“L’uomo è ciò che mangia” risponde Ermal, citando Feuerbach, in una delle domande di quest’intervista. Immediata. Istintiva. Per chi ha fame è facile divorare. Molto meno facile assaporare e dosare ogni dettaglio per gustarne più l’esistenza, la possibilità che l’effetto. E lo stesso Feuerbach dice anche che è nel finito che deve essere ritrovato l’infinito. Sì, in dieci tracce di un album, per esempio. La fame di Camilla. Il loro nome è un infinito racconto di quattro parole soltanto.
Chi è Camilla? Te l’hanno sicuramente fatta in tanti, questa domanda. Ma credo sia necessario comprenderne il senso, anche se Camilla potrebbe essere chiunque abbia fame.
Camilla… E’ una persona con cui ho condiviso parte della mia vita. Per una serie di ragioni lei viveva in una prigione che aveva dentro e un giorno, piangendo, mi disse che aveva fame di se stessa, di conoscersi, di reagire all’immobilità della sua anima. Io l’ho aiutata in tutte le forme che mi erano possibili e l’ho fatta volare via da me e di lei mi è rimasta solo la sua fame.
Nasce da questa fame la necessità di non tralasciare niente, di dare un senso ad ogni sfumatura? Dalla fame nasce la capacità di sfamare chi vi ascolta, la dignità nel raggiungere il pubblico senza ingannarlo?
Feuerbach… “l’uomo è ciò che mangia”. Non credo parlasse di nutrimento fisico… l’istinto nel cogliere l’esubero della propria anima e darle una forma che tutti, chi più, chi meno, chi affatto, possono comprendere, apprezzare e interpretare.
La dignità è cosa fondamentale quando ti presenti di fronte ad un pubblico… l’onestà dello sguardo, reale o artistico che sia. Non cerchiamo di sfamare nessuno, ma di dare la nostra piccola idea in una forma personale… far vedere la realtà attraverso i nostri colori… potrebbe piacere… potrebbe non piacere, ma siamo noi e non siamo la ragione, ma la conseguenza della nostra fame di esprimerci attraverso ciò che meglio riusciamo a fare.
Quando pensate al vostro futuro, come vi immaginate? Avete avuto molti riconoscimenti, ognuno di voi ha un percorso artistico importante e sicuramente questo vi ha portati ad essere così maturi e personali. Ma qual è il sogno?
Il sogno è quello di creare qualcosa di importante, di lasciare una piccola traccia e di suonare SEMPRE insieme… anche fra trent’anni… senza presunzione, solo passione! I riconoscimenti arrivano quasi sempre insieme alle critiche e questo non ci fa male, ci aiuta a migliorare il nostro approccio con quello che creiamo. Colui che ascolta è importantissimo per noi… come ha detto qualcuno: “la musica fatta per molti è arte, quella fatta per se stessi è masturbazione”. In parte lo condividiamo.
Il timbro della tua voce sembra provenire da un’esigenza di purezza. Colpisce perchè è quello di un ragazzo, ma che usa le parole di un uomo. E’ un timbro voluto o hai lasciato le emozioni fluire e plasmare la voce?
Non è voluto, canto e basta… mi tengo anche le imperfezioni… servono a “sporcare” le emozioni. Non so se sono le parole di un uomo… certo è che la mia vita è stata molto intensa, densa, piena di cicatrici e non la cambierei con nessun’altra vita…è questo a farmi cantare in un modo o in un altro… tutto dipende da quello che sento in quel momento. Potrei cantare la stessa canzone per cento volte e nessuna volta sarebbe identica ad un’altra. Si, le emozioni mi plasmano!
Il vostro è un album di rara intensità, mistico eppure lucido, concreto, nitido. Una sorta di riassunto di una vita intera, che raggiunge il picco più alto nell’amore, il fondo nella mancanza. Dieci brani che restano, che si ricordano, pur non essendo semplici né tanto meno banali. Gli artisti non sanno scegliere tra i propri figli il prediletto. Eppure sono certa che su un brano piuttosto che su un altro, la pelle reagisce con più emozione.
Ti ringrazio. E’ vero, è difficile scegliere fra le canzoni. Noi quattro abbiamo gusti diversi! Ci sono due canzoni che scorrono sotto la mia pelle. Piccole cose (che sai ignorare), Ne doren tende Storia di una favola… ha dato forma a dei miei demoni, la ascolto con difficoltà, la amo con dedizione e paura!
