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Disillusi e leggeri sempre: intervista a Donvito e i Veleno

Partiamo da un live di Donvito e i Veleno: Trieste, Etnoblog, la scorsa primavera, serata molto piovosa. Sono arrivata sul posto senza sapere molto di loro, armata di ombrello gocciolante e della magnifica Marcella (Tre Allegri Ragazzi Morti) che mi diceva cose mirabolanti dei suoi compagni di etichetta (La Tempesta) e di Hell Mundo! E fin da subito mi rendo conto che non so classificare la musica dei Donvito e che (è un sollievo!) non mi ricorda niente e nessuno. Anzi, mi fa pensare a molti referenti, dai Clash a certa elettronica. Mi fa anche restare ferma e immobile per un po’ per cercare di capire. E io capisco che questi ragazzoni finto-scanzonati con i loro completi colorati misto terital prima ti inchiodano con quelle melodie e quelle chitarre, poi con le cose che ti cantano addosso ti trascinano velenosamente nei meandri infernali del loro (e nostro) Hell mundo! Losthighways ha chiacchierato con metà dei Donvito, che è Max Stirner (l’altra metà è Jack Tormenta).

E’ difficile per un gruppo “nuovo” stabilire un rapporto con un pubblico che magari vi conosce appena?
Sicuramente è difficile, e lo è ancora di più per un gruppo come il nostro che non appartiene a nessuna scena di suono o “genere”, siamo cani sciolti nella galassia dell’indie nostrano. Certamente credo che questo sia un valore aggiunto per le nostre canzoni che sono quello per cui vale il gruppo.

L’impatto iniziale del live è stato subito positivo, di grande energia. Poi ho scoperto dietro ai vostri completi vintage colorati parole scagliate in aria come slogan su schitarrate potenti. Slogan che fanno pensare. Come nascono i Donvito?
I Donvito nascono da un sogno febbrile di una bollente notte tempestosa, sono cacciatori di piccole perle, rincorrono queste ispirazioni e non le lasciano fino a quando non le hanno fermate, registrate e poi impacchettate per regalarle a giovani cuori disillusi e leggeri che, ascoltandole, hanno voglia di perdersi come noi in questo infernale mondo bugiardo.

Il vostro è un pop melodico mai banale che manda messaggi taglienti e non molto rassicuranti. Potevate anche raccontare di cose più facili e far ballare tutti senza troppi pensieri…
I testi sono il traino della carovana che conduciamo e che altrimenti rimarrebbe ferma fino a sprofondare nella fossa comune delle banalità che quotidianamente ci propinano i mezzi di comunicazione di massa.

Vi divertite anche voi? E’ importante? Disillusi e leggeri, quindi, sempre?
Sempre, da quando abbiamo preso questa strada stupefacente

L’idea delle coriste mi è sembrata démodé in maniera ironica: non se ne vedono più e sicuramente non in questi contesti. Anche questo serve a sdrammatizzare e alleggerire poiché la realtà che raccontate è molto più dura?
Certamente avere sul palco due ragazze, che ci accompagnano e sollazzano, alleggerisce l’immagine di queste altre due brutte bestie che altrimenti si sentirebbero troppo sole!

Disco del momento, quello da cui è difficile staccarsi?
Il nostro e una compilation della Motown.

La Motown! Ci sono cresciuta con la Motown! A proposito di etichette, tu hai messo su la Natural HeadQuarter Recording Studio molti anni fa. Che cosa hai imparato da quell’esperienza?
Ci ho passato un terzo della mia vita, e più che pensare alle cose che ho imparato e spesso insegnato, che sono sicuramente tantissime, questo è un momento in cui mi concentro di più su ciò a cui ho rinunciato per potermi dedicare anima e corpo a produrre dischi e a perfezionarmi per farlo sempre meglio, sacrificando in buona parte gli affetti, o l’amore per una casa e fino a questo momento anche fare il musicista.

Cosa significa avere un’etichetta come La Tempesta alle spalle?
Significa prima di tutto avere degli amici su cui poter contare in maniera trasversale, lavorativamente, artisticamente e psicologicamente

Parlami di Ferrara. Ci sono molte cose buone che vengono da lì in questo periodo. E’ pura casualità o sono energie che appartengono a un preciso momento storico? Come vivi la città?
La città è come se fosse mia, e per mia intendo che l’ho sentita crescere con me. È un ottimo momento per la città artisticamente parlando e non credo che sia un caso, ma piuttosto succede che varie energie si siano incontrate e si siano sviluppate insieme, vedi il mio studio, vedi Giorgio Canali e vedi Le Luci della Centrale Elettrica. Lo Studio Natural HeadQuarter, “baricentro di produzioni musicali”, è un centro sociale della musica indie italiana ed è servito a molti artisti per potersi incontrare, confrontare e crescere insieme. Ha avuto una funzione che dovrebbe essere propria dei Centri sociali e culturali finanziati dagli enti pubblici. Vai a farglielo capire che il mondo girerebbe meglio in mano agli artisti piuttosto che ai politici.

Sono più che d’accordo. E per finire… Bilancio sul tour! Siete ancora in giro?
Il tour è andato piuttosto bene, tra alti e bassi abbiamo fatto una ventina di date. A fine settembre uscirà il singolo tratto da Hell Mundo!. Si tratta di una canzone dal titolo Io te e le balene, surreale storia di amore e di rivoluzione. Come Donvito e i Veleno siamo stati un po’ fermi fino a fine agosto. Nel frattempo mi sono concentrato sull’amore di una delle mie coriste. Il 24 luglio mi sono sposato con questa mia dolce metà e compagna di un lungo viaggio che dura da ormai dieci anni. Noi due, che ci sentiamo biologicamente diversi, più belli ed incontaminati del resto del mondo, abbiamo scelto la forma di una coppia, l’unica sana alternativa che è rimasta oggi sulla Terra. E mentre ogni uomo è fuori da solo a far la guardia al suo pianeta, noi e la nostra amica abbiamo deciso di fare scena muta. All you need is love!

Grazie!

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