Da tempo ero d’accordo con Mirco Mariani per intervistarlo riguardo al prossimo disco dei Saluti di Saturno, così abbiamo deciso di incontrarci nel verde del BOtanique di Bologna, appena finite le prove che anticipano il live in programma in serata. Mirco mi accoglie prendendomi sotto braccio, sorridendo e presentandomi alla sua famiglia. Per mezz’ora ho di fronte una persona esplosiva, solare, aperta. Di seguito è trascritta un’informale chiacchierata: in queste parole si respira il piacere della condivisione, la gioia di parlare di sé e di ciò che si tiene stretti al cuore.
Saturno, Valdazze, Polonia.. non riuscite proprio a stare fermi! Perchè il viaggio è così importante per voi?
La Polonia è la meta scelta per essere in una posizione strategica! Valdazze è bella ma, come diciamo noi romagnoli, è un po’ “imboscata”. Nel nuovo disco, Dancing Polonia, c’è tanta Finlandia, tanto del cinema di Kaurismäki, un po’ di Armenia, sicchè la Polonia mi sembrava la giusta base per creare il nostro locale e da lì spostarsi restando vicini agli elementi che hanno fatto muovere il nostro disco.
Quindi non c’è nulla che accomuna la gita a Valdazze e il viaggio a Cracovia?
Si è voluto cambiare. Abbandonare per un po’ il “pianobar futuristico”, quindi il lato più giocoso, per spingersi verso un cantautorato dalla forma free-jazz. Però free-jazz inteso come un disturbo che non lo devi sentire, specialmente rumori. Trovandoci con Massimo Simonini ci siamo resi conto che unire la canzone ad una realtà musicale così differente non sarebbe stato facile. Da lì sono nati alcuni ragionamenti per il nuovo disco: per esempio questa volta io non ho usato l’optigan (strumento che invece era protagonista dei primi due dischi).
Questo per quanto concerne la musica, ma per il lato cantautorale ci sono state nuove ispirazioni per i testi dei brani?
Sì, ci sono stati due momenti che hanno scatenato la creazione di Dancing Polonia. Il primo, come una scintilla: ero in Sardegna al festival Abbabula e un giornalista mi disse: “Adesso basta nasconderti, è arrivato il momento che ti devi lanciare”; me lo disse in maniera seria, vera. Il secondo momento è stato quando mi sono ritrovato dentro un film che si chiama Vodka Lemon… È girato in Armenia, in un deserto di neve dove i cavalli corrono nel bianco. Bianco, bianco, tutto bianco. Solo alla fine si vede che la neve si scioglie. I protagonisti, una storia di povertà, sono costretti a vendere tutto. Portano in strada il pianoforte per vendere anche quello ma… no, il pianoforte decidono di non venderlo. Entrambi iniziano a suonarlo insieme, e così il pianoforte ad un certo punto si incammina per la strada, e mentre suonano partono per questo viaggio… lì mi è partita una roba che non ti dico! Una voglia di spostarmi, muovermi! Da questo ho scritto il brano dal titolo La vita mia, che in realtà è la vita dei protagonisti del film.
Quando sarà pubblicato il disco? L’uscita è stata anticipata da un brano: Il giorno nuovo…
Il disco uscirà il 2 Settembre. La scelta del singolo è dovuta ad un equipe di lavoro, composta da Luca Zoccheddu che è il nostro manager, l’etichetta e l’ufficio stampa. Ma sinceramente, devo dire: non siamo un gruppo da singoli! Far uscire un brano è una cosa buona per promuovere poi l’uscita del disco, niente di più. Il giorno nuovo è un brano che è nato grazie ad una combinazione di due eventi. Ancora un film, Miracolo a Le Havre di Kaurismäki. (Eccezionale: devi guardarlo!) Il film racconta la storia di una donna malata che, appunto, miracolosamente guarisce. Due giorni dopo la visione del film siamo andati a La Darsena, un locale sul Trasimeno. La combinazione sta nel fatto che molti anni prima, nel 1999, con il mio precedente gruppo che si chiamava Mazapegul, dovevo proprio suonare in quel locale, ma non si suonò. Il giorno prima del concerto morì in un incidente il nostro cantante (Daniele Di Domenico) proprio mentre portava a Cesena i volantini del concerto. Il gruppo si sciolse. Ecco, la successione di questi eventi, visione del film e aver raggiunto quel luogo dove tutto si era fermato, mi spinse a scrivere Il giorno nuovo, perchè in quel momento tutto trovò il modo e la forza di ripartire con un Miracolo a La Darsena.
Il brano di cui hai parlato vanta la collaborazione di Arto Lindsay: com’è stato l’incontro artistico?
Tutto grazie a Massimo Simonini! A lui dissi: “Senti Massimo, c’è una persona con la quale io, da sempre, vorrei collaborare…” e lui mi rispose: “Non ti garantisco nulla. Arto non è uno che scende a compromessi”. Così gli abbiamo spedito alcuni brani e Arto dopo poco ha risposto dicendo: “La prossima settimana vado a registrarli. E non voglio niente”. Doveva fare un brano, poi ne ha fatti tre!… ma la cosa più “ignorante” è che uno dei brani poi non l’ho messo nel disco!
Ma glielo hai detto?
Gli ho mandato il disco, ma non gliel’ho detto! Se ne accorgerà da sé!
E le altre collaborazioni?