Tu, tranne Piccole cose, che altro brano preferisci?!
Oltre a Piccole cose (che sai ignorare), mi piace moltissimo Diversi = Diversi. Perchè ascoltando per la prima volta l’album arriva come un bagliore. Anticipa e conferma, specchia, chiede. E’ vostra. Inconfondibile. A proposito di questo: in che cosa vi sentite diversi rispetto agli altri? E rispetto al vostro passato musicale, come vi sentite cambiati?
Siamo diversi dagli altri perchè è cosi… è cosi nello stato naturale delle cose… siamo tutti diversi, ma si tratta solo di percezione di quello che si fa… in realtà, visti dall’alto, siamo tutti uguali… piccoli esseri che cercano di sopravvivere a se stessi! Il passato te lo porti dietro e, per quanto si cerchi di liberarsene, è sempre lì con te e che ti punge… ti ispira e in qualche modo ti dà i mezzi per capire qual è la direzione che sicuramente NON devi prendere! Musicalmente si cresce con il tempo anche se non si smette mai di farlo, non solo musicalmente…quindi per il domani oggi sarà il passato!
Nonostante la vostra giovane età, avrete avuto sicuramente modo di valutare il diverso approccio che negli anni il pubblico ha avuto con la musica. Sarà forse conseguenza di una maggiore comunicazione tra tutti, grazie a mezzi come internet, per non citare gli altri. Dieci anni fa le riviste musicali erano solo in edicola. Gli artisti erano irraggiungibili al di là dei live. E altri mille esempi che potrei citare. Come giudichi quest’evoluzione?
Sono cambiati i mezzi di comunicazione, è vero. Oggi è più facile raggiungere più persone in breve tempo, ma mi chiedo se sia vera comunicazione… non so… siamo in grado di parlare con uno di Tokyo, ma salutiamo con difficoltà il nostro vicino di casa… Alla musica questa comunicazione fa bene… è alle case discografiche che forse reca qualche “disturbo”! E’ a quel punto che il musicista si trova in difficoltà. Bisogna colpire la curiosità e a volte questo non avviene grazie alla musica, ma ad altre cose che vengono spacciate per musica! Gli artisti adesso godono di un contatto maggiore con il pubblico, ma ti confesso che preferisco pensare ai miei “idoli” su un palco piuttosto che seduti di fronte ad un computer! La giusta distanza è importante tra pubblico e artista, ma tutta questa comunicazione ne crea troppa secondo me!
E’ la musica che amplifica il senso delle parole. Le allunga, le smorza, le rende messaggi ancora più chiari, visibili. Le rende suoni su suoni. Come le scegli? Credi che facendole aderire alla musica le limiti o le rendi illimitate?
Le parole hanno una dote straordinaria… è quella di prendere la forma che vuoi dargli! E’ la musica che sceglie le sue parole e il resto è molto semplice… basta darsi un po’ d’ascolto! Alcune parole hanno più forza quando sono in totale sintonia con la musica che le accompagna… non so… musica e parole si scelgono e chi scrive deve essere in grado solo di ordinarle!
L’amore perfetto si ispira al film: La ricerca della felicità. Come mai?
Stavo guardando quel film e nel momento di una delle sue scene più toccanti ho sentito che stavo per “vomitare” qualcosa! Ho fermato la visione e ho preso la chitarra in mano… il resto non me lo ricordo… nemmeno il perchè reale! Dovrei scavare nel mio passato, ma ho paura di non tornare più indietro… (scherzo)!
Ultima domanda, banale, forse: come avviene per tutte le cose che non si conoscono a fondo, vi osservano, vi analizzano, vi descrivono. Ma voi, come vi vedete? E come vedete chi vi ascolta? Di cosa ha bisogno, secondo voi?
Noi ci vediamo come quattro fortunati che hanno trovato un modo per esprimersi, sfogare la propria creatività e passione dando forma ad altro e chi ci ascolta ha la testa per aria e i piedi per terra… come noi! Le persone che ci ascoltano hanno bisogno di verità… non importa il mezzo con il quale lo si propone loro, importante che sia verità. Non che noi ne siamo custodi, ma cerchiamo di esprimere emozioni e sentimenti e nulla può essere più vero dell’istinto… lo stesso che ci spinge ad amare o ad odiare… (forse di più vero c’è l’amore di genitore per il figlio, anche se istintivo anche quello!).
Grazie, Ermal.
Grazie a te.