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Idee, progetti, condivisione e curiosità: intervista a A. Casagrande (Antenna Trash)

Abbiamo incontrato Alberto Casagrande degli Antenna Trash. Con lui abbiamo parlato di come è nata la band, dei progetti futuri e della nuova release di remix di brani rivisti e reinventati da altri musicisti (streaming esclusivo QUI). Nelle parole di Alberto spicca l’entusiasmo verso la musica ed un’innata ed insita necessità di condivisione e commistione di generi e punti di vista. Trovare la propria identità nel confronto è un approccio che LostHighways approva e sostiene fortemente, cercando di diffondere l’idea che anche nella musica non è più tempo di “pensare ognuno al proprio orticello”.(In streaming autorizzato Fill every corner e Magnets, i brani che sono diventati dei remix).

Dry, wet, paper, plastic, aluminium il primo demo/ep autoprodotto degli Antenna Trash. Molto ritmo, molta freschezza: il vostro marchio di fabbrica o solo “un periodo”?
Allora, Dry, Wet, che chiamerei più “demo” che ep, è stato soprattutto un punto di partenza: a conti fatti (quasi) le nostre prime canzoni, la prima tappa di un percorso che devia in direzioni diverse, te ne sarai sicuramente accorto.

DED comes for DED: il secondo ep autoprodotto. Si abbandonano certi suoni più “immediati” e si scopre una personalità più complessa. Cosa rappresenta per voi questo disco?
DED” è innanzitutto la prima uscita ufficiale, creata in uno studio e più ragionata rispetto al lavoro precedente; rappresenta senz’altro una piccola evoluzione stilistica e musicale, perché le quattro mura dell’electro/punk funk sono davvero poche, piuttosto strette, e noi siamo persone piuttosto claustrofobiche.
Abbiamo tanti ascolti alle spalle; diciamo che ci piace mescolarli e metterci in discussione, ed è la cosa che ci dà forza vitale e voglia di andare avanti.
In DED è emerso senz’altro – abbastanza inconsciamente, ti dirò – la nostra passione tardoadolescenziale per il post punk. Ma non un ep post punk revival, o almeno non era intenzionato ad esserlo.

Mi pare, infatti, che la vostra musica abbia assunto tinte più scure, sfumature che prima invece erano colori molto netti. Dico bene?
Esatto, ma come ti ripeto, è avvenuto tutto piuttosto spontaneamente… non ci siamo mai detti “suoniamo più scuri” e del resto le cose su cui lavoriamo ora hanno altri colori ancora… senz’altro ci interessano le “sfumature”, come dici tu.

Proprio per questi motivi la vostra musica è difficilmente etichettabile perchè gli stessi generi musicali di riferimento sono “vecchi”. Per voi, invece, c’è una miscela di sound che si sforzano di guardare avanti. Comunque, alle spalle, quali ascolti ed influenze avete?
Dovrei farti un elenco davvero infinito. Qui si ascoltano i Throbbing Gristle e Gil Scott Heron, Sun Ra e pure un po’ bossa nova… Ci piace chi fa dischi che riescono ancora a mescolare almeno un po’ le carte, senza ripercorrere calligraficamente un’influenza: cosa davvero non facile. Non ci interessa molto la “retromania”, che – Simon Reynolds docet – è il filo conduttore dell’ultimo decennio.

I remix che state pubblicando denotano ulteriormente la vostra propensione a cambiar forma. Come è nata l’idea dei remix affidati “a terzi”?
Era un progetto che avevamo in mente già con Dry Wet, ed in tutta sincerità ti dico che al tempo non eravamo riusciti a coinvolgere un numero di artisti sufficiente. A noi è sempre piaciuta l’idea di scoprire come artisti con background e influenze differenti riuscissero a rileggere i nostri brani. Ci interessa capire quali elementi colpiscono di più un altro musicista.

