Gli Edwood sono una band di cui la nostra Italia dovrebbe andare fiera. Un gruppo umile, di musicisti capaci ed ispirati, metodici e professionali. Il loro suono contemporaneo strizza l’occhio all’eleganza del passato catapultandola tra distorsioni ed elettronica. A cavallo tra il pop ed il rock più moderno, gli Edwood con il loro ultimo disco Godspeed confermano le aspettative, ed in questa intervista cerchiamo insieme a loro di analizzare le differenze, la crescita ed il futuro di una band tra i pregi e le difficoltà della scelta indipendente. (Loveless e Millions sono in streaming autorizzato; si ringrazia Acupinthegarden)
Goodspeed è il terzo album della band: guardandovi alle spalle notate qualcosa che, con il senno di poi, avreste potuto realizzare diversamente? Senza passare per arroganti sinceramente no, nel senso che i nostri album sono sempre molto pensati, ascoltati e riascoltati, quindi siamo sempre molto convinti del risultato prima di pubblicarlo.
Quest’ultimo disco è forse il più vario ed il più maturo. Il vostro stile non è mai cambiato nella sostanza, ma tanti piccoli dettagli hanno portano ad una metamorfosi (o crescita). Con uno o più aggettivi, riuscite a descrivere rispettivamente i tre i vostri dischi? Il primo Like a movement, essendo un esordio, direi un greatest hit dei primi anni, il secondo (Punk music during the sleep) il più sofferto per mille motivi, il terzo il più snello e immediato.
Tra le tante parole, ho descritto il vostro disco come “claustrofobico ed arioso”. Una contrapposizione di sensazioni che credo caratterizzi la vostra musica: vi ritrovate in questa descrizione? Ti ringraziamo perché sintetizza bene il cammino sonoro di questo disco.
Come e quando è nato l’incontro con Sara Mazo, voce dei mitici Scisma? Sara è una nostra vicina di casa! Dopo lo scioglimento degli Scisma, ha vissuto a lungo a Torino, tornando a casa sul lago di Garda, è proprio venuta ad abitare a 100 metri da noi, suona strano….ma è così. Ricordiamo la registrazione di Millions, senza averla mai sentita prima, una domenica pomeriggio in un quarto d’ora le track definitive e il risultato è splendido.
In una precedente intervista a LostHighways ci raccontavate che la vostra composizione è quasi empirica: “registrare la canzone in maniera molto scarna (chitarra/voce), quindi provare ad arrangiarla in tutti i modi possibili, per poi portare in sala prove dei provini già abbastanza approfonditi”. Per Godspeed è cambiato il vostro approccio alla “creazione” di musica? Direi che anche con Godspeed abbiamo mantenuto le stesse peculiarità nel nostro approccio al lavoro, stesso iter: credo che non lo cambieremo.
Quasi tutti i testi dei vostri brani sono composti da versi netti e d’impatto, spesso ripetuti, capaci con il loro significato di creare efficacemente delle immagini, ma la ricerca della musicalità delle singole parti talvolta sembra svolgere un ruolo ancor più importante. Qual è la genesi e quali sono le priorità di un testo di un brano degli Edwood? I testi nascono sempre da vita vissuta, immagini spesso quotidiane non necessariamente autobiografiche; diciamo che in italiano (con gli Intercity) c’è più libertà, in quanto la conoscenza della lingua è ovviamente molto più approfondita; in inglese invece abbiamo sempre collaborato con “madrelingua”.
Dopo il boom dell’utilizzo di MySpace e il suo attuale decadimento, è cambiato il modo di approcciarsi alla diffusione ed all’autopromozione che band indipendenti possono realizzare tramite internet? In effetti MySpace è andato nel dimenticatoio, soprattutto perché Facebook è molto più snello ed efficace, anche se ha delle restrizioni molto severe per evitare spam vari; noi usiamo quello, troviamo sia molto utile.
I panorami oltralpe ed oltremare per gli Edwood rimangono solo delle belle cartoline o degli spazi in cui intendono affacciarsi e promuoversi? Idealmente ci piacerebbe, ma realisticamente direi che sono solo delle belle cartoline, anche se è bello dire che non si sa mai.
La vostra musica, rispetto a quella di molte altre band, stupisce per la quiete eleganza con la quale è composta. Musica che non urla, che non scatena i balli, sembra una musica educata, non egocentrica ed appariscente, di certo umile e discreta, se non timida… l’opposto dei canoni della musica mainstream. La vostra è una ricerca mirata, o rispecchia semplicemente il vostro essere? Specialmente come Edwood (quindi in inglese) abbiamo mantenuto questa caratteristica, ci piace molto l’aggettivo timida, fotografa bene l’utilizzo delle nostre melodie.
A seguito della nascita del vostro “alter ego” Intercity, come vivrete il rapporto tra queste due differenti realtà? Continueranno a camminare su binari paralleli distinti? Una soprafarrà l’altra? Comunicheranno? Dopo questo terzo disco a nome Edwood, ci concentreremo sul nuovo disco Intercity, che rispetto all’esordio avrà delle caratteristiche diverse: per farti un esempio ci sarà molta più voce femminile.
Cosa si augurano gli Edwood per il futuro? Per una band indie la cosa augurabile, viste le difficoltà, è più visibilità possibile e qualche bel concerto! Grazie a te e alla redazione per questo spazio!