Entusiasmo. Energia. Sesso. Graffio. Rumore. Alcol. Rock. Blues. Country. Attitudine e stile. Queste sono le parole che restano del tanto atteso live dei Kings Of leon al Futurshow di Bologna.
Ho visto tutte le generazioni. Ho visto quelli vissuti con il mito dei Rolling Stones e Grateful Dead. Ho visto quelli che hanno affollato le date dei Led Zeppelin. Ho visto persino qualche punk e una donna incinta. Ho visto anche i giovani cresciuti nell’epoca tardo-grunge. Ho visto bagarini in lacrime che non riuscivano a vendere i biglietti perché non avevano capito che chi aspettava questo concerto li aveva già bloccati da una vita. Ho visto critici mordersi le mani e pensare: “ma come si riesce ad avere la sicurezza e professionalità che hanno questi sul palco?”. Ho visto chi non si accontenta del filtro mainstream italiano che ha sempre taciuto l’enorme successo di questa band per paura di un ritorno di fiamma del rock nella Penisola.
Sì! Il rock fa paura, come quello vero della famiglia Followill che è capace di tutto anche di muovere nazioni intere.
Nel palazzetto si avverte già una certa atmosfera con il gruppo supporter dei Whigs, un assaggio dell’energia che di lì a poco esploderà.
Arrivano finalmente i tre fratelli ed un cugino con la loro andatura yankee e parte un’onda incendiaria di adrenalina che avvolge tutto e tutti. Il riff iniziale di Crowl è una miccia emozionale dirompente. Tutti sorpresi per un live che può essere impeccabile pur essendo rock. Nessuna sbavatura nella modulazione della voce unica di Caleb. Un palco essenziale dove le sole luci devono illuminare i veri effetti speciali che sono proprio i quattro della band. Le immagini proiettate dagli schermi sono filtrate in modo tale da sembrare uscire da un documentario anni settanta, quasi a creare un ponte temporale tra quello che accade sul palco e tutta la storia del rock di ieri. La gente partecipa con entusiamo al susseguirsi di brani come Molly’s Chambers, Fans, The Bucket e On Call, ma si esalta anche per brani come The Immortals, Pyro e Back Down South, The End e Radioactive, ovvero gli estratti dall’ultimo lavoro Come around sundown (appena uscito due mesi prima).
Non importa se salta l’impianto durante Mary perché tutto sarà cancellato nella memoria dall’attesissima Knocked Up e dal tris di hits Use Somebody, Closer e Sex on Fire (incluse nel pluripremiato Only by Night). Si chiude con la simulazione di un cortorcuito che sembra far eslodere le luci sugli assoli di Black Thumbnail.
Di concerti così in Italia non se ne vedevano da un pezzo per intensità rock e professionalità sul palco. Non c’è stata alcuna beffa live: i Kings Of Leon sono una macchina perfetta che merita il successo raggiunto progressivamente nell’ultimo decennio, partendo dalle radici country di Nashville e sapendo sempre più dosare attitudine rock e istinto pop. (Foto di Federica Di Lorenzo)
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