Dietro alla realizzazione di un videoclip (così come per una canzone, un disco, un dipinto o qualsiasi altro prodotto dell’ingegno umano) spesso c’è un lavoro enorme, complicato e personale. Alcune volte, poi, ciò che “sta dietro” assume un ruolo davvero fondante, e rientra a pieno titolo a fare parte dell’opera che si manifesta soltanto con il risultato finale. Per questo motivo abbiamo intervistato Fabio Miccoli, regista del collettivo Zorobar, nonché batterista dei Lenula. Fabio ci ha parlato di un video affascinante, della sua gestazione e nascita, e dell’importanza della cura del processo creativo.
Il video All’interno è in esclusiva per LostHighways.it (si ringrazia Zorobar, La Fabbrica e i Lenula)
All’interno è un brano musicalmente spigoloso ed il testo è molto criptico e visionario. Come ci si approccia alla realizzazione di un video per un brano di questo genere?
All’interno è un percorso con una costante empirica rivolta al senso stretto di vivere l’attimo stesso della propria narrativa, l’approccio è sensibile, riflesso sul senso di sentire l’istante, un gioco in cui video e brano sono complici, l’uno non isola l’altro. L’approccio che si impone con un brano così intimo e simbolico crea una poetica e un’analisi che va a ricreare quello stesso stato d’animo che nutre l’idea del musicista, autore del brano nella composizione. E’ un vivere a pieno il sentimento. Si parla di sensazioni in All’interno, non si racconta nulla, si vive il sentimento dell’istante in cui una creatura nasce.
Poi ovviamente il mio essere così coinvolto nella band mi ha permesso di delineare a pieno quelle sensazioni che io stesso ho vissuto nella creazione del brano.
Il video si sviluppa e descrive per immagini una sorta di delirio? Un ricordo o un sogno? Cosa succede tra i personaggi che si scontrano in questa narrazione?
Il video ripercorre quella che è la confusione di gestazione di un’idea. Nonostante la messa in scena molto ermetica e psichedelica non è un sogno o qualcosa che ha a che fare con il surrreale: il senso è reale. L’intro del videoclip è accompagnata da uno scritto di Arthur Rimbaud, Falsa conversione contenuta in Una stagione all’inferno e identifica bene quello che voglio dire, “non si e poeti in inferno” significa che non si può sintetizzare quella parte emozionale così forte all’inizio di una creazione. L’unica azione narrativa infatti è la scrittura del foglio che apre e chiude il video. Il suo ermetismo è voluto. Possiamo considerarlo un vero e proprio strumento per combattere l’abitudine alla fruizione di storie o trame semplici. E’ quindi un video più che altro evocativo: che vuole provocare sensazioni.
La simbologia, che rimanda all’esoterismo, alle contrapposizioni bene/male e agli elementi naturali, è forse anch’essa protagonista di questo video. Cosa si è cercato di rappresentare ed evocare?
La simbologia di All’interno nasce da una ricerca molto intima e personale. La simbologia segue un percorso a sé, tracciando particolari sfumature anch’esse legate al contenuto della storia nel video. Certo niente è messo lì a caso, ogni immagine, ogni simbolo o raffigurazione in sé racchiude degli elementi significativi che rafforzano l’azione. Potremmo parlare dell’alchimia come citare le vicende mitologiche più vicine al concetto del fuoco, come delle altre allegorie presenti, ma mi dilungherei troppo.
La scenografia quindi ha un ruolo importantissimo, di chi è merito e cosa vi ha ispirato maggiormente?
La scenografia è una parte viva e autonoma nel video. Ho sperimentato come l’immaginario del personaggio che abita dentro la scatola si riversasse nella creatività del nostro gruppo di lavoro; quindi attraverso i training di Rocco Caliandro, regista come me della Zorobar che mi ha affiancato in questo progetto, abbiamo cercato di ricreare un’atmosfera e di lavorare su di essa: bisognava simulare la situazione dell’abitare dentro una scatola/coscienza. Abbiamo quindi lasciato piena libertà agli artisti che hanno dipinto i pannelli perché anche loro erano coinvolti nell’attività di training. Allo stesso modo abbiamo lavorato nelle scene in esterna dove le coreografie sono state create dagli stessi attori che interpretavano “i demoni guida”, attraverso un percorso di training. Importantissime per quest’ultimo punto sono state poi le coreografie a cura di Leonardo Fumarola e Sergio detto “fumo”.
Il videoclip opera una parafrasi sul testo molto attenta, grazie agli elementi visivi di sostegno e l’editing accelerato, si crea una tridimensionalità molto avvolgente che rende al massimo il concetto di confusione.
La costruzione di una tale scenografia e dei costumi quanto tempo ha richiesto in relazione al tempo di ripresa?
