Quella poesia dove ci ritroviamo, secondo Lele Battista.
Forse il cuore (Giono dopo giorno, 1947)
Sprofonderà l’odore acre dei tigli
Nella notte di pioggia. Sarà vano
Il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l’indolenza,
il ricordo di un gesto, d’una sillaba,
ma come d’un volo lento d’uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un’ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un’acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.
Salvatore Quasimodo
Mi sono imbattuto in questa poesia di Salvatore Quasimodo grazie alla mia amica e cantautrice Patrizia Cirulli, la quale ne ha fatto una canzone che mi ha chiesto di arrangiare, e con cui ha vinto il Premio Lunezia 2010 nella categoria “musicare i poeti”. Sono rimasto sorpreso nello scoprire che è una poesia scritta nel periodo della guerra e descrive il dolore e la sofferenza che questa comporta. Il significato che le attribuivo era completamente diverso ma questo è il bello della poesia, il fatto che ognuno la può fare sua. A me ha trasmesso da subito speranza quel “Rimane appena aperta l’indolenza, il ricordo di un gesto, d’una sillaba”, che Patrizia ha fatto diventare il ritornello. Invece l’unico reale momento di apertura alla speranza è il finale, in cui dopo il grande dolore e le devastazioni provocate dall’assurda manifestazione di orrore che è la guerra, alla fine di tutto, quello che resta e che ci resta… forse è il cuore.
Patrizia Cirulli – Link di riferimento: www.fonopoli.net