Prima di tutto proprio quella con Massimo Simonini che ha guidato la direzione artistica in modo molto importante. Reputo Massimo una persona incredibile, sempre a contatto con della musica estrema. Lui, più di tutti, ha dato l’impronta a questo nostro lavoro. Poi c’è Marcello Monduzzi che rimane un puntello fondamentale. Questo disco l’ho cantato soprattutto io, un brano lo ha fatto Bruno Orioli e due Roberto Greggi, anche se uno di questi è rimasto fuori ma uscirà prossimamente (una cover di Battisti). Live, invece, la base è questa: io, Marcello e Bruno, però con il tour di Dancing Polonia vorrei caratterizzare i vari concerti, diverse situazioni musicali per ogni tipologia di luogo nel quale si terranno i live. Questa è un’idea che mi piace moltissimo, pur essendo complicata. Poi ci sono altri progetti: lo stesso repertorio eseguito in duo, pianoforte e chitarra jazz, così come un live con diversi mellotron e un theremin (quindi solo strumenti impalpabili). Mi servirà tutta l’estate per mettere in moto queste mie idee.
Stasera, e nelle date che anticiperanno l’uscita, verranno proposti anche i nuovo brani?
Guarda, abbiamo fatto due giorni di prova, sicchè… qualche brano lo facciamo!
La vostra idea delle figurine del viaggio è splendida. Come è nata?
L’idea è sua! (indica il manager, Luca Zuccheddu, che ci sta ascoltando ridendo). Lui però aveva parlato di “cartoline”, anche se non si è mai visto un album di cartoline! L’album deve essere delle “figurine”: bisogna fare gli scambi! Così abbiamo fatto questo viaggio immaginario da Valdazze a Cracovia… che in realtà è stato da Via Marsala 22 a via Marsala 28! Tutte le foto le abbiamo fatte lì. Poi ci sarà l’ultima figurina, che è una sorpresa!
Anche questo è un esempio molto bello di come voi riuscite ad avere sempre un approccio ludico nel fare musica…
Guarda Emanuele, ora non voglio fare il vecchio invecchiato male, ma effettivamente per tante cose mi sento vecchio… per questo posso dire che se la musica la si prende troppo di petto, come una sfida o una gara, diventa la cosa più noiosa che ci sia. C’è bisogno di voglia di divertirsi, di giocare, di condividere, di fare qualcosa che poi ti porta alla voglia di fare un’altra cavolata ancora! Io cerco di fare così. Tornando al cinema: se guardo attori come Gassmann, L’armata Brancaleone, io sono convinto che durante le riprese si stavano tutti spanciando dalle risate: prima, dopo e durante! Si vede proprio che per loro quel lavoro era la cosa più bella ed in quei momenti erano le persone più fortunate della terra. Questo è quindi lo spirito che cerchiamo sempre nella nostra musica.
Rileggendo l’intervista dell’anno scorso…
Quell’intervista è bellissima! … Scrivilo!
Hai ragione, è stato davvero un magnifico scambio del quale ho un bel ricordo! Proprio lì ho ritrovato una tua definizione: “gioiosa malinconia” e ti riferivi al disco Valdazze. Questo è un elemento vivo anche in Dancing Polonia?
In realtà ora c’è un pochino di rabbia, una sorta di incazzatura, se si può dire. Stiamo vivendo in un clima difficile che si sta livellando in maniera terribile per quasi tutte le professioni. Un tempo anche il geometra o l’architetto potevano avere alcuni momenti di difficoltà ma c’era uno standard nel quale bene o male potevano galleggiare. Ora tutto è precario e le diverse realtà si vanno ad intrecciare. L’incazzatura è perchè chi orbita nell’ambito musicale è ancora più vulnerabile! C’è poco rispetto per chi fa musica o consente che la si crei. Fare un disco, arrivarci in fondo, non è semplice. Sarebbe bello vedere delle strutture che considerino di più la musica, tutta. Non parlo dei Saluti da Saturno, ma dei tanti gruppi italiani bravissimi che sono sempre lì che si imbarcamenano. Poi finisce che diventa una lotta per dividersi due mollichine, rischiando di diventare cattivi. Qui a Bologna sono stato due giorni con Arto Lindsay: ho assistito alle prove, è venuto nel mio laboratorio a suonare e mi ha rotto due amplificatori (ma comunque non sono arrabbiato perchè l’esperienza con lui mi ha dato tanto). Lui mi ha anche detto una cosa, una di quelle frasi che sono più importanti di un diploma al conservatorio: “Tu secondo me stai facendo grandi cose, ma fai un errore: non devi farlo in Italia”. L’Italia è “small”. Quindi, finito il tour di Dancing Polonia, con la mia famiglia andrò tre mesi a New York, senza pretese, anche solo per stare qualche sera in un locale con Arto Lindsay ed altri musicisti… per capire davvero cosa intendeva con quella frase.
Varie situazioni ci hanno poi messo davanti agli occhi alcuni dati: come Saluti da Saturno vendiamo pochi dischi ma nel complesso abbiamo venduto più dischi in Europa che in Italia. Una cosa rarissima. Anche per questo voglio capire… L’anno scorso abbiamo fatto un’esperienza a Lipsia: siamo stati accolti in un modo magnifico e, cosa ancora più bella, ci hanno richiamato ancora! Per questo partirò. Non andrò a fare il romagnolo in America! Non per lasciare tutto: voglio vedere, capire. Si arriva ad un certo punto che… bisogna capire.
Grazie per quest’altra bella chiacchierata.
Grazie a te!
Un giorno nuovo – Saluti da Saturno
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