Fabrizio Coppola sa bene di cosa sta parlando, sa bene di cosa vuole parlare. E riesce a farlo allontanando dalle parole e dal pentagramma ogni sterile enfasi o tentazione di rimandare il senso a metafore irraggiungibili. L’ispirazione che permea ogni singolo pezzo è omaggio ad un desiderio di verità onesto e schivo, attento e, spesso, doloroso. I quattordici racconti che compongono questo viaggio, attraverso sonorità rock d’inclinazione spiccatamente nordamericana, sono racconti di vita, sono cortometraggi rubati con una camera a mano per le strade di una città che non riesce a proteggere i propri uomini e le proprie donne dal grigio che la vince. “È difficile parlare con un popolo di morti, / che io allungo le orecchie e loro non ci sono più. / Sono sordi, sono orbi, e la loro lingua storpiata./ Gelida memoria, colore dei tempi andati…/ Milano d’idrossidi, di macchine ululare,/ vuote strade in cui orbi gli uomini non sanno più trovarsi.” (Franco Loi, da Umber – 1992)
Milano è un buco nero dentro al cuore (Tutto resta uguale), è il grembo che partorisce esistenze segnate dall’indifferenza, da un’inquietudine che soffoca in sterili noie, da emozioni alienate ed alienanti. Milano è i passi spesi a rincorrere sogni meschini, sentimenti troppo costosi, attenzioni negate. Una città da fuggire vivendoci attraverso; da mettere a memoria per potersene dimenticare; da odiare per poterla amare da capo. Fabrizio racconta la città: contraddittoria e arrogante, tachicardica ed impoverita dalla velocità. Svela il segreto di quei piccoli uomini e di quelle piccole donne che lottano per sentire salve le proprie urgenze, proteggendo il proprio diritto a resistere, a restare se stessi con dignità (Dove l’acqua muore), sfidando il vuoto con un prepotente, ed a volte ingenuo, desiderio di stupore. Binari, tetti, pioggia; stanze, margini, orizzonte. Tutto acquista il sapore agrodolce e sfacciato che solo la consapevolezza riesce a lasciare in bocca, che solo dentro ai luoghi dell’umiltà si riesce a intuire davvero. Le menzogne sono menzogne, anche se a raccontarle è il destino o a decretarle è una preghiera (Non ci sei più, Radici); i dettagli sono la sostanza della resistenza (Esplode la gioia); la felicità è un cappello calato sull’innocenza (Cerco ancora te); la fame e la sete spingono in direzione contraria all’apatia (Non mi aspetto niente). I ricordi sono una confidenza dentro al segreto: la malinconia del bianco e nero (Una piccola fiamma, 1973 ) ferisce la carne tanto quanto la lama perlacea dell’attesa, di quell’aspettare il qualcosa, il qualcuno che possa condurre in salvo come unico rimedio a ciò che non si riesce nemmeno più a sentire (Il dolore che non hai). Eppure c’è un’intuizione che torna, che ri-torna, dal cielo alle ossa, da un’esplosione di stelle alle labbra: la fede in un amore che sorregga, che non privi, che dia coraggio con ostinazione, attraverso ed oltre tanto tempo e tanto spazio (La città che muore).
Una vita nuova è un disco intelligente, di un’intelligenza matura, che riesce ad esporsi senza forzature, lucidamente. Una vita nuova è il blu del cielo che sovrasta, dell’acqua che lambisce, che sottrae: blu è la rivalsa, la rivincita; blu è l’annegamento, lo schianto. Chitarre, armonica ed organo elargiscono colore come saggio antidoto al pallore dei gas di scarico. I pezzi sono figli di uno stile essenziale; citando deliberatamente il proprio substrato folk e Rhythm and blues, sono rock’n’roll d’autore. Non manca il piano e trovano la giusta collocazione fiati e percussioni. Alla luce fredda dei neon si oppone il calore tutto intimo dell’umanità delle canzoni, emotive e terrene, lineari e spietate, che “Qui degli umili sento in compagnia / il mio pensiero farsi / più puro dove più turpe è la via” (U. Saba).
Credits
Label: Novunque/Self – 2005
Line-up: Fabrizio Coppola (voce, chitarre elettriche ed acustiche, e-bow, armonica, piano su tracce 3, 7,12 e 14, cori, arrangiamento fiati su 8 e 11, percussioni); Alessandro Annibale (basso, cori su 6 e 9, percussioni) – Corrado Solarino (Fender Rhodes, organo Hammond, piano) – Fabio Deotto (batteria) – Musicisti aggiuntivi: Simone Chivilò (chitarra acustica su 6 e 9, chitarra elettrica su 8, cori su 6 e 8, sinth su 5,9 e 13, percussioni) – Alfredo Coppola (corno francese su 14) – Valerio Berton, Pia Coppe (cori) – Mario Vendramini (sax) – Mario Zivas (tromba) – Paolo Berton (trombone) – Registrato e mixato da Simone Chivilò; Produzione artistica Simone Chivilò e Fabrizio Coppola, assistiti da Alessandro Annibale; Testi e musiche: Fabrizo Coppola
Tracklist:
- Tutto resta uguale
- Non ci sei più
- La città che muore
- Cerco ancora te
- Non mi aspetto niente
- Esplode la gioia
- Dove l’acqua muore
- Una vita nuova
- Il migliore
- Radici
- Una piccola fiamma
- Il cielo su Milano
- Il dolore che non hai
- 1973
Links:Sito Ufficiale,MySpace
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