LostHighways ha il piacere di lanciare in anteprima l’ascolto di una nuova serie di remix: chi sono gli autori di queste rielaborazioni? Cosa hanno aggiunto ai vostri brani? Cosa hanno tolto?
Gli artisti coinvolti in questa release di remix sono:
– I mantovani Tempelhof, che un paio d’anni fa hanno pubblicato un disco meraviglioso per Distraction records. Se non ce l’avete, recuperatelo!
– :MARR, sound designer e compositrice parigina che mescola psych pop e elettronica, e con cui sta nascendo davvero una bella collaborazione.
– I’m An Egg, ovvero Andrea Messina, già nella band indie pop Mai Personal Mood e ora in uscita con questo nuovissimo progetto, che sta facendo drizzare qualche orecchio anche fuori dai confini nazionali.
– Muto, un giovanissimo e promettente artista veronese che ama giocare con i campionatori e con i bicchieri.
– Jean & La Plastique, i più dancefloor-oriented del lotto, già coinvolti in collaborazioni con Audiobullys, Dillon e Felix Cartal
Sono tutti approcci diversissimi ai nostri due brani, Fill Every Corner e Magnets. Muto per esempio ha utilizzato quasi tutti i samples originali, mentre :MARR si è prodotta in una vera e propria cover.

Se un remix ha più successo dell’originale?
Ben venga!

Comunque a voi rimarrebbe il merito di aver innescato la collaborazione. A proposito, si tratta di artisti/musicisti scelti e voluti direttamente da voi… o c’è anche della casualità?
Un po’ e un po': con alcuni ci conosciamo di persona, con altri è stata davvero una fortuna poter collaborare. Vedi com’è stato per uno dei precedenti remix realizzato da Be Invisible Now!: lui lo ascoltiamo da sempre, finché un amico comune ci ha messi in contatto coinvolgendolo nel progetto. Davvero un onore per noi.

Voi siete originari (e stanziate) a Verona: in ambito musicale il Nord Italia è diviso in grandi città e “tutto il resto”. Come vivete questa differenza in termini di offerta ed ambiente musicale?
La provincia a volte è soffocante, ma ti costringe anche a crearti degli stimoli. Gli Antenna Trash si sono formati nel 2008, proprio per combattere la noia della provincia, come tante band del resto. Alcuni di noi facevano ancora le superiori.
Comunque in Italia la musica è meno che marginale, anche nelle grandi città; Verona non vive certo il suo momento migliore, ma ci sono molte realtà e molte idee.

Specialmente nel Nord Italia la musica è molto radicata. Una band potrebbe essere molto seguita in una determinata zona ma non sempre riesce ad andare oltre certi limiti geografici. Ai tempi di internet, nonostante la tecnologia, i luoghi hanno davvero ancora questa importanza?
Penso proprio di sì. Senza dubbio ci sono delle città dove emergono più realtà piuttosto che altrove. Brescia per esempio, dove noi abbiamo registrato: siamo rimasti stupefatti dal numero di band e dalla qualità anche formale della proposta. Brescia è benedetta? Non credo; forse negli anni si sono sviluppate determinate realtà e relazioni che hanno creato una scena piuttosto stimolante e produttiva, il che è d’aiuto anche alle band stesse.
Personalmente ciò che noto a Verona è la mancanza di coesione tra le varie piccole realtà, oltre che la mancanza di figure esperte che aiutino a canalizzare le energie positive della città.

La vostra musica è “poco italiana”, nel senso che non si appiglia con forza alla tradizione quindi ha un respiro molto internazionale. Pensate mai alla vostra musica all’estero?
Cantiamo in inglese, facciamo delle cose che probabilmente potrebbero essere recepite fuori, noi per ora stiamo cercando di uscire dalla nostra zona, ma ovvio che si guarderà anche all’estero. Qualche blogger all’estero ha già scritto di noi, comunque potrà pure sembrarti naif, ma noi amiamo la nostra musica ed è per questo che continuiamo a farla. Per darci nuovi stimoli, per sentirci bene; ovviamente ci sbattiamo tantissimo, ma sia quel che sia…

I prossimi vostri progetti? Quando (e se) potremo avere tra le mani un vero e proprio album?
Quando avremo i soldi! A parte gli scherzi: ci sarà una terza release di remix e poi in primavera uscirà un nuovo singolo in download gratuito. Sarà qualcosa di ancora diverso, te lo prometto. Avrà un nuovo video e forse un remix. Poi sempre in primavera torneremo al TUP studio di Brescia con Stefano Moretti dei Pink Holy Days a registrare questo full lenght.

DED comes for DED – Preview

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