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Un pianeta sovraffollato da gente sola: intervista a Stefano Sardo (Mambassa)

mambassa_inter01La moltitudine non sempre è terapeutica nei confronti della solitudine, anzi, il più delle volte pare esserne proprio la causa: questo è il pensiero dietro Lonelyplanet, disco che celebra il ritorno dei Mambassa tra le fila della discografia italiana. Attraverso questa intervista LostHighways dà il bentornato alla band di Bra, proponendo un bilancio tra passato e presente dei Mambassa. Lo fa attraverso le parole di Stefano Sardo, voce e co-fondatore del gruppo. Parole che permettono un viaggio approfondito tra il suo pensiero e l’inevitabile confronto con le diverse realtà della scena musicale italiana. E il viaggio come sempre parte da una valigia. In questo caso, abbandonata in un aeroporto…

Il vostro è davvero un gradito ritorno sulla scena musicale italiana. Come lo state vivendo? Grazie. Direi che ce lo stiamo vivendo bene. Siamo più rilassati e consapevoli di una volta e siamo particolarmente contenti di rimetterci a suonare dal vivo. Abbiamo un disco di cui siamo molto fieri e molto poco da perdere.

Sono passati ormai sei anni da Mambassa e quando sono iniziate a girare le prime voci in merito all’uscita di un nuovo disco le aspettative del vostro pubblico sono state fin da subito altissime. Le mie, personalmente, sono state decisamente soddisfatte. Qual è stato il feed ack che avete ricevuto dal pubblico di casa vostra alla prima data live? Molto buona. Ma faceva un gran freddo e il concerto ne ha risentito. Forse c’è stato anche un po’ di stress da prestazione, come quando si va a letto con qualcuno che si è a lungo desiderato: ci servirà qualche data ulteriore per affinare il rodaggio e il nuovo repertorio.

Mi addentro in Lonelyplanet. Un elogio alla solitudine, ai bisogni dell’uomo. Il tutto osservato da un punto di vista molto umile, in cui ognuno ci si può immedesimare con facilità. Che cos’è per voi la solitudine? Quale valore le date? Viviamo in un pianeta sovraffollato eppure c’è sempre più gente sola, la cui unica interazione, per buona parte del tempo, è quella mediata dei social network. C’è meno senso di comunità, meno famiglia, meno figli. Come diceva qualcuno, “la solitudine è una malattia come un’altra: solo che non viene nessuno a curarti”. Le canzoni, ecco, a volte aiutano.

Un elemento imprescindibile di Lonelyplanet è il Tempo, non tanto inteso come unità di misura, ma piuttosto come un punto di riferimento e un metro di paragone tra attese viscerali e istanti vissuti. Penso in particolar modo a Nostalgia del futuro, La pioggia di settembre, Oggi. Me ne parli? Le canzoni a volte  sono racconti, e i racconti hanno sempre a che fare con il tempo.  Quanto ai tre esempi che citi tu… Nostalgia del futuro, che dire? Non c’è più il futuro di una volta. Ne siamo consapevoli. L’orizzonte non è più illimitato, si è contratto. L’umanità ha capito che il mito del progresso è tramontato. Mi piace che il brano – del tutto inconsapevolmente – si chiami come un saggio di Pippo Civati. La pioggia di settembre è un racconto mogolesco su un amore clandestino, molto rimpianto. Oggi è  il mio tentativo di fotografare, con pochi schizzi, un momento di felicità. Quando ciò di cui hai bisogno per stare bene e ciò che desideri miracolosamente sembrano la stessa cosa.

Dal punto di vista musicale questo è un disco forte e deciso, caratterizzato da un sound preciso. Sembra che abbiate davvero trovato la vostra dimensione. È questa la line up definitiva per i Mambassa? Non saprei. Ma ci è piaciuto lavorare in funzione delle canzoni e non adattando le canzoni al suono della band, come spesso avveniva in passato. Certo avere un tastierista nella band ha ampliato la gamma delle possibilità. Difficile fare marcia indietro.

