Risposte sferzanti come i colpi di batteria e chitarra che caratterizzano la loro attitudine incline a atmosfere tra blues e trip-hop con poca elettricità. Marcano il tempo con una musica quasi primordiale che sembra nascere dai suoni dei primati che scoprivano la musica delle pietre. Dal 2005 sono portatori di un nuovo modo di approcciare la scrittura musicale. Sposano il ritmo con la parola in un flusso di corpo e non di coscienza. Sono stati al fianco dei Massimo Volume durante il tour di Cattive Abitudini. LostHighways ha incontrato Giovanni Succi, voce e chitarra dei Bachi da Pietra.(Dragamine è in streaming autorizzato)
Per il vostro quarto album avete scelto il titolo Quarzo, perché? Sintetizza in una sola parola l’elemento materico e l’elemento tempo? Questi due elementi affiorano nelle liriche del disco come ad esempio in Fine pena e Bignami. Inoltre anche la copertina è caratterizzata dagli ingranaggi di un orologio ed il vostro sound è un costante lento scandire il tempo…
Già, il quarzo è una pietra, la più comune sulla crosta terrestre. Attraverso l’oscillazione elettrica di questo minerale, non chiedermi come, l’uomo misura il tempo. Il tempo scandisce l’esistenza dei viventi ed è una risorsa limitata. Dov’è il tempo? Perché la cosa che ci tiene legati al mondo è impossibile da fermare, da toccare, da vedere? Puoi solo misurarla e perderla. Buffo, non trovi?
Quarzo sembra un disco più aperto al dialogo verso l’ascoltatore rispetto ai vostri lavori precedenti dove forse prevaleva di più la matrice del monologo-flusso di coscienza (basato su cut-up)…
Quarzo è il nostro disco Pop. Attenzione, Pop dei Bachi Da Pietra non di altri. Bisogna specificarlo bene, altrimenti la gente si scarica il disco a gratis e ci rimane pure male. Quanto alla tecnica di scrittura, io uso la lima, il ritmo e ancora la lima. Non mi interessano i cut-up e i flussi di coscienza, mi interessano i flussi del corpo: della coscienza non so che farmene. Mi interessa la scrittura efficace. Ho ovviamente una mia idea di efficacia: malsana o diversa da quella di altri, sicuramente inadatta a catturare benevolenza su vasta scala, ma non essendo questo lo scopo, mi tengo la mia idea di efficacia volentieri, se posso, e mi riservo di elaborarla nel tempo.
Come è nato il brano Dragamine?
Così come ho detto, dall’oggi al domani.
Dal 2005 siete portatori di questo sound intriso di attitudine blues mista a ritmiche tipiche della famiglia dell’elettronica (trip-hop). Pensate si possa ancora indagare, sperimentare in questa direzione in cui la batteria e la chitarra si interscambiano il ruolo proprio nel modo in cui suonate gli strumenti?
Come no. Non indaghiamo e non sperimentiamo niente. Però pensiamo si possa ancora giocare e si potrà sempre finché qualcuno lo troverà divertente e noi ci divertiamo. Giochiamo con quello che abbiamo. Il gioco sta anche in questo: darsi un limite e stare lì dentro, facendo finta di esserne fuori.
Il modo in cui nascono i vostri testi sembrano nascere dalla lezione di William Burroughs e della beat generation…
Accidenti, tutte le volte che stavo per leggere Burroughs mi si è presentato sempre qualcosa di più urgente da fare. Pensiamo che il fatto di rimandare tutto al solito Burroughs sia riduttivo.
Qual è il brano della vostra discografia a cui siete legati e perchè?
Siamo sicuramente molto legati a E ci sei adesso tu.
Certo! Se doveste musicare la colonna sonora di un film, tra David Lynch e David Cronenberg chi scegliereste e perché?
Uno dei due a caso va benissimo: le sincronizzazioni sono una delle poche operazioni da cui un musicista può ancora sperare di guadagnare quattro soldi. Ci è successo alcune volte. Ci piacerebbe ci accadesse più spesso!
In questo tour avete aperto i concerti dei Massimo Volume, cosa pensate del loro ritorno?
Straordinario. Loro sono un mito vivente senza essere dinosauri, anzi: più in forma che mai. Sono il rigore e l’autorevolezza. Il loro ultimo disco è il mio preferito in assoluto. Il loro ritorno ha dato una scossa alla musica italiana, ricordando a chi lo avesse dimenticato quali cose ricorderemo un giorno, quando si parlerà di una grande stagione del rock in Italia a cavallo tra i due secoli.
Cosa pensate dell’ultimo disco dei Radiohead se avete avuto la possibilità già di ascoltarlo?
Non ancora, rimedieremo presto, promesso.
Avete mai pensato di scrivere brani in inglese per esportare meglio all’estero il vostro progetto? C’è da dire che Casa di legno è comunque entrata nella colonna sonora di una serie straniera…
Sì, c’è anche da dire che è stata un po’ una botta di culo.
So di un vostro vino Tarlo Terzo venduto ai concerti… cos’è il vino per i Bachi da pietra?
Un alimento in grado di sconfiggere il tempo per qualche anno, conservando l’estate di un’annata di frutti in un recipiente di vetro. Nasce nel sole ma deve subire una metamorfosi nell’ombra. Diventa un piccolo lusso che un uomo si concede a proprie spese, sapendo che costa lavoro e sudore ma può dare emozioni. Può anche dare dipendenza, malattia e morte, come ogni cosa, ma questo è un altro discorso.
Se doveste definire l’esperienza di un vostro live per iniziare un passaparola promozionale?
Finché siamo al mondo, venite a sentire. Poi sarà difficile.