L’allestimento del videoclip ha visto due ambienti molto differenti tra loro. Il lavoro di messa in scena nella prima parte si è adattato ai lunghi tempi per la preparazione psicologica dei personaggi ed è stato girato completamente di notte per una decina di giorni. Per questa fase la preparazione dei costumi e delle maschere a cura di Ciro e Marika Nacci ha richiesto una settimana di lavoro. Mentre per la seconda parte non esiste un tempo definito. La notte prendevano vita i disegni e i simboli ed il giorno si girava in base alle sensazioni che gli stessi disegni ci davano. Quindi anche per la scenografia il metodo è stato lo stesso usato per il videoclip. La preparazione dell’allestimento scenico procedeva di pari passo ai tempi delle riprese.
Il video è prodotto da Zorobar. Di cosa si occupa e come si muove? Raccontaci il vostro punto di vista sulla realtà pugliese, che spesso viene citata in ambito musicale tralasciando tutto il resto.
Zorobar è prima di tutto un nome collettivo che nasce nel 2010 quasi in forma massonica e sancisce la collaborazione tra Fabio Miccoli e Rocco Caliandro a cui si sono uniti, poi, negli anni, diversi collaboratori. La Zorobar si occupa principalmente di valorizzare forme d’espressione artistiche legate al video. In questi due anni ci è capitato soprattutto di lavorare a videoclip, ma abbiamo anche creato e realizzato veri e propri format diffusi essenzialmente attraverso il web. Crediamo molto in internet come mezzo di comunicazione, questo è da specificare. A proposito della realtà pugliese possiamo dire poco in quanto per nostra natura, credo in maniera quasi fisiologica, tendiamo ad essere una specie di isola. Possiamo dire che le nostre aperture siano in larga misura trasversali. Per un motivo a noi stessi sconosciuto tendiamo a collaborare maggiormente con artisti che non lavorano con il video. Sono note le nostre collaborazioni con officina Fly land impegnata soprattutto nella promozione della danza. Collaboriamo poi spessissimo con numerosi musicisti e adesso siamo impegnati in un progetto teatrale. In Puglia si girano moltissimi film anche grazie all’ausilio dei finanziamenti della “Puglia film commission”, ma spesso i fondi vengono assegnati a grosse produzioni con cui è quasi impossibile venire in contattato… non crediamo si possa parlare di realtà pugliese. Possiamo però dire di essere in rete con numerosissimi professionisti che operano in questo ambito con cui spesso ci confrontiamo.
Per la produzione di un videoclip musicale quanto è importante il budget? Spesso i “big” della musica puntano sulle grandi produzioni, ma così non si rischia di stabilire uno standard pericoloso, innestando un riflesso inconscio che porta ad etichettare tutto ciò che è “piccolo” come “di scarsa qualità”. Tu cosa ne pensi?
Penso che “qualità” sia un termine “complicato”. E’ vero, noi produciamo a basso budget ma non credo che i nostri video possano essere definiti di “bassa qualità”. E questo è perché siamo maniacali nella cura del set. In più abbiamo dalla nostra due componenti essenziali: l’amore per quello che facciamo e la completa mancanza di senno. Ci facciamo assorbire dai nostri progetti che consideriamo, ogni volta, dei veri e propri esseri viventi. Non sappiamo se si rischia di stabilire uno standard pericoloso, alcune volte, è vero, succede. E sicuramente ci piacerebbe avere più spazio e visibilità soprattutto perché crediamo nel valore dei nostri video.
Io penso che un’idea, se buona e viva, troverà quasi sempre il modo di esprimersi al meglio ma… dove si trovano le idee?
L’idea per me vive in quell’istante che prende il nome di pausa. Siamo abituati a vivere in maniera veloce tutto ed accumulare sensazioni che hanno bisogno di trovare il giusto momento per emergere ed essere capite in noi stessi. Le pause emergono nei momenti in cui il nostro equilibrio è in sintonia con l’esterno, in situazioni semplici, perchè è a questo che si deve attingere, alla semplicità e non alla ricerca di idee a buon mercato, piuttosto a ricercare nella “pratica” dei nostri sentimenti l’ispirazione.
Nel vostro video trovo geniale l’idea di quella fuga ed inseguimento in punta di dita lungo le pareti. Crea un effetto grottesco e claustrofobico, pur non andando ad attingere dai cliché delle classiche inquietanti inquadrature alle quali siamo abituati. Quanto è difficile misurarsi con il “già fatto” e la ricerca di novità stimolanti sia per chi vedrà e giudicherà quanto realizzato, ma soprattutto per chi, come te, si pone dietro l’obiettivo?
Noi puntiamo molto al contenuto nei nostri progetti quindi può succedere che, nella evoluzione del lavoro che tentiamo sempre di legare al suo significato, e ti assicuriamo che il processo di cui parliamo è veramente lungo, possa capitarci di approdare a forme abbastanza lontane dai cliché di cui parli. E’ ovvio che la nostra percezione è sovraeccitata, del resto viviamo in una cultura che si fonda essenzialmente sull’immagine. Ma, al contrario di ciò che si può credere, l’immagine in sè non è tutto quando si lavora ad un video. Noi crediamo molto nel processo artistico che s’innesca prima, durante e dopo la creazione. E poi, noi, crediamo alla “magia delle cose” così come crediamo che la Zorobar abbia una sede legale in Giappone, forse a Tokio.