Basta un titolo. Certo, non è detto. Perché non è da tutti. A volte però basta. A definire un’atmosfera. A far calare il grigio delle ombre. A dichiarare guerra. A penetrare l’animo e infondergli il sapore dell’attesa, dell’imprevisto, della catastrofe. Forse il titolo del nuovo disco dei Massimo Volume è il più suggestivo della loro storia artistica, forse è quello più aggressivo. Esplicita una forza comunicativa come solo certa letteratura alta è stata capace. Dire tutto fin dal titolo è questione di talento e di sintesi. Di un mondo in rovina, in tormento, in marea di inquietudine si scrive il suggello. Aspettando i barbari, e tutto si ferma in una sospensione emotiva, ben rappresentata dagli occhi spalancati di una delle due sorelle del dipinto di Ryan Mendoza, scelto per la copertina di un disco importante, che si distacca anni luce dal resto della musica odierna. Perfetto nella ritmica, tagliente nei ricami intrecciati delle chitarre, evocativo nell’elettronica a cesello, sublime nelle cattedrali testuali. La voce questa volta veste le rime, estremizzando la forza mantrica di una band che ha dato prova, ancora oggi, di sapersi spingere oltre se stessa.
Aspettando i barbari non concede scampo, attimi di tregua. Scorre urgente, spigoloso, senza alcuna movenza da ballad, per intenderci. Fin da Dio delle zecche (dove il testo ha la paternità di Danilo Dolci) il mood dell’intera opera esplode, mostrandosi stupefacente. La cena, primo singolo estratto, è simbiosi nobile della forza poetica di Clementi e della consistenza sonica della band tutta. Due brani che sono i due estremi degli universi osservati dall’occhio lucido e dal cuore immenso di un Clementi più ispirato che mai: l’universo che si apre in scene private (La notte, Silvia Camagni, Da dove sono stato) e l’universo che si spalanca da vite che si fanno paradigma della genialità e del sogno alimentati da uomini, a proprio modo, rivoluzionari e visionari, come Fuller (Dymaxion Song), Chesnutt (brano omonimo), John Cage (citato in Dymaxion Song e Da dove sono stato), Danilo Dolci (Dio Delle zecche). Tutte figure, in qualche modo, in lotta, in guerra contro il mondo, spregiudicati e fragili, umani. La titletrack ha un tono da epica contemporanea, un’istantanea dell’attesa che si ciba di tensione. Compound può essere considerato il manifesto del disco, raramente letteratura e rock (in Italia) hanno osato insieme così grandiosi. Uno scenario da macerie delle nostre futili perfezioni.
Aspettando i barbari è un disco apocalittico, feroce, scuro e oscuro, ipnotico nelle reiterazioni. Ancora una volta i Massimo Volume splendono di una Bellezza estrema.
Credits
Label: La Tempesta – 2013
Line-up: Vittoria Burattini: Batteria,Percussioni, Voce) – Emidio Clementi (Voce e Testo, Bassi, Sintetizzatore) – Stefano Pilia (Chitarre, Bassi, Sintetizzatori) – Egle Sommacal (Chitarre, Voce). Marco Caldera suona il synth in Aspettando i Barbari e il sampler in La Notte, i field recordings in Da Dove Sono Stato sono di Massimo Carozzi. Prodotto da Massimo Volume e Marco Caldera. Registrato da Marco Caldera tra il novembre 2012 e il maggio 2013 presso il Red Carpet Studio di Brescia, il Massimo Volume Home Studio e il Vacuum Studio di Bologna (assistente di studio Bruno Germano) e da Stefano Pilia presso il Blind Sun Crows Studio di Bologna. Mixato da Marco Caldera nel giugno 2013 presso il Red Carpet Studio di Brescia (assistente di studio Lorenzo Caperchi). Masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Mastering di Tredozio (FC). In copertina per gentile concessione dell’artista “This has nothing to do with you” di Ryan Mendoza.
Tracklist:
- Dio delle zecche
- La cena
- Aspettando i barbari
- Vic Chesnutt
- Dymaxion Song
- La notte
- Compound
- Silvia Camagni
- Il nemico avanza
- Da dove sono stato
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