L’elfo della Luna in una sera d’estate: “E’ esattamente così. Un posto immerso nella natura. Vedrai!”. In quel momento preciso si ferma una resa che è una promessa da mantenere, ad ogni costo. Una promessa al sogno di un festival organizzato in bilico su problemi e impedimenti, superati con successo. Una promessa alla fatica, al coraggio, all’impegno di un gruppo di ragazzi del Sannio: i Lamia e l’associazione SonicArt, coadiuvati dallo staff del Morgana ovvero un localino del centro di Benevento che riesce a far circolare buona musica usando gentilezza ed ospitalità. Ogni goccia d’energia è profusa per l’organizzazione della terza edizione dello Stone Free Festival, che ha dovuto abbandonare la precedente location (lo splendido borgo di Apice Vecchia) in fase di ristrutturazione.
La scommessa di affidare lo scrigno sonoro del festival alla struttura del MUSA (Museo del lavoro e delle macchine agricole di Piano Cappelle) è stata vincente: uno spazio notevole, immerso nel verde di una natura rimasta ancorata alla sua storia più antica e ricca del lavoro della terra che ha sentito il sudore delle mani nude e la velocità delle macchine. Uno spazio come una rosa aperta. L’Appia si mostra bagnata, avvolta da un cielo gonfio che conta umidità e temperatura in caduta libera, trasformando il tepore del tramonto nel presagio di una sera che inganna i ritmi dell’estate. Un temporale ha voluto toccare la prima serata del festival, ritardando le dinamiche organizzative ma senza danni, anzi… ha lasciato i colori del rosa striato e il profumo dell’erba bagnata, prima di un buio appena spiato dalle stelle. Una donna (A.G.) sorridente, stanca ma bellissima, guardandosi intorno ha liberato poche parole: “è davvero la quiete dopo la tempesta”. Semplice. Sensato.
Le 23 scandiscono l’incipit. Il Cielo di Bagdad si presenta con le note di A day of wool, nuovo singolo in free download e anticipo dell’album previsto per ottobre (Export for Malinconique). Puro flusso che esplode arginando i codici verbali, cerca girotondi sonori tra sperimentazione fatta suggestione e melodia tirata senza strappi, vaga lungo percorsi in ombra e curve di luci improvvise; la band di Aversa disegna il suo post rock e lo affida ai colori sfumati delle emozioni da intuire. Le frequenze cambiano: è il turno dello shoegaze dei romani Sea Dweller, tra scivoli di armonia lieve e impennate distorte. Il cuore della notte pulsa seguendo il ritmo dettato dagli Amor Fou e dai (P)itch. L’amore e le sue vene abituate al gioco della regolare irregolarità si immergono nelle proiezioni delicate delle liriche di Alessandro Raina che, con eleganza e discrezione, accarezza le lezioni del cantautorato italiano, spingendosi fino a la collina dei ciliegi; trame di suoni che spiano i segreti nobili e leggeri del pop, scandito dalla batteria di L. Rescigno che sfida il tempo lineare e dalla morbidezza rumorosa della chitarra di G. Dottori, mentre il tocco dell’erosione emotiva è affidato alle linee di basso di un’ospite d’eccezione: Alessandra Gismondi dei (P)itch. La stagione del cannibale continua a definire linee di evocazioni e di fascinazione.
E sono i (P)itch a chiudere, abbracciando con sensualità e sfida le viscere della notte. Un passato da difendere, una storia da rievocare tirando i dadi sul tavolo delle prospettive, un talento e un’attitudine non scalfiti in anni di carriera, una capacità di meditare il ritorno tra la sonorità sui generis dell’inglese e l’acidità di un rock in puro veleno indie. L’energia, l’audacia e la classe di una poesia fiera e ferita segnano le sinusoidi che attraversano i frammenti dell’ultimo album, A violent dinner.
La seconda serata ha dato spazio a Il dono, Fiub e Eva Mon Amour… per poi definire i contorni dell’esibizione attesissima di Joe Lally, storica figura legata ai Fugazi.
Anche l’arte trova un perimetro cui dedicare le Azioni Pneumatiche: Vacon, Andreco e Allegra Corbo sono i tre artisti che hanno sperimentato in un live painting le possibilità dell’acrilico e del formato verticale.
Un’edizione splendida per un festival che continuerà ad animare il Sannio e riuscirà ad essere un baricentro per la musica che scorre, comunque.
Una donna sorridente (A.G.), fragile e perciò forte, trova i colori per dare l’arrivederci allo Stone Free Festival: *“In pena per un cielo infranto / per la pioggia che ci bagnerà / vado pensando alla gioia grande / che se vorremo ci prenderà”. (Foto 1 by [archiattack])
* Paul Eluard