“Just need to get closer, closer/Lean on me now/Lean on me now/Closer, closer/Lean on me now/Lean on me now”… Così tornano i Travis, da Glasgow verso ogni cuore capace di battere al ritmo delle piccole cose, degli affetti che superano le chiusure in cui si preferisce fuggire. Closer ha anticipato il quinto album di una delle band più ironiche e dense (al tempo stesso) che l’Inghilterra abbia avuto nel ventre inflazionato del pop-rock. Assolutamente Travis, assolutamente semplici ma ac-curati, cantori del disagio del nostro tempo osservato dalla prospettiva semplice di un boy with no name… lo stesso che accettava la sadica scommessa di infinite flessioni mentre infilava parole amare: “I want to live in a world where/I’ll be strong/I want to live/I will survive” (Turn), lo stesso che continua/va a chiedersi… Why Does It Always Rain On Me?.
Era il 1999. Era The Man Who. In pochi conoscevano i Travis. In pochi sorridevano per poi lasciare il posto alla riflessione triste, dopo aver posato gli occhi sui video che sapevano di gioco e ghigno (insieme). In pochi cominciavano ad assaggiare sonorità e concetti che non avevano nulla in comune con il commerciale, sempre facile alternativa. La dolcezza, la raffinatezza, la sobrietà degli arrangiamenti, la soavità della voce, la densità dei testi sono intatti, sono le conchiglie bellissime su una spiaggia all’imbrunire… magari in un angolo di cielo, all’orizzonte, sottili saette annunciano tempeste… altrove (Big Chair ricorda che i Travis sanno giocare con l’elettronica mai estrema, ammaestrata dagli archi). Battleships è la conferma che la musica non è soltanto verità colossali e dissacranti, urlate, vomitate e affidate alla violenza elettrica… “We’re battleships, driftin’ in an alley river/Takin’ hits, sinking it’s now or never/Overboard, drownin’ in a sea of love and hate but it’s too late/Battleship down”… dolcemente, come una nenia, semplicemente come una paura “umana”. E le visioni continuano, i sentimenti diventano schizzi di colore da immaginare One nigth: “One night can change everything in your life/One night can make everything alright/One night can turn all your colors to white/One night – it’s easier said than done”. Eyes wide open eppure i sogni volteggiano Under The Moonlight… “In the far distance/As a dream nears the end/And summer lovers pass the time/Holding on to what they can’t keep”. My eyes e si fa luce la speranza nella vita futura, quella di un bimbo (ovvero il figlio di Healy).
L’importanza della lezione dei Beatles, dei Kinks; le aperture alla sperimentazione di matrice Radiohead; la cura per la parola che sa essere specchio delle ansie e delle emozioni buone; la ricerca della sostanza che rima con semplicità al di là dell’apparire, semmai i Travis sono ancora davvero quella invisible band capace di incantesimi di raffinato pop-rock che raggiunge zone molto intime… “Voglio che ricordino la nostra musica, non le nostre facce” (Healy).
Credits
Label: Independiente – 2007
Line-up: Francis Healy (voce, chitarra) – Andy Dunlop (chitarra) – Douglas Payne (basso) – Neil Primrose (batteria)
Tracklist:
- 3 Times And You Lose
- Selfish Jean
- Closer
- Big Chair
- Battleships
- Eyes Wide Open
- My Eyes
- One Night
- Under The Moonlight
- Out In Space
- Colder
- New Amsterdam
- Sailing Away
Links:Sito Ufficiale,MySpace
Una recensione delicata di chi li segue prima che fossero famosi in Italia. Una band che arriva al cuore con un pop-rock intenso e la tua rece ha tradotto questo perfettamente. Brava Amalia.
grande rece… scritta dalla sensibilità di chi sa “ascoltare” il pop…mitica:)