Intimacy – Bloc Party

Vladimiro Vacca Album, Recensioni 1 commento

Frustate di suono. Il rock che diventa mesmerica danza. Non è il tempo di iniziare un nuovo amore. Non è il tempo di firmare un nuovo contratto di affitto. Mercury inverso, questa è la nostra maledizione. Amori di una notte. Il tema della guerra voluta da un dio antico, Ares. Chiudiamo gli occhi per godere, in solitudine, d’egoismo quando baciamo e facciamo l’amore. Questa marea di sensazioni e riflessioni sulla nostra società in continuo divenire è la catapulta lirica del terzo album Intimacy dei Bloc Party. Un ritorno alle sonorità new wave melodico-ballabili del primo loro capolavoro Silent Alarm. Inserzioni di sintetizzatore su ritmiche serrate e crescenti che invadono il corpo e lo traghettano in un mondo sonoro oltre In rainbows (in comune l’idea del lancio anticipato in versione digitale). Scelte colte di nomi antichi come Ares e Mercury per brani di rock moderno (che spaccano di brutto!) sono il simbolo della consapevolezza di essere un timbro stilistico di questo decennio. Hanno superato l’ispirazione Talking Heads di Silent Alarm e degli U2 di A weekend in the city e sono approdati ad un suono tutto Bloc Party che mille band a Londra provano a eguagliare invano. Trojan horse è un concentrato di adrenalina melodica. Signs è il brano morbido che fende l’aria. One moth off è new wave sudicia di elettronica. Zephyrus è estasi corale di un’atmosfera dark-wave. Better than heaven è perfetta simbiosi di melodia e frammentazione del ritmo. Se non avete mai ascoltato i Bloc Party allora non state vivendo il vostro tempo. Tornate al via e pagate pegno!