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La musica è un segno di resistenza: intervista a Francesco Di Bella (24 Grana)

Gennaio ha segnato l’uscita del nono album della carriera dei 24 Grana: La stessa barca.
Urgente, diretto, denso di contaminazioni che obbediscono ad una matrice di sano rock nelle intenzioni e nelle direzioni, in bilico tra italiano e napoletano, denso di sensi vicini alla strada e all’introspezione, figlio di una band ispirata, compatta e consapevole. Dieci tracce che hanno convinto ancora una volta la critica e il pubblico.
Abbiamo incontrato Francesco Di Bella, leader dei 24 Grana, in un giorno qualunque di resistenza. Perché la musica è anche questo. (Si ringrazia Giulio Di Donna – Hungry Promotion; Ombre è in streaming autorizzato)

La stessa barca è un titolo allegorico. Ha una prospettiva positiva o negativa? E’ rassegnazione o è speranza di resistenza?
Credo che le canzoni e la musica in generale siano sempre un segno di resistenza, è possibile che nel disco si possa respirare un cauto ottimismo.
C’è un avvertimento di fondo, se si vuole si può ma ci vuole carattere e considerarsi parte di un tutto e partecipare senza comandi perché chi comanda è la natura e ci vuole onestà per recepire il suo chiaro messaggio.

Ombre è il primo singolo. Questa scelta come è avvenuta? Siete sempre stati sicuri oppure c’è qualche altro brano che avrebbe potuto giocare il ruolo di apripista del disco?
E’ stata la prima idea, poi ne abbiamo considerate altre e siamo andati in confusione, quindi abbiamo scelto quella perché è stata la più istintiva.

In questa barca si muovono personaggi diversi. Le loro storie sanno di vita comune, a portata di mano. Riguardano tutti. Sono pezzi di vita urbana che abbiamo sotto gli occhi, con colori forti, talvolta estremi. Me ne parli?
Sulla stessa barca vivono individui di nature diverse, nati in contesti a volte molto distanti tra loro, è l’idea di convivenza che sottende tutti i brani. Salvatore, Roberto sono espedienti per raccontare segmenti diversi di società che necessariamente devono fare i conti gli uni con gli altri.

Vorrei puntare l’attenzione sul senso di due testi in particolare: Germogli d’inverno e Malevera. Sono esemplificativi di universi contrapposti. La speranza e il buio della sopraffazione tra i vinti
Ci sono due diverse tensioni: lato A ci sono una serie di sconfitte, lato B se vogliamo sono piccole vittorie o prese di coscienza nuove e consapevoli.
Il disco si muove in questi due atti e, a nostro modo di vedere, risulta scorrevole.

Uso dell’italiano e uso del napoletano. Due moduli espressivi diversi, per potenziale emotivo e soluzioni metriche. Perché usarli entrambi? E il dialetto è mai stato un limite nel rapporto con il pubblico non campano?
Dipende dall’ispirazione, probabilmente quando trovo un giro armonico è lì che si gioca la partita, inizio con una melodia e il pensiero che ne esce, a seconda se è in dialetto o in italiano, decide il suo destino. Poi non mi importa quello che succede e se la canzone ha dei limiti perché in dialetto, non credo che ci dovrebbe essere questo tipo di pregiudizio.

Giusto. La contaminazione è sempre stata la vostra cifra distintiva. Parliamo dell’evoluzione del “suono” dei 24 Grana. L’immediatezza e l’approccio rock, l’attitudine post punk, l’intuito pop, il dub, gli umori folk, la new wave… si mescolano in questo disco che vede alla produzione artistica un nome che da solo dice tutto: Steve Albini.
Steve è una persona molto attenta quando lavora e non sottovaluta le band a lui sconosciute, lo abbiamo visto entusiasta del lavoro e credo che ci abbia apprezzato. Abbiamo vissuto tre settimane nel suo loft/appartamento/studio e la sera giocava con noi a carte, un ospite davvero eccezionale.
Tutto ciò ha condizionato molto positivamente il mood delle session.

Avete registrato a Chicago. Quanto e come questa città vi ha influenzati durante il soggiorno nel mese di agosto?
Crediamo di aver immesso nel disco tutta l’energia che abbiamo ricevuto dell’estate chicaghese,una città davvero giovane e stimolante, piena di arte e di musica, non ne potevamo rimanere indifferenti.

Avete scelto l’analogico in un’epoca che sperimenta soluzioni digitali estreme. Cos’è l’analogico per i 24 Grana?
E’ semplicemente un modo più caldo e avvolgente di ascoltare la musica.

La line up è cambiata. Al basso è subentrato Alessandro Innaro (bassista degli Epo, collaboratore di Marina Rei, Libera Velo). Dimmi cosa ha comportato per voi perdere un membro storico come Armando Cotugno e iniziare un nuovo corso…
Vuol dire tanto ma in un certo senso ci ha fatto sentire ancora più uniti e sulla stessa barca!

Mi dai un’interpretazione de La stessa barca rispetto all’intera carriera dei 24 Grana?
E’ un’altra tappa di percorso che ci fa sentire orgogliosi perché siamo amici, ed è il valore più importante di questo disco

Il disco sarà pubblicato anche in vinile. Un’edizione speciale con una bonus-track. Mi dici qualcosa a riguardo?
La bonus track si chiama Chiudo cu’ tte ed è un reggae lento. Non è assolutamente uno scarto, anzi. E’ tra i pezzi che mi piacciono di più, questo a voler rimarcare l’importanza dell’edizione in vinile.

Avete girato un video firmato dalla regia di Lorenzo Vignolo. Mi parli di questa collaborazione?
Avevamo deciso di non comparire nel videoclip e Lorenzo ha avuto la buona idea di incentrare tutto sulla musica filmando questa batterista che suona per Barcellona. Ci è sembrato un video giusto per i 24 Grana, lascia molto spazio all’ascolto della canzone e questo per noi è un bene.

Mi racconti la musica che ascoltano oggi i 24 Grana?
Non saprei da dove cominciare, abbiamo molti gusti in comune, adesso anche con Alessandro.
Io personalmente compro dischi in continuazione, spesso a 33 giri. Stamattina ho comprato una riedizione dei Fall, il post punk è tra i miei generi preferiti. Nella mia borsa della spesa di questo mese, se interessa, ci sono: Robyn Hitchcock, Uncle Tupelo, Robert Plant, Miles Davis, Johnny Cash e oggi i Fall… e siamo solo a inizio mese!

Voi siete figli di una scena napoletana che anni fa era ricca di fervore culturale e sociale. Oggi, come sta la musica a Napoli? Vi sentite ancora parte di un fronte comune, oppure tutto si è sgretolato?
A Napoli, per fortuna, continua a proliferare la musica indie e ci sono band valide come gli Epo, gli Gnut, i Foja. Inoltre Renato e Giuseppe, da un po’ hanno messo su un’etichetta, la Octopus Records, producendo, tra gli altri, Libera Velo e i Low-Fi.

Ombre – Preview

Ombre – Video

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