Sotto l’indeciso cielo primaverile di Bologna, tra i portici ed i vicoli, abbiamo incontrato i Fragil Vida. La band emiliana presentava all’Arteria il nuovo album Giorni Sospesi e per l’occasione ci ha affidato l’esclusiva del primo videoclip estratto dal disco. Luoghi comuni è un brano capace di presentare in modo efficace l’essenza dei Fragil Vida: temi importanti trattati con disinvoltura e divertimento. In circolo, come non finisse mai, i Fragil Vida si muovono attorno al punto di ripresa come per sottolineare che per loro, al centro dello spettacolo ci sei proprio tu, che li stai guardando ed ascoltando.
Una lunga intervista forse non basta per capire chi sono i Fragil Vida, ma incontrarli di persona è bastato per notare la loro sensibilità. Tra le primissime cose che David Merighi mi ha detto è che quella era una serata strana per loro. Avevano appena appreso che Vittorio Arrigoni, volontario e giornalista free-lance di stanza a Gaza, era stato rapito dai fondamentalisti. I membri del gruppo conoscevano Vittorio, erano in contatto con lui, e non molto tempo fa si erano incontrati. Durante il concerto David ha dedicato a Vittorio un brano molto intimo, che solitamente viene dedicato a suo figlio. Solo il giorno dopo avremmo conosciuto l’epilogo di un folle gesto di violenza che ha schiacciato un germe di speranza per tante persone di Gaza; per molto tempo ci sforzeremo di portare il ricordo di Vik con noi, nei nostri giorni sospesi, magari imparando qualcosa dalle sue parole e da quelle di chi l’hanno conosciuto. (Si ringrazia per la collaborazione Giovanni Gigantino – La Fabbrica)
La storia può dire molto sul presente: da dove sono partiti i Fragil Vida? Chi sono stati e chi sono ora?
David: Nel lontano 1997, io e mio fratello Lele (il batterista), abbiamo deciso di fondare un gruppo di musica d’autore/rock con testi miei in italiano. Il nome è nato da un’idea che ho avuto in occasione di una mostra vista a Modena, di Tina Modotti, fotografa rivoluzionaria di fine ‘800 ed inizio ‘900. Proprio il titolo della mostra era “Una Fragil Vida”.
La prima formazione era composta da me, mio fratello ed altri due ragazzi che poi hanno abbandonato nel 2000. Dal 1999 al 2000, con l’inserimento di Gianluca Galletti come voce recitante e Diego Gavioli alla chitarra, è nato il progetto che è tuttora in auge. Da lì si è formato lo zoccolo duro, con il teatro ed il lato più sperimentale.
La componente teatrale è importante nel vostro progetto, però è arrivata in un secondo momento. E’ stata stimolata da qualcosa in particolare o da un semplice incontro?
Gianluca: La cosa divertente del nostro incontro è stato come mi ha coinvolto David. Dovevano partecipare ad un concorso ed io stavo già studiando teatro, così mi ha telefonato: “Sarebbe bello se riuscissimo a mettere insieme musica e teatro”, ed io: “Sì, dai, troviamoci per mettere giù qualcosa. Quando è il concorso?”… “Fra sei giorni” (ride – ndr). Questo ha dato un’impronta a quello che poi ora è il nostro stile, che con il tempo si è avvicinato alla commedia dell’arte, non tanto per le maschere in sé, ma per l’atteggiamento diretto che si ha con il pubblico. La preparazione dei personaggi, l’uso di materiale di recupero, costruire maschere, e dall’altra parte la creazione musicale: queste due componenti (teatrale e musicale) sono andate avanti di pari passo influenzandosi l’una con l’altra.
Quando avete incontrato La Fabbrica e come è nata la collaborazione?
Gianluca: Un nostro amico che collaborava con La Fabbrica ci ha messo in contatto, ed il nostro primo incontro è avvenuto proprio qui per un concerto organizzato all’Arteria. Ci siamo subito piaciuti: come inizio la collaborazione era limitata alla questione dei live, poi siamo arrivati fino a Giorni Sospesi che è un disco co-prodotto da Fragil Vida e La Fabbrica. Noi abbiamo avuto altri precedenti tentativi con etichette, ma a differenza di queste La Fabbrica ci ha lasciato libero arbitrio per la creatività, alla pari è la nostra fiducia nel loro lavoro. Un rapporto di fiducia e lealtà: ogni persona che suona sa cosa significhi sentirsi liberi, con tutte le critiche annesse e connesse; non vogliamo fare gli snob e non accettare consigli, ma ciò che poi creiamo giustifica questa libertà. Il nostro lavoro creativo si costruisce nella sacralità della sala prove, dove ci si guarda in faccia e si butta fuori tutto quello che si ha dentro.
