Amo la musica che riesce ad evocare sensazioni sensoriali: morbidezza, ruvidità, luce, colori, odori, sapori.
Penso sia lo scopo dell’arte, tutta. Si può dire che un dipinto è davvero artistico quando riesce a far percepire sensazioni che una tela non potrebbe realmente realizzare. Per esempio, un quadro in cui è rappresentato un fiume, è davvero un opera d’arte quando, tra i capelli di chi lo osserva, si sente la brezza. Un pezzo di tela in sé non può creare del vento, ma noi lo sentiamo: lì c’è l’arte, l’artista e il suo genio, la capacità di rendere pubblico ciò che egli tiene dentro.
Al Locomotiv Club di Bologna, altre volte ho vissuto emozioni analoghe (Dustin O’Halloran in duo con Emidio Clementi) ed è un piacere scoprire che l’artista non è una specie in via d’estinzione. Ne esistono tanti, che a seconda dei gusti personali, possono interessare più o meno, ma indiscutibilmente riescono a trasmettere ciò che da sola, la musica di per sé non può riuscire.
C’è tanto di “loro” nelle esibizioni di Musica da cucina e dei Comaneci. Dentro ogni nota, ogni rumore, ogni sorriso si può osservare un pezzo di loro. Come se giocassero a nascondino dietro ai crini dell’archetto, saltando da una chitarra ad un bicchiere, mostrandosi appena, correndo felici, facendosi inseguire fino a raggiungerli e scoprirli.
Lo spettacolo di Musica da cucina è qualcosa di incredibile ed ammaliante. Non che l’idea di creare musica con utensili di vita quotidiana sia qualcosa di esageratamente innovativo, ma di sicuro il risultato è dei più dolci, grazie alla bravura (ed immensa sensibilità) che Fabio Bonelli dimostra sul palco.
I suoni rarefatti sono sapientemente orchestrati da una mente brillante che riesce ad aggiungere uno sull’altro differenti suoni per mezzo di strumenti elettronici (loop e affini). La partenza leggera e scarna cresce di intensità e complessità man mano che i suoni si sommano uno all’altro, come i piani di un castello di carte.
Rumori familiari, che tutti i giorni ignoriamo o a volte, addirittura detestiamo, ora svelano un sorprendente lato b. In un contesto del genere, ogni cucina potrebbe trasformarsi in una orchestra che narra storie di profumati thè, fragranti ciambelle o spigoloso e freddo metallo. L’udito elabora il suono, scatenando i cinque sensi in un lieve, ma intenso, benessere.
Un solo musicista dietro ad una tavola imbandita di bicchieri, mestoli, posate, bollitori, carta d’alluminio e strumenti convenzionali come clarino, armonica, chitarra e xilofono. Grandi calici in cui non viene versato vino ma un archetto suona il suo cristallo… la magia della musica!
L’incantevole esibizione dei Musica da cucina sorprende, lasciando tutti incantati e pronti per l’altrettanto dolce e soffice sound dei Comaneci.
Il trio composto da Francesca Amati, Andrea Carella e Jenny Burnazzi accarezza il pubblico di nota in nota.
I sorrisi non si sprecano e gli sguardi divertiti dei tre musicisti fanno bene al cuore.
C’è dialogo con il pubblico, folto e affezionato. Tutto è davvero tanto familiare da mettere quasi a disagio. Chi accorre ad un concerto dei Comaneci cerca affetto, coccole e sogni: si vivono emozioni paragonabili a quando, a casa di nonni lontani, dopo tanto tempo si scopre, chiuso in un cassetto, un vecchio carillon che si amava osservare fino a quando il mondo dei sogni non apriva le sue porte.
La dolcezza di ogni canzone della band ravennate si scopre costante, senza grandi sobbalzi, naviga su un mare piatto lievemente dondolante. Solo pochi pezzi dipingono pensieri più torvi e cupi: probabilmente incubi passeggeri alimentati dalla distorsione alla chitarra di Andrea.
Tra i pezzi più affascinanti si possono elencare senza dubbio Static, Nothing II, l’incantevole Knock me down e la spensierata I didn’t think the same: tutti brani tratti dall’album Volcano.
Violoncello, chitarre e voce dipingono morbidissimi ghirigori nell’aria, in un clima di religioso silenzio. Luci calde viziano il pubblico, come in un ventre materno. Musica dalla spiccata femminilità, che anche gli uomini riescono a sentire propria, scovando negli angoli più angusti di se stessi.
La simpatia dei Comaneci è contagiosa anche quando, con tanto affetto e buona volontà, provano ad esibirsi in un vecchio pezzo richiesto da una ragazza del pubblico: dopo un breve accenno, persi nelle risate desistono.
I Comaneci, come pochi, riescono ad emettere potentissimi campi di radiazioni benevole.
LostHighways consiglia l’esposizione anche ad anziani e bambini. (Lost Gallery)