Giulio Di Donna è uno di quelli che si definiscono “addetti ai lavori”. E’ il direttore di un magazine decennale come Freak Out, manager della Hungry Promotion, direttore artistico di un festival come il Neapolis che ogni estate rinnova la sua caratura di stampo internazionale, e poi ancora mette le sue mani d’oro al Duel:beat e nella Freakhouse Records.
Questa volta esploriamo il mondo della musica da un’altra prospettiva. Quella di chi la gestisce e la organizza, la analizza e la produce nella complessa realtà partenopea.
Fondatore e direttore del magazine di cultura indipendente Freak Out, manager della Hungry promotion, direttore artistico di Neapolis Festival, Duel:beat Club e Freakhouse Records. Uno, nessuno e centomila, diceva Pirandello. Penso che solo la tua passione per la musica riesca a farti divedere perfettamente in tutti questi progetti?
Ovviamente se non hai la passione non è un lavoro che si può portare avanti. Le difficoltà sono tantissime (non ultime quelle economiche), ma fortunatamente sono riuscito ha creare un buon team di lavoro che mi permette di coordinare e condividere tutti questi settori apparentemente distanti tra loro.
Nelle ultime edizioni del Neapolis Festival è aumentata sempre di più la matrice elettronica delle band selezionate. Molti rockettari napoletani hanno storto il naso. C’è da dire però che nell’edizione 2009 avete portato a Napoli i !!!(Chk Chk Chk) della Warp che ora sono sull’onda mondiale e che sembrava una giusta lettura delle nuove direzioni contaminate del rock. Cosa pensi a questo proposito?
Penso che non sia vero che Il Neapolis sia diventato negli ultimi anni un evento electro-dance (qualora lo diventasse non mi sembra un deterrente). Negli ultimi cinque anni hanno suonato tanto rock gente come Editors, REM, Iggy Pop, Kasabian, Subsonica, Cure, Horrors, Eels, Deus, Verdena, Negrita, Baustelle, Elio, Bluvertigo; poi se Jamiroquai, LCD Soundsystem, Fatboy Slim, Massive Attack, Kraftwerk e Prodigy determinano una condizione da festival electro-dance possiamo tranquillamente discuterne; ma la visione dei fatti risulterebbe sicuramente divergente. Il nostro festival di elettronica e dance è Kaleidoscope che si svolge a dicembre, e oggi giunge alla sesta edizione, quindi uno così già lo produciamo da svariati anni perché mai dovremmo ripeterci?
Hai una visione a 360° del mondo indipendente italiano. Da questo bagaglio di esperienze, ti chiedo quanto è importante per un artista essere recensito?
Molto! E’ un discreto veicolo promozionale (come le interviste o i live report), ma non crea una condizione determinante per le sorti di un gruppo o artista. Ci vuole ben altro per andare avanti in questo mondo, se si ha l’ attitudine giusta e una forma d’arte sopra la media la promozione positiva aiuta.
Recentemente il Duel:beat club ha iniziato il progetto delle serate di musica indispensabile ed ha cercato di portare anche grandi nomi del panorama indie internazionale (es. Piano Magic, Sara lov) . Ho visto il prossimo cartellone ed ho notato molti nomi del panorama indie italiano come Calibro 35 e Perturbazione. Quanto è una scommessa realizzare una rassegna di questo tipo a Napoli? E’ lontano il giorno in cui potremmo vedere gruppi indie stranieri come quelli che bazzicano il Circolo degli Artisti a Roma o l’Alcatraz di Milano?
Oramai come local promoter sono oltre quindici anni che organizzo concerti, con alti e bassi sicuramente. Da quattro anni lavoriamo in ottime condizioni al duel:beat (ottima sala, acustica buona, ottimo impianto e tantissimi servizi utili per gli spettatori); ho fatto in modo che a Napoli suonassero, nel tempo, tantissimi gruppi stranieri che erano o sono in calendario di rinomati club della capitale, del bolognese o del milanese. E non credo che a Napoli ci sia poca offerta, magari c’è poca costanza nel proporre concerti di band straniere ma questo dipende da due fattori determinati: il primo è che non sempre il pubblico partenopeo ha supportato certe iniziative, e siccome senza soldi non si cantano messe reinvestire in tour costosissimi diventa difficile; secondo punto è una difficoltà oggettiva per le distanze siderali dal resto d’Europa (Milano, Bologna e Torino sono a poche ore da Parigi o Monaco e questo ti fa capire che tappe troppo a Sud non conviene farle). Ma queste strategie dipendono anche dalle agenzie di booking italiane che da anni vedono Napoli come una città di secondo ordine e quindi non meritevole di certi tour. Poi succedono cose strane ma belle: certi artisti pretendono dai loro management di suonare a Napoli (riconosciuta come capitale della musica melodica e per le bellezze locali) e quindi capita di avere “l’onore” di ospitarli. Altre circostanze coincidono con lo sfruttamento da parte di questi signori dei concerti che annusano fondi pubblici o organizzazioni favorevoli per venire a lucrare. In entrambi casi chi ci rimette è l’appassionato di musica e i fans che poi sono costretti a fare chilometri per assistere ai concerti dei loro beniamini. Anche qui c’è l’immigrazione, ma peggio perché di stampo culturale.
Capitolo Freakhouse Records, cosa bolle in pentola?
Siamo fermi. Siamo alla ricerca di una vera band da produrre e promuovere.
Quanto è diventata importante la promozione web per la musica indipendente?
E’ importantissima e non credo che quella fatta direttamene dagli artisti sia una cosa giusta. Credo fortemente nella distinzione dei ruoli, ognuno deve fare il proprio lavoro e se sei bravo a comporre musica e suonarla dal vivo devi concentrarti su quello senza pretendere di conoscere le dinamiche promozionali che in quanto artista non potresti mai condividere. Troppi compromessi e tanta diplomazia.
I cinque album della tua vita?
Tutta la discografia degli Smiths, Reading, Writing and Arithmetic dei The Sundays, l’omonimo dei Suede, Some Friendly dei The Charlatans, l’omonimo dei Clash. Ma credimi cinque sono pochissimi, diciamo che ti ho elencato quelli che hanno segnato la vita dai sedici ai vent’anni. Il periodo più bello!
Non hai paura che, essendo dai vari lati del prisma della musica (produzione, promozione, critica musicale, booking), ciascuna delle tue attività possa essere influenzata dalle altre? Qual è il segreto?
Lavoro e lotto contro il pericolo di conflitti ogni giorno. Come ti dicevo all’inizio dell’intervista ho un team che lavora con me talmente bravo che spesso molte attività procedono autonomamente. Ho la fortuna, però, di saper linkare bene questi vari aspetti del lavoro e fino ad oggi ho ottenuto i risultati che mi aspettavo. Ma non è finita qui perché ci sono tantissime cose nuove che bollono in pentola.