Gli Okkervil River non potevano scegliere titolo migliore per il loro nuovo disco: I’m very far. Sono due infatti le parole chiave per leggere questo lavoro. La prima è senza dubbio lontano. Lontano dai precedenti album e da quello che ci saremmo aspettati dalla band texana. A mettere distanza tra il passato e il presente è proprio Will Sheff, voce e leader del gruppo che mai come in questo caso appare regista unico di questo lavoro, dominante nelle scelte che hanno determinato il carattere e l’ossatura dell’intero disco. L’altra parola chiave è dunque io. L’album, infatti nasce dopo mesi di totale isolamento, di ricerca interiore, di viaggio nella storia personale del cantante.
La diversità del disco colpisce immediatamente, lasciandoti a bocca aperta. Bastano i primi trenta secondi di The walley per renderti conto che stai ascoltando qualcosa di nuovo. Non c’è traccia del folk semplice, immediato, coinvolgente di dischi come The Stage Names. Il sound è cupo e il ritmo assomiglia a quello di una marcia. È come se gli Okkervil si fossero trasformati da un gruppo di giovani cowboy, spensierati e un po’ brilli, ad un gruppo di cavalieri medievali in marcia verso la battaglia. Un passo verso la maturità?
Il cambiamento ci sbilancia, ci lascia per un attimo sconcertati e a volte fa un po’ paura. Ma è anche vero, e questo emerge già ad un secondo ascolto, che l’allontanamento dal folk permette a Sheff e compagni di esplorare nuovi orizzonti musicali, di creare una melodia magari meno immediata ma più raffinata, elegante e sperimentale. E allora nascono pezzi come Piratess, uno dei migliori, uno di quelli che, superata la diffidenza iniziale, rimane. Sembra uscito dagli anni ’80 di cui porta con sé un vero e proprio reperto. Una cassetta che gira in fast-farword diventando essa stessa uno strumento. Dopo la perdita d’equilibrio dei primi due brani ecco che arriva un suono che riconosciamo subito e che ci riporta diritto sulle sponde del fiume Okkervil. Rider riprende lo stile scanzonato, un po’ nerd che tanto ci era piaciuto nella band di Austin e li riavvicina a gruppi come gli Arcade Fire con i quali condividono un’idea di musica corale, fatta di tantissimi strumenti e tanti musicisti. Per questo disco gli Okkervil suonano con due batteristi, due bassisti, due pianoforti e sette chitarristi. E ci sembra di vederli tutti insieme, con il loro vestito elegante che suonano al ballo della scuola in Lay of the last survivor, ballad molto anni ’50, molto cheek to cheek. Più o meno a metà del disco arriva la canzone simbolo del progetto, dell’idea che sta dietro a questo disco, We need a Myth. Noi abbiamo bisogno di un mito, abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi la strada da seguire, che sia il nostro punto di riferimento, l’esempio da seguire nella vita. Come i genitori per i bambini. E non è un caso che il sound di questo brano sia particolarmente epico, quasi commovente. Probabilmente i mesi passati al lavoro nella casa di campagna dei nonni e la solitudine hanno portato il leader degli Okkervil a ripensare ai suoi ricordi, alla ricerca di quelle certezze che solo da bambini si hanno.
I’m very far è un disco particolare, che non sempre ha trovato la critica d’accordo, raccogliendo anche qualche parere non proprio positivo. È vero, si resta indubbiamente sorpresi quando si inizia a sentire il disco, sembra quasi di aver sbagliato ad inserire il cd nel lettore, ma talvolta i cambiamenti sono necessari. Non si può seguire una strada sempre uguale, soprattutto se non la senti più tua. Ma soprattutto qualche volte andare verso luoghi nuovi ti arricchisce e rende più bello il ritorno a casa.
Credits
Label: Jagjaguwar – 2011
Line-up: Will Sheff (voci, chitarre) – Lauren Gurgiolo (chitarra elettrica, mandolino) – Justin Sherburn (voce, tastiera, chitarra) – Cully Symington (batteria) – Patrick Pestorius (basso, voce)
Tracklist:
- The valley
- Piratess
- Rider
- Lay of the survivor
- White shadow waltz
- We need a myth
- Mermaid
- Hanging from a hit
- Show yourself
- Your past life is a blast
- Wake and be fine
- The rise
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