“Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme” (Charles Bukowski), e credo che sia per questo che la mia cultura musicale non abbia mai potuto prescindere dai Marlene Kuntz, per l’anima che brucia nelle loro musiche fatte di riff di chitarre ribelli, nelle loro armonie di piano struggenti, nella voce sensuale o brutale di Godano, per quei testi invasati ed elegiaci. La germinazione dei Marlene Kuntz ebbe luogo nel 1987 dall’incontro di Luca Bergia (batterista) e Riccardo Tesio (chitarrista). Nel 1988 si aggiunse a loro il bassista Franco Ballatore, ed in una sala prove di Confreria, iniziarono a provare le loro musiche. Nel 1989 si unirà a loro, come chitarrista, Cristiano Godano uscito dal gruppo dei Jack on Fire!. È di questo periodo la prima stesura di testi di alcuni dei brani che andranno a comporre la tracklist di Catartica. Fino al 1990 voce dei Marlene Kuntz fu Alex Astegiano (ex batterista dei Jack on Fire!), che lasciò il gruppo dopo la registrazione di una demo composta da 4 brani: La Verità, Trasudamerica, 1° 2° 3° e Capello lungo. Il suo posto fu preso Godano. Nel 1991 la band cuneese partecipò al concorso Rock Targato Italia per gli emergenti che gli diede la possibilità di registrare, con gli altri sette primi classificati, un loro brano in studio per la compilation del contest (scelsero Canzone di Domani). Fu questo il punto di svolta, quando in sala di registrazione avvenne l’incontro, che risultò essere fortunato, con Gianni Maroccolo. Dopo diversi contatti con Maroccolo per la produzione di un ep, nell’estate del 1993, i Marlene vennero cercati dalla MCA Records (casa discografica fondata da Giovanni Lindo, Ferretti colpito, si dice, da una registrazione di Lieve) che gli propose la produzione di un cd. Nel maggio del 1994 uscì Catartica. Da questo momento inizia l’ascesa del gruppo di Cuneo con un cd che resterà negli annali della storia del rock italiano. Una tracklist di quattordici brani di rock noise con al centro chitarre impetuose e trascinanti rese ancora più avvincenti dalla voce del giovane Godano, sicuramente più sporca nello stile rispetto ad ora, una voce capace di evocare rabbia, dolcezza e violenza creando, con le parole dei testi, scatti indelebili nella mente. È una dichiarazione di intenti il primo album dei Marlen Kuntz, un capolavoro in cui sono già ben chiari tutti gli assunti concettuali e lo stile compositivo ammaliante e tagliente, tormentato ed estatico, che faranno da colonna portante dell’espressione artistica del gruppo anche nei lavori successivi, in cui la crescita anagrafica andrà di pari passo con le scelte artistiche, dei tre, allora, ragazzi di Cuneo. L’album si apre con la furia di M.K. biglietto da visita di pura rabbia post punk, chitarre invasate per un’invettiva contro chi del rock faceva, e tuttora fa, spazzatura. Parte poi iracondo l’ossimoro di Festa Mesta, da molti interpretato come un banchetto matrimoniale noioso, più veritiera, secondo me, la possibilità che si riferisca ad una deludente performance dell’alabarda maschile in un incontro a due, assoli di chitarra per la potente esplicazione di ciò che il rock è e deve essere. Terza traccia, diadema reale tra i gioielli dell’album, Sonica. Cupa, evanescente evocazione di quell’età di rientri offuscati al mattino, nel lento e goffo passo di Orso, scandito dalla batteria, dopo la battaglia di fragori nella mente, rumori, dolori, lampi, tuoni e saette, schianti di latte, fragori e albori di guerre universali, scontri letali battute dalle distorsioni delle chitarre libera la rabbia nell’urlo animale di SONICA. Tempo di rifiatare e perdersi nei cinque minuti e ventuno della struggente Nuotando nell’aria, immagine sospesa nello spazio e nel tempo dello spasimo dell’addio. Ripreso fiato si torna alla ferocia di Giù giù giù nel cuore del male, ponte al nuovo momento di catarsi di Lieve: chitarre morbide, ma decise, suggestiva e caustica lirica sull’aspirazione a non lasciarsi inghiottire dall’abitudine sganciandosi dalla mediocrità del buon senso comune che affonda in una immobile palude (Cristiano Godano da Canzoni per un figlio). Intrecci di chitarre dall’ampio respiro per Trasudamerica, ricordi che si fanno sensazioni vibranti. Torna la ferocia sardonica in Fuoco su di te: potenti chitarre contro il provincialismo di chi non si sporca le mani fermo nell’immobilismo della propria ignavia. Corrosiva, beffarda con chitarre di nuovo sul proscenio Merry X-mas, asprezza e arrendevolezza in Gioia (che mi do), visto l’argomento non facile da trattare a cui segue più leggera e diretta Canzone di domani. Le tre tracce che ci conducono alla fine passano per Mala mela, psichedelica noise, 1°2°3° in cui le chitarre urlano immagini di accoppiate sbagliate per chiudere con l’eterea strumentale Non ti scorgo più, madre di tutte le spore a venire. Un album in cui le influenze dei Sonic Youth sono assorbite dal carisma di una band che sa il fatto suo tecnicamente e contenutisticamente nonostante sia al proprio esordio in long playing.
Catartica è un album che, a quasi vent’anni dalla sua uscita, resta pilastro nel panorama musicale nostrano per la superba attitudine rock.
Credits
Label: MCA Records/Consorzio Produttori Indipendenti – 1994
Line-up: Cristiano Godano (voce, chitarra) – Riccardo Tesio (chitarra) – Luca Bergia (batteria)
Tracklist:
- M.K.
- Festa Mesta
- Sonica
- Nuotando nell’aria
- Giù giù giù
- Lieve
- Trasudamerica
- Fuoco su di te
- Merry X-mas
- Gioia (che mi do)
- Canzone di domani
- Mala mela
- 1°2°3°
- Non ti scorgo più
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