mambassa_inter02Casting è il primo singolo estratto. Sicuramente una buona premessa per chi attende di ascoltare il disco per intero. Mi parli del pezzo e del video che avete realizzato? Ho scritto il pezzo basandomi su cose che conosco. Valentina, la mia compagna,  è un’attrice, e molti amici ed amiche fanno questo mestiere. Raccontare il loro disagio mi sembrava una chiave interessante per intercettarne uno più grande e generalizzato. Esistenziale, perfino. La prima versione l’abbiamo incisa almeno tre anni fa, in una session a tre con Naxo e Fabrizio (al piano elettrico). Di quella session sono rimasti, poi, sul disco, sia il cantato che le linee di basso e fender rhodes. Successivamente, quando ascoltavamo la tracklist del nostro disco, ci è venuta l’idea di fare un video di finti provini con veri attori. Ne ho parlato col mio amico Lucio Pellegrini, e lui si è subito dato disponibile. Poi due casting director, Betta Curcio e Chiara Natalucci, mi hanno aiutato a diramare le convocazioni, e con la produttrice Ines Vasiljevic e l’incredibile lavoro di Larry Wine (Lorenzo Vignolo, ndr) al montaggio, questo gioco di gruppo è andato in porto molto felicemente. Ha più di 40mila visite su YouTube e continua a crescere.

Se istintivamente dovessi assegnare un’immagine al disco, penserei a La persistenza della memoria di Salvador Dalì, per quanto il vostro lavoro sia meno surreale e più attaccato agli aspetti concreti del vivere. E voi, al di là della meravigliosa copertina del disco, che immagine vedete? Un aeroporto vuoto. Era questa l’immagine da cui siamo partiti. Pensavo sempre a una valigia che gira da sola su un nastro trasportatore, abbandonata. Pensa a quante storie ci possono essere, dietro a una valigia abbandonata all’aeroporto.

Citando Oggi, scrivete “Se scrivi, non vivi/ ma se vivi, poi/ chi scriverà“. Quanto in questi anni avete vissuto, e quanto avete scritto? E in quale misura il vissuto e la scrittura si sono frammistati? Sai, lo chiedi alla persona sbagliata: il mio mestiere è scrivere. Qualche volta il restare rattrappito al computer mi sembra una violenza e ho bisogno di uscire a vivere. Nel complesso, credo che abbiamo vissuto, in questi anni. Per questo avevamo di nuovo voglia di ritrovarci. Perché eravamo stati distanti.

A tal proposito. Sei tra gli autori della sceneggiatura del film del 2009 La doppia ora. Quali sono le maggiori differenze e quali le maggiori similitudini tra la stesura di una sceneggiatura e la creazione di un testo musicale? In una sceneggiatura, quasi come nel testo di una canzone, ogni digressione è bandita. Più una sceneggiatura è buona più ogni parola è necessaria. La differenza sta nel passo lungo del cinema, e nella coesistenza di codici molto diversi che implica. Poi, cosa non da poco, la sceneggiatura si scrive spesso con altri mentre io non ho mai scritto il testo di un brano con qualcuno. Mi pare un gesto più intimo, quello della stesura delle liriche.

Negli ultimi sei anni i cambiamenti nel mondo della musica sono stati davvero importanti: lo sviluppo massivo del web e dei social network come mezzo di promozione e vendita, la nascita dei reality show come unica fucina di talenti o pseudo tali, rapporti sempre più complicati con le case discografiche, difficoltà nel presentare la propria arte sui palchi italiani. Voi come vi siete approcciati con tutte queste novità? Male, tendenzialmente. Siamo stupidamente ancorati all’idea che se fai una buona canzone quella vivrà da sé. Le cose non stanno realmente così (o forse le nostre canzoni non erano abbastanza buone, certo). La situazione è davvero un po’ compromessa. La musica leggera – settore da sempre sprovvisto di sovvenzioni pubbliche, considerato marginale nel sistema-cultura – è stato il primo a soccombere. Oggi avere una rock band è un po’ come produrre formaggio di fossa. Un gesto un po’ fuori dal tempo.

mambassa_inter03Quindici anni di carriera. Cinque dischi all’attivo. Cosa pensano di se stessi i Mambassa oggi? Qual è il bilancio della propria carriera fin qui? Pensiamo che il disco sia molto, molto buono, e siamo orgogliosi di essere ancora qui, con un nuovo contratto discografico con una major, a quindici anni dalle prime prove. Quanto al bilancio onestamente non credo che il saldo sia positivo: potevamo raccogliere molto di più ma forse non siamo stati abbastanza determinati, o consapevoli, o talentuosi, non so. Detto questo, oggi va bene così. Inutile recriminare.

Grazie per questa possibilità. Grazie a voi.

Casting – Video

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