In un mondo che sembra girare sempre più in fretta. In un giorno che ha perso la concezione del tempo nel tentativo di renderlo eterno. Nell’istante che non esiste più e lascia spazio a quello successivo in una catena di mancanze ripetute. In questo contesto si inserisce il nuovo disco dei R.E.M. Accelerate. È il disco della velocità, nei contenuti e nella forma. Michael Stipe ha il compito di raccontare lo status provvisorio in cui si snoda la vita di tutti i giorni, soffermandosi talvolta sul dettaglio del singolo uomo, talvolta ampliando il concetto alla situazione politica americana e mondiale, secondo la tecnica del rimando critico mai troppo esplicito. Alla band, invece, il compito di tradurre in suoni rapidi e graffianti, urgenti e dispari, l’accelerazione centrifuga dei nuovi pezzi. Lo scopo è allontanarsi il più possibile dalla centralità guadagnata dalla ballad più malinconica degli ultimi dischi nell’epoca post- Bill Barry. Inevitabile è dunque un ritorno ai brani delle origini della band di Athens, intento subito applicato nel brano che apre il disco, Living well’s the best revenge: le chitarre elettriche di Peter Buck riportano indietro a brani come Orange Crush in cui la distorsione procede di pari passo con la voce grave di Stipe. Il primo brano è un dialogo nervoso sulla responsabilità dei propri gesti e sulle loro conseguenze, sull’impossibilità e ingiustizia nel rovesciare tutto questo sull’altro: “Don’t turn your talking points on me, history will set me free / The future’s ours and you don’t even read the footnote now!”. In perfetta continuità, segue Man sized wreath, un’osservazione a misura d’uomo sulla leggerezza e la finzione massimamente rappresentate attraverso il mezzo televisivo. Il primo singolo estratto è Supernatural superserious, un brano inscrivibile nella tradizione dei brani più freschi e provocatori dei R.E.M. alla Bad day. La voce di Stipe si fa spezzata e pungente per distinguere l’ipocrisia dall’umiliazione: “Everybody here / Comes from somewhere / But they would just as soon forget and disguise”. La realtà assume forma allegorica in Hollow man, il soggetto dell’intera produzione artistica e della poetica di T. S. Eliot. L’uomo vuoto è l’abitante per eccellenza della Wasteland, la terra della desolazione e capace di rappresentare il devasto e la sterilità portati alla luce dalla crisi del mondo occidentale. L’uomo vuoto di Stipe è un uomo indeciso e vulnerabile che si interroga sulla propria esistenza e sul suo ruolo in essa. Il brano è accattivante e ben riuscito, forse il pezzo migliore del disco. La politica è sempre stato un tema caro a Stipe e compagni che hanno sempre fatto della loro musica uno strumento di divulgazione non solo di un’arte ma soprattutto di un pensiero ben radicato in loro. Houston è l’espediente per affrontare il caso dietro l’uragano Cathrine. Subito provocatorio (“If the storm doesn’t kill me / The government will”) il brano si schiera contro le scelte politiche attuate dall’amministrazione Bush, governo sempre osteggiato dalla band. La posizione centrale del disco è occupata dal brano omonimo. “I needed time / I needed to escape” ma la velocità è già stata raggiunta e Accelerate è solo la conferma di questa nuova svolta attraverso suoni decisi ed elettrici abbastanza da mantenere alta la tensione che si costruisce altrettanto rapidamente. “Accelerate to make it slow” è forse il significato nascosto del disco: la velocità è lo strumento con cui poter in un certo senso fermare la corsa irrefrenabile del tempo, e il risultato netto diventa la necessità di lasciar andare l’istante, ma solo dopo che lo si è vissuto per quello che è veramente. Frutto della velocità meccanica è invece la rovina dell’ambiente come cantato in Until the day is done. In questo pezzo ecologista, i R.E.M mostrano la sconfitta della natura e di conseguenza del genere umano. La battaglia è persa e non resta che aspettare dal proprio posto di pagare le conseguenze dell’indifferenza in cui l’uomo tende a crogiolarsi, come dimostra il ritratto di Mr Richards, uomo gretto e inconsistente. “So listen your intention / Signs the papers, stamp the ribbons / Your mistaken if you think we’ll just forget!”. Il ritmo qui si fa insistente e ripetitivo, a sottolineare la banalità di cui la vita di quest’uomo si fa carico. Sing for the submarine è un inno alla caducità e precarietà dei sentimenti e delle azioni, scandito da una batteria che ben sintetizza la finitudine del tempo: “It’s then that I realised that the world as we know it / The High Speed Train / We’ll pick it all up and start again”. Sul finale il ritmo si fa ancora più serrato grazie a una batteria sempre più protagonista e a chitarre che producono un suono di rottura rispetto alla melodia. Horse to water è concretamente una cavalcata in cui la voce rincorre il suono e viceversa a sostenere la fuga da ciò che imprigiona. Il sound del pezzo, come di tutto il disco è particolarmente libero e informale. Gli arrangiamenti sono più grezzi e spontanei e non stupisce che Accelerate sia nato per la gran parte da brani buoni già al primo take. In questo senso trova la sua perfetta collocazione il brano che chiude il disco, I’m gonna dj: non è una novità ma un pezzo del passato che per la prima volta trova posto concreto all’interno di un disco. La musica vive a prescindere da tutto, a prescindere dalla morte e dagli errori, è il messaggio che viene lanciato, trascinato dall’inizio irruente: “If death is preatty final / I’m collecting vinyl / I’m gonna dj at the end of the world”. Accelerate non è solo un titolo, ma un concetto lungo 34 minuti. La breve durata non è sintomo di fretta, ma di scelte ragionate e testate durante il lungo tour che separa dall’uscita di Around the sun. È un disco che regala ai fan di vecchia data un sospiro di sollievo e che può straniare gli ascoltatori più recenti per le ritrovate dinamiche tendenti all’indie rock degli anni che hanno sancito il successo dei R.E.M.. Nonostante questo inevitabile confronto con il passato, non si può non notare l’evoluzione moderna dal punto di vista strumentale e il viraggio dell’attenzione di Stipe verso l’interpretazione più cruda e scarna dei brani. Per certi versi è il disco del ritorno, per altri la conferma che i R.E.M. non se ne sono mai andati. Quello che è certo è che Accelerate grida l’esigenza della band di salire ancora sul palco a condividere con il pubblico l’ennesimo ottimo lavoro.
Credits
Label: Warner – 2008
Line-up: Peter Buck (chitarre) – Mike Mills (basso) – Michael Stipe (voce) – Scott McCaughey (citarre – basso – tastiere) – Bill Rieflin (batteria)
Tracklist:
- Living well’s the best revenge
- Man sized wreath
- Supernatural superserious
- Hollow Man
- Houston
- Accelerate
- Until the day is done
- Mr. Richards
- Sings for the submarine
- Horse to water
- I’m gonna dj
Links:Sito Ufficiale,MySpace
il risultato netto diventa la necessità di lasciar andare l’istante, ma solo dopo che lo si è vissuto per quello che è veramente
Centro!
Recensione perfetta!
Che dire…i R.E.M. si raccontano così.
Con queste parole, con questo spirito, con questa bellezza, con questa perfezione.
Con tutto ciò che loro sono.
Così.
Io penso che questa recensione è meravigliosa. Focalizza sui testi e sullla musica alla perfezione. Che bello averti con noi!