Questa sera siete a presentare il vostro ultimo disco, Giorni sospesi. Come è nato e come si è sviluppato?
David: L’album rosso (Fragil Vida) è uscito nel 2008, ma già da prima avevamo dei pezzi che poi sono stati inseriti in Giorni Sospesi. In questo ultimo disco sono stati toccati dei temi nuovi per la band, come il tradimento (Giuda) e l’immigrazione, come anche l’evoluzione del tema dell’amore . Alcuni brani sono nati da cambiamenti delle nostre vite: io per esempio sono diventato papà, e c’è un pezzo dedicato al mio bimbo (Ottobre). C’è anche un brano strumentale (Siviglia) ed altri molto teatrali, tant’è che Follia Virtuosa è un brano che su disco viene a mancare di tutta quella parte che scenicamente dal vivo risulta molto forte.
Già hai anticipato un evento personale: cos’altro pensate può aver influito sulla creazione dei nuovi brani sia per quanto riguarda la musica che la poetica?
David: Ognuno di noi, e siamo in sette, proveniamo da culture diverse. Io e Lele siamo legati alla musica rock e sperimentale, Diego (chitarra) è più vicino alla bossa nova ed al blues, Franz (basso) viene dal jazz-swing, Gianluca (incursioni teatrali) è affezionato a Gaber ed alla musica leggera. Poi ci sono state le collaborazioni: l’amico Nicodemo ha prestato la sua voce in Archivio di pietra, come io avevo partecipato in Bella ed elegante nel suo album In due corpi.
Gianluca: Il primo album, Musicanti di Cristallo, rappresentava l’allegria della gioventù, poi è venuto l’amore con l’album rosso ed ora, crescendo, il “beneficio del dubbio”. Per esempio, Vele tese è il punto di vista di un immigrato che tenta di arrivare per poter osservare qualcosa di nuovo, quindi è completamente cieco davanti a ciò che verrà. E’ una questione di cambio dei punti di vista, e quindi il dubbio. Per quanto riguarda la musica, abbiamo invece scelto di tornare ad una registrazione analogica, quindi a dei suoni ruvidi, come dal vivo, senza sovraincisioni. Un ritorno alle prime sperimentazioni per cercare qualcosa di diretto: ne sentivamo l’esigenza.
David: C’è da dire che abbiamo anche suonato altri e nuovi strumenti: dove prima c’era la fisarmonica ed il clarinetto, ora Diego suona l’ukulele ed un sintetizzatore, io ho suonato una tastiera Rohdes anni ’70, abbiamo il sax… proprio “fisicamente” ci sono state molte novità.
L’impressione è che ci sia più immediatezza e che tutti i riferimenti musicali che nei precedenti dischi erano ben definiti (per esempio il brano più vicino al jazz si distingueva chiaramente dal brano con suoni provenienti della tradizione) ora sono sciolti in un unica soluzione. Mi sbaglio? E’ stato un processo voluto o il risultato è stato inaspettato?
Gianluca: E’ tanto tempo che suoniamo insieme e quindi si è creato via via uno stile. In questo disco, più del genere musicale scelto, sono stati importanti la poetica di un testo di David, l’immagine di un personaggio, le atmosfere create da un fraseggio o un assolo improvvisati, e questi si andavano a mescolare con le nostre differenti culture. Sentiamo che è un percorso continuo, e tutti gli album sono collegati.
Perchè Giorni sospesi? Perchè questi giorni non sono “ben saldi”? Cosa li tiene a mezz’aria?
Gianluca: Il brano Giorno sospeso l’ho scritto io e David ha avuto l’idea del titolo dell’album. Il giorno sospeso è quel giorno in cui ci si prende tempo. Sospeso perchè non mi ricordo niente, non so nemmeno con chi ho appena fatto l’amore, addirittura mi fermo a guardare il tramonto e non noto nulla. Il giorno sospeso si collega al beneficio del dubbio perchè in quella sospensione si è in grado di pensare: “Calma, io sono questo… però?”. Fermarsi, non correre, osservare ed ascoltarsi. Follie virtuose è un pezzo legato alla comunicazione con un personaggio folle che continua sempre ad ascoltare “suoni elettricamente interessanti”, che sono gli sms e le suonerie, i richiami. Alla fine di tutto una semplice domanda che volge ad un ricordo gli fa partire un pensiero che lo distoglie dalla frenesia del “Cazzo, non mi sta chiamando nessuno! Non è possibile!”. Il pezzo poi diventa evocativo e porta il personaggio ad aprire una porta che dà su sé stesso.
