo, in cui c’è dell’ironia, ma anche una certa dose di cinismo e crudezza. A me piace molto il contrasto tra le scene parlate, che definirei tutto sommato “innocenti”, e il forte impatto dell’operazione chirurgica e del pene sezionato. C’è da dire, tra l’altro, che le scene dell’operazione sono originali, filmati che Duilio stesso ha recuperato chissà dove. E comunque sì, direi che il video è assolutamente rappresentativo di un po’ tutto il disco, in cui l’ironia e l’aggressione sonora vanno a braccetto.
Hai collaborato con diverse realtà: mi vengono in mente Paolo Benvegnù, i Baustelle, Ligabue e adesso Il Teatro degli Orrori. Sono artisti molto diversi tra loro. Cosa hai portato di queste esperienze nel tuo progetto e nella tua musica in generale?
Da ogni collaborazione, che sia duratura oppure occasionale, cerco di imparare qualcosa, di crescere come musicista. Adoro il fatto di poter “entrare” nei mondi di altri artisti. Penso sia una fortuna poter collaborare con musicisti che arrivano da realtà ed esperienze così diverse. Con Il Teatro Degli Orrori, ad esempio, si tratta di suonare ed interpretare pezzi che già amavo quando li ho sentiti su disco, quindi molto nelle mie “corde”. Coi Baustelle è stato diverso, ho dovuto imparare pezzi che non conoscevo affatto, entrare in un mondo, appunto, che non era mio, se non in parte. Poi ci sono esperienze “estreme”, vedi con Ligabue, in cui è richiesta solo grande professionalità. Ma in genere non è quello che cerco. L’interazione con altri musicisti, lo scambio di idee, il mettersi in gioco comune, ecco, questo mi piace! Ovviamente le varie esperienze si sommano, si intrecciano, e stanno formando il mio “orecchio” e il mio modo di comporre. Ma non solo, negli ultimi anni ho imparato molti meccanismi del famigerato music business, e questa è una cosa a mio avviso molto importante, soprattutto per evitare di farsi fregare (cosa che comunque a me capita abbastanza regolarmente). Mi diverte anche registrare cose che non mi piacciono, così posso almeno essere conscio di ciò che non voglio sentire nella mia musica!
La tua formazione è classica, essendoti diplomato al conservatorio. All’apparenza è molto lontana da quello che fai. E’ realmente così o ci sono punti in comune tra le due cose?
Mi piace pensare che i miei pezzi potrebbero essere suonati da un quartetto classico, come se fosse musica “contemporanea”. Mi sono diplomato in violino e per parecchi anni ho suonato e registrato con varie orchestre. La musica da camera mi ha insegnato a stare su un palco da solo, lo studio dell’armonia mi ha insegnato a mettere le note al posto giusto per ottenere un determinato effetto sull’ascoltatore. La musica classica è alla base della costruzione dei pezzi di Bologna Violenta più di quanto potrebbero esserlo il blues o il metal. La più grande differenza tra quello che faccio io e quello che fa un’orchestra è la sonorità (gli strumenti usati, quindi) e la velocità di esecuzione (anche se devo ammettere che il terzo tempo del Concerto per Violino di Cajkovskij è assolutamente un pezzo grind). Ciò che ho imparato al conservatorio mi aiuta ad esprimere me stesso attraverso la musica, conoscerne il linguaggio mi consente di suonare con più coscienza e di comporre in modo consapevole. Ci tengo comunque a sottolineare che la mia capacità compositiva non potrà mai eguagliare quella dei grandi maestri.
“Nessuna politica. Nessuna religione. Bervismo per più”. Raccontaci un po’ da dove nasce questo motto, questa sorta di filosofia che stai diffondendo. Sta avendo successo?
