Sei solo quando sei tra la folla, ma il tuo silenzio fa più rumore di tutto il baccano intorno a te; sei solo quando sei a tu per tu con le tue paure e con il tuo dolore. Sei solo quando a scuola vieni deriso e maltrattato dal classico bulletto, perchè hai un colore di pelle o gusti sessuali diversi dai suoi, come se scegliere chi amare fosse così semplice come scegliere il gusto di un gelato. Sei solo quando lasci la tua adorata terra natia e i tuoi cari e parti verso una meta che possa offrirti maggiori opportunità, al fine di reinventare la tua fortuna. Ancora oggi siamo soli, malgrado la virtualità abbia ridotto le distanze fisiche. Ancora oggi c’è chi è solo perchè non ce la fa ad arrivare a fine mese o perchè vittima dei pregiudizi, nonostante il progresso culturale che ci dovrebbe distinguere dai nostri antenati. Nel gennaio scorso ricorreva il tredicesimo anniversario della scomparsa del più grande cantautore italiano del nostro secolo, il genovese Fabrizio De Andrè. E con il presente articolo non si vuol far altro che rendere umilmente omaggio ad un uomo, il cui ricordo rimarrà indelebile nei nostri cuori e nelle nostre menti grazie alle sue opere. Le forme di solitudine descritte in apertura sono solo alcune di quelle raccontate nel concept album Anime Salve (BGM Ricordi, 1996), scritto assieme all’amico e conterraneo Ivano Fossati. Il disco è una specie di elogio alla solitudine poiché, come sosteneva lo stesso Faber, il rimanere soli con se stessi è una buona opportunità non solo per comprendere meglio il proprio io e gli altri esseri umani ma tutto l’universo in generale: da una foglia che spunta di notte in un campo, fino alle stelle. Il nostro scrigno schiude nove preziosissime tracce, che sembrano unire simbolicamente etnie differenti. In esso, infatti, convivono le sonorità tipiche della cultura musicale sudamericana, assieme a quelle proprie della musica balcanica e mediterranea. La Princesa Fernandiño narra la storia di uno dei tanti spiriti solitari rifiutati dalla nostra società, quello di un uomo che si trova più a suo agio nelle vesti di donna e che abbandona la campagna ed una mentalità gretta, per inseguire un sogno di libertà, ovvero operarsi e correggere l’errore fatto da madre natura. A smorzare i toni crudi, usati da De Andrè per raccontare questa realtà, intervengono le agili e armoniose note della fisarmonica e del mandolino, nonchè i cori finali in portoghese che sembrano invitare l’ascoltatore ad un piacevole ballo. Il pezzo successivo Khorakhanè – A Forza Di Essere Vento è di una bellezza disarmante e conquista col suo ritmo lento, scandito dolcemente ed elegantemente dal suono del violino e della chitarra, quasi a voler rivivere assieme al popolo rom ogni istante del suo viaggio senza fissa dimora e meta alcuna. La lirica si chiude con i versi struggenti in lingua rom, cantati dalla moglie Dori Ghezzi. E’ la volta di Anime Salve, che presta il nome all’album. Su un tappeto di calde e morbide percussioni si adagiano le parole di De Andrè a raccontare l’alternanza di quiete e tempesta che caratterizza le giornate di queste anime smarrite e ai confini del mondo, parole interrotte qua e là dal suono della tastiera o della cornamusa. L’intro e la chiusura in lingua genovese di Dolcenera delimitano un brano che scorre impetuoso come l’alluvione che colpì Genova negli anni ’70, nel mentre si consumava l’amore immaginario tra il protagonista della canzone e la moglie di Anselmo. Il ritmo è incalzante e frenetico e a tenere banco sono soprattutto la fisarmonica, l’ukulele e lo shaker. Le Acciughe Fanno Il Pallone (tipica espressione ligure) e Disamistade (termine sardo che vuol dire inimicizia) hanno come protagonisti rispettivamente le acciughe, come metafora marina dell’uomo di oggi, e una faida tra due famiglie nemiche, tipica delle zone centro-meridionali italiane fino a qualche decennio fa. I suggestivi flauti e la gajda finale, nella prima, accompagnano l’uomo moderno, che cerca volutamente la solitudine per liberarsi da un’esistenza fatta di fatiche e disillusioni, allo stesso modo delle acciughe che attendono il momento migliore per liberarsi dalla rete e sfuggire ai loro predatori. Nella seconda, invece, un arrangiamento cupo e raffinato fatto di strumenti a fiato e percussioni, violino e tastiere accentua la solitudine innescata da quest’odio tra famiglie, che si tramanda inesorabile e doloroso da generazione in generazione. Smisurata Preghiera rappresenta un sunto dell’intero album, una sorta di invocazione ad un’entità più grande di noi, come affermava lo stesso Faber, affinchè si accorga dei torti subiti dalle minoranze da parte delle maggioranze che, essendo più numerose, si sentono in diritto di umiliarle.
Anime Salve, premio Tenco nel 1997, è un capolavoro di musica e parole, una boa di salvataggio nei momenti di solitudine grazie alla calda e rassicurante voce del suo autore, che ancora una volta si rivolge ai perdenti, agli emarginati, agli ultimi che, con coraggio ed umiltà, prima o poi diventeranno i primi. Ognuno di noi vive la sua personale forma di solitudine e non può certo sperare di essere compreso da un suo simile, perchè siamo fatti di esperienze, sogni, paure ed emozioni differenti e si fa fatica a calarsi nei panni degli altri, soprattutto quando determinate situazioni non si vivono in prima persona. E allora non resta che rimboccarsi le maniche e trarre forza da sé da questa condizione, ricordandosi magari le parole pronunciate da Fabrizio, un’anima salva come noi:
“Gli ultimi saranno i primi, forse non voleva essere una profezia metafisica. Ieri cantavo i vinti, mentre oggi canto i futuri vincitori: quelli che coltivano la propria diversità con dignità e coraggio. I nomadi, per esempio, e tutti quelli che attraversano i disagi dell’emarginazione senza rinunciare ad assomigliare a se stessi. Sono loro, saranno loro, i vincenti. Perchè muovono la Storia. I perdenti sono le persone che più mi affascinano. Per me dietro ogni barbone si nasconde un eroe. E’ la fuga dal branco che ci porta a maturare spiritualmente. Così la solitudine diventa una possibilità di riscatto. E forse la vita, più che una corsa verso la morte, è una fuga dalla nascita.”
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