Il brano Luoghi comuni è stato scelto per essere il biglietto da visita di questo nuovo disco. Perchè questa scelta? Cosa mette in risalto del vostro album?
David: Anche qui c’è la volontà di staccare la spina e ridere di noi. E’ un pezzo abbastanza leggero, con un ritmo bossa nova. Allontanarsi dai luoghi comuni perchè si può trovare un pezzo d’incanto. Per esempio salire su un tram: ci sono quattro bambini stranieri, parlo con loro. “Hai fame? Vuoi un panino?”. Tre scappano ma magari uno resta lì e racconta la sua storia: l’altro ieri era in Afghanistan. Questo è abbattere i luoghi comuni e può portare ad un incontro capace di riempire tantissimo. Anche solo il semplice fare qualcosa diverso dalla routine quotidiana: anche questo è abbattere i luoghi comuni.
Qual è il più pericoloso dei luoghi comuni?
David: Io ho tanta paura della violenza che ci circonda.
Gianluca: Il vittimismo, aggiungerei, prettamente italiano, che ci coinvolge tutti. Fa parte anche di me e mi fa paura. Quando lo vedi nell’altro lo giudichi, ma in quei momenti (sospesi) in cui ti fermi, allora ti accorgi che l’hai fatto anche tu. Noi italiani siamo molto bravi ad essere vittimisti.
David: Questo è un “discorsone”, ma nei Fragil Vida c’è anche tanto divertimento! Per dirne una, a teatro nel nostro paese, Finale Emilia, abbiamo ripreso un brano di Giorgio Gaber chiamato Il sospetto. Io e Gianluca abbiamo giocato inscenando un’ipotetica coppia gay, prendendoci e spingendoci! Fragil Vida è teatro, poesia, musica e divertimento!
Gianluca: Quello che cerchiamo è di solleticare il bimbetto che è in tutti noi. Nel live di Follie virtuose ad un certo momento si apre una valigia e cadono mille palline verso il pubblico. Ed in quel momento la gente reagisce come vuole: capita che ride, si prende paura, o raccoglie le palline ed incomincia a lanciarle. Quello è divertimento. Lo spettacolo per noi deve essere diretto. Ci piacerebbe che ogni volta, al termine di un nostro concerto, la gente prima di addormentarsi potesse essere raggiunta da un flash, un’immagine di quello che ha visto la sera stessa. Lo spettacolo deve arrivare e smuovere. Quando vediamo la gente che ci sorride noi abbiamo raggiunto l’obbiettivo.
Per Luoghi comuni è stato girato un video che LostHighways ha l’onore di poter presentare in anteprima esclusiva. Il video è molto dinamico e giocoso. A chi va il merito dell’idea e della realizzazione del video stesso?
Gianluca: L’idea è stata di Diego Gavioli (chitarra), ed è bella la forma di introspezione in veste ironica. Noi siamo vestiti con delle tute, dei pigiamoni, e portiamo in giro degli specchi al cui interno ci siamo noi che suoniamo. Siamo noi: rappresenta bene il nostro essere. E poi ci siamo divertiti moltissimo!
Non ho ancora avuto il piacere di avere tra le mani il vostro disco, ma so che il packaging è molto particolare…
David: Anche qui abbiamo cercato il divertimento e l’abbiamo trovato nei materiali di recupero. Se vedi, anche la mia cravattina che indosso ora, è una spilla fatta da una nostra amica che lavora nell’associazione di volontariato del nostro paese, Mani Tese. Tutto è nato dal grande lavoro di Laura Bergamini: ogni cd è inserito in una tasca, ed è un pezzo unico.
Gianluca: L’idea nasce anche dal fatto di rendere prezioso un oggetto che sta perdendo valore. Renderlo palpabile, poterlo accarezzare: il cd diventa obsoleto come supporto musicale ma così diventa per noi fondamentale perchè proprio di noi racconta qualcosa in più. E’ stata una scelta coerente e naturale rispetto a quello che già facciamo con i costumi, anch’essi tutti realizzati con materiali di recupero.