“Nessuna politica – Nessunna religione” è un motto anarcopunk, ed io mi ci ritrovo in pieno, soprattutto coi tempi che corrono. Anche se sono conscio del fatto che l’uomo avrà sempre bisogno di essere governato e che sentirà sempre una spinta verso un certo tipo di spiritualità. “Bervismo per più” è una frase nata da sola, scritta di getto su un foglio, e che mi è rimasta in presso per molto tempo prima di poter pensare che potesse essere un modo per identificare un pensiero nuovo, un diverso modo di vedere la vita, in positivo e in negativo, ma più in positivo. Abbiamo bisogno di pensieri nuovi, di una via diversa per stare bene tra noi esseri umani, e non sono le vie che ci danno i politici o i religiosi. Penso che abbiamo il diritto di fare qualcosa di nostro senza andare a farsi imbrigliare in false moralità e in stupide convinzioni. Ovviamente non ho la pretesa di essere un filosofo, o di creare una nuova corrente di pensiero. Mi piace semplicemente pensare che se fossimo tutti Bervisti, sarebbe una buona cosa.
Che rapporto ha Nicola Manzan con il web? Pensi che sia un mezzo utile per la musica o che serva solo ad alimentare ulteriormente la cultura del “mordi e fuggi” facilitando la diffusione, ma non permettendo di approfondire veramente quello che si ascolta?
Ho un buon rapporto col web. Penso che se non ci fosse stato MySpace un progetto come Bologna Violenta sarebbe rimasto qualcosa di molto underground. I social network sono molto utili alla diffusione della musica, ed hanno una caratteristica molto importante dal mio punto di vista, ovvero che sono molto democratici. Non importa quanto “pimpi” il tuo profilo; se la musica fa schifo, fa schifo e basta. E non importa se sei i Metallica o un gruppo sconosciuto, ciò che conta è principalmente quello che esce dalle casse. Ho vissuto in prima persona il passaggio dalle lettere “normali” alle email: alla fine degli anni 90 spedivo i demo in cassetta, ora arrivano direttamente le email col link per scaricare o sentire la musica direttamente dal computer. Questo non mi piace molto, sembra di essere parte di continue catene di Sant’Antonio, tutto molto impersonale, troppo facile e spesso privo di passione. Di sicuro tutto ciò alimenta la cultura del “mordi e fuggi”. Si possono scaricare centinaia di dischi senza poi ascoltarli mai, ma penso anche che ciò non sia necessariamente un danno per l’industria musicale. Se uno scarica un disco e poi non lo ascolta, è come se non lo avesse scaricato! E se qualcuno scarica il mio disco (e sono in tanti, io compreso) e poi viene al concerto e compra il cd, di cosa mi posso lamentare?
So che stai tenendo diversi concerti un po’ in tutta Italia. Come ti sta accogliendo il pubblico?
Ho fatto molti concerti negli ultimi tempi e un po’ ovunque in Italia. In ogni città c’è un’accoglienza diversa, quello che vedo è che il pubblico viene sempre più numeroso e “preparato”. La maggior parte delle volte chi non mi ha mai sentito resta un po’ turbato, e posso dire che quando questo avviene l’obiettivo è centrato. Del resto il concerto è in gran parte ispirato ai mondo movies, che erano fortemente indirizzati a shockare lo spettatore (non a caso erano chiamati “shockumentary”). Mi piace molto suonare in posti nuovi, dove la gente non mi conosce. Nelle brevi pause tra un pezzo e l’altro posso sentire il silenzio di tomba che c’è in sala. Come se la mia musica togliesse il fiato a chi la ascolta. Conto con l’autunno di riprendere il tour in maniera ancora più serrata, l’esperienza dal vivo per me è fondamentale.
Col tuo primo album hai esplorato il mondo dei poliziotteschi e ora ti sei ispirato ai mondo-movie. E per il futuro? Come sarà il seguito de Il nuovissimo mondo?
Ho molte idee in testa. Al momento sto cercando di capire quale di queste penderà il sopravvento sulle altre. Sto pensando di fare qualcosa di non necessariamente legato al cinema, potrei tornare a parlare di Bologna, oppure potrei dedicarmi a qualcosa di più introspettivo. E’ presto per parlarne, ma penso che tra non molto ricomincerò a registrare e capirò man mano dove mi porteranno i nuovi pezzi. Di sicuro non riesco a stare con le mani in mano, e sono anche curioso di capire cosa uscirà stavolta.