Rock will never die, come dicevano i mitici Michael Schenker Group. Da Milano arriva il rock che arde e disperde brandelli di sopravvivenza. Il trio meneghino Emoglobe è la vera novità dell’underground italiano degli ultimi mesi. Propongono un’alternative rock in cui l’elettronica non invasiva pone l’accento sul caleidoscopio di sfumature che caratterizza il loro sound. LostHighways è entrato nelle strade sotterranee del loro omonimo album di debutto (Emoglobe, 2008), investigando la visione compositiva, la collaborazione artistica con Marco Trentacoste (Deasonika) e le impressioni del loro recente tour in USA. Ricordate gli Emoglobe: un gruppo italiano solo per il passaporto!
Il rock che proponete è un caleidoscopio di colori in cui predomina il nero della copertina, quello dell’alternative rock che non satura mai e non dimentica la melodia in chiave glam. Come nascono brani come l’intensa Fall?
Nel caso di Fall la composizione è stata immediata. Stavamo improvvisando in 6/4 ed è uscito il ritornello di getto il resto del brano, dopo una lunga sessione di prove durante un autunno di qualche anno fa. Da lì il titolo, che significa anche caduta. Il brano parla proprio di questo, di una caduta.
Kill me ha l’intensità di una ballad affascinante. Arrangiamenti perfetti per creare un’atmosfera di implosione unica. Me ne parlate?
Sì, Kill me è la breve cronaca di un’implosione. Nasce da un’improvvisazione di Gianluca e Francesco, il resto è arrivato dopo, perchè per un periodo abbiamo lavorato a distanza. L’aver avuto tempo a disposizione ha fatto sì che si potessero affinare molto gli arrangiamenti, ha una struttura semplice ed essenziale e quindi si è prestata molto alle sfumature e ai cambi di dinamica.
Che ruolo ha giocato in quest’album Marco Trentacoste?
Fondamentale. Marco ha seguito il progetto dalla cernita del materiale (gli undici definitivi sono la scrematura di una ventina di brani), al glass master. E’ grazie a lui che abbiamo potuto portare a termine il lavoro.
La voce di Gianluca è multicolore. E’ graffiante e suadente allo stesso tempo. Quanto è importante la parte cantata nella vostra musica?
Moltissimo, la voce di Gianluca può fare la differenza anche in brani che al primo ascolto sembrano meno trascinanti. La compattezza del sound assieme alla voce di Gianluca sono il nostro punto di forza.
Tre parole per definire il vostro sound.
Bianco, nero, verde.
Impressioni e ricordi del vostro tour estivo in USA?
Ricordi troppi e di ogni tipo. In un mese abbiamo conosciuto molta gente e molte band, inaspettatamente anche italiani come i cuneesi Bad Bones. E’ stato faticoso ma sicuramente appagante e stimolante. L’impressione media è che anche musicalmente gli USA non stiano passando uno dei loro momenti migliori.
La sinergia dell’elettronica e del rock ai fini della ricerca dell’innovazