Home / Editoriali / Gli angeli oscuri: Joy Division

Gli angeli oscuri: Joy Division

L’Inghilterra si presentava grigia in quegli anni. Il caso irlandese era sempre più scottante, scandali finanziari scuotevano l’opinione pubblica e il crollo dei valori si faceva sempre più pesante.
A quell’epoca, si era alla fine dei settanta, la musica che si ascoltava in giro, il punk, era stata un radicale cambiamento ma stava iniziando ad esalare i suoi ultimi respiri. Tutto stava evolvendo, cambiando, l’immagine dei gruppi musicali acquistava sempre più importanza nell’industria discografica anche se per i Duran Duran e gli anni ottanta si sarebbe dovuto aspettare ancora un po’.

In quell’atmosfera, a Manchester, tre ragazzi (cui poi si aggiungerà l’angelo più oscuro, Ian) si incamminavano per la loro strada musicale destinata a concludersi in un tragico lutto, in un lascito di due dischi oramai germinali e storici e nella mutazione in prodotto discografico milionario di quella che fu, forse, l’ultima band genuina di quegli anni (gli iniziali tre membri saranno i fondatori dei fortunatissimi New Order, punto di riferimento per band planetarie come gli U2).
Il tempo ha oramai scavato larghe rughe sulla faccia di quei dischi, ma i Joy Division resteranno la formazione che ha dato inizio ad uno stile musicale nuovo, angosciante e cupo, in netto contrasto con il furore fine a sè stesso del punk e il rampantismo della New Wave a venire.
Quella dei Joy Division è una storia strana.
Partirono appunto da Manchester come supporter di svariate punk band, del resto la folgorazione la ebbero ad un concerto dei Buzzcocks, e si trasformarono negli anni in ciò che fu definita la prima Dark Band d’Inghilterra, per ciò che può voler dire. La loro musica era strutturata su ritmiche di basso e batteria martellanti ma mai noiose, anzi decisamente fuori dai canoni per il tempo che correva allora, la chitarra di Albrecht non lasciava intravedere la svolta pop che avrebbero preso poi alla morte del cantante. Dirlo è triste e forse anche banale, ma i Joy Division devono gran parte della loro fortuna ai testi, ma soprattutto alla figura di Ian Curtis.
Ian Curtis… un ragazzo timido che scriveva poesie sui banchi di scuola e che mai avrebbe pensato che il suo nome sarebbe entrato nel lungo elenco delle stars morte giovani e consacrate poi al ruolo di icona. Al pari di Morrison, Ian Curtis rappresenta il poeta che dello showbusiness non sapeva quasi che farsene. Dai suoi tanti demoni, non ultima una forma di epilessia che si aggraverà negli anni e un carattere timido e schivo, sviluppò una vena poetica cupa, triste, in contrasto con le urla di rabbia e di rivoluzione che si levavano dalle strade di Londra.
Il primo disco dei Joy Division è Unknow pleasure. Chiamarlo capolavoro è superfluo.Tracce storiche si susseguono l’una all’altra. Disorder, la stupenda Shadowplay, Candidate sono solo alcuni dei gioielli di questo nero scrigno di tesori. Un disco talmente avanti che risulta a tutt’oggi attuale con le sue ritmiche scarne e i suoi testi angoscianti. La band era ormai la capostipite dell’interiorità, contrapposta al nichilismo del punk, e il successo iniziava ad arrivare. Gli orizzonti di gloria si avvicinavano sempre più, i Joy Division si impegnano in un tour massacrante che li portò a staccarsi sempre più dal punk, da cui del resto erano già lontani. L’epilessia di Curtis si aggrava durante il tour. Spesso è costretto ad interrompere concerti per i suoi attacchi. La situazione diventava insostenibile anche perché il carattere già fragile del giovane cantante è minato dalle prime avvisaglie della depressione, il Male Oscuro che lo ucciderà.
Ha giusto il tempo di registrare Closer, un lavoro dai toni decisamente non luminosi sin dalla copertina, dai colori scuri e opachi, che riflette un dramma personale. Isolation è un urlo di aiuto, un’avvisaglia di tragedia. Closer è il capolavoro di quel genere musicale claustrofobico e introspettivo che ormai ha trovato nei Joy Division il gruppo che ne porterà la bandiera.
Si sfugge da tutto tranne che da se stessi. Il 2 maggio 1980 Ian Curtis sviene durante un concerto e sedici giorni dopo, tra le pareti di casa, si impiccherà. Una tragedia che segna la fine dei Joy Division.
Povero, delicato, fragile Ian.
Da qualche parte, forse, c’è ancora qualcuno che se lo ricorda mentre scriveva poesia sui banchi della scuola. Ma come diceva un altro inglese, lo spettacolo deve continuare.
Dalle ceneri dei Joy Division nascono i New Order, musica pop, prevedibile seppur interessante, più orientata al commercio e all’avvento degli anni ’80 che al coraggio della ricerca. Saranno la lana del proverbiale paragone.
Non sappiamo se qualcuno girerà mai un film sui New Order ma si dice che a momenti dovranno iniziare le riprese di un film sulla vita di Curtis e dei Joy Division.
Il tempo, del resto, distribuisce i suoi doni in modo disordinato, come il contadino sparge i semi nel campo.
Ai New Order ha donato i milioni accumulati negli anni, mentre ha regalato ai Joy Division la gloria dei pionierii e a Ian Curtis l’immortalità.

Ti potrebbe interessare...

The Smile @ Auditorium Roma - Photo Kimberley Ross

The Smile @ Roma Summer Fest, 24 giugno 2024

Arriviamo in trasferta da Napoli poco dopo l’apertura dei cancelli. È una fresca serata estiva, contrariamente …

9 commenti

  1. sono daccordissimo con la tua analisi e le tue riflessioni… forse nell’oscuro calderone delle band iper-sottovalutate, i Joy Division negli ultimi anni stanno salendo decisamente in superficie: la loro impronta sulla musica a venire, checchè se ne dica è straordinaria, e voltarne le spalle è impossibile.
    Aggiungerei una cosa: i Joy Division sono l’abbrivio alla prossima new wave, anzi forse addirittura uno dei capisaldi. Gli stessi Smiths, band bagnata dalla fortuna negli anni a venire, erano devotissimi allo spleen chitarristico trascendentale e metafisico dei JD, e seppero assorbirne le lezioni. Il loro era un superare il punk in direzione del cristallzzarne le energie (distruttive e urgenti nel caso del punk), in forme fredde, definite (più angoscianti e indirette nel caso della new wave)…
    Un ottimo focus-on. di gran classe! bravissimo Cristiano, si potrebbe discutere per ore su questi argomenti… grande;)

  2. “…cristallzzarne le energie in forme fredde…”
    Non ci avevo pensato. Sì, penso sia stato così, hai ragione.
    Per i miei adorati Smiths…beh, il discorso è delicato 😉
    Lo sai che su Marr e Morrissey sono iconoclasta! 😉

  3. Shadowplay è uno dei miei pezzi preferiti e ricordo che il signor Agnelli ne ha realizzato una versione superba… molti anni fa.
    Ottimo focus, D’Anna;)

  4. …infatti dovrebbe esserci il video (orribile, M.A, era davvero inguardabile al tempo) nel primo dei due DVD editi prima dell’estate.
    O almeno mi sembra di averlo visto nel primo…

  5. sì… il primo.
    Ripeto: ottima versione di un pezzo stupendo.

  6. sai che non l’ho mai sentita questa versione?? 😉

  7. Ma che brividi poter leggere dei grandissimi Joy Division su Losthighways…
    Unknow pleasure è un album che ancora oggi quando lo ascolto non mi viene a noia,canzoni simili sono immortali per chi ama quel sound.
    A titolo di informativo il film sulla vita di Ian Curtis si chiama “Control” di Anton Corbijn portato al Festival di Cannes del 2007 riscuotendo un gran successo e vincendo il premio “premio dell’arte & di Essai di CICAE” di Regards Jeunes, inoltre il film ha ricevuto il premio come miglior film europeo e come miglior film del sidebar.
    Purtroppo ancora non è stata stabilita la data di uscita del film nelle sale italiane :(

    Saluti

    Mattia

  8. …sono curioso di sapere in quanti lo andremo a vadere.

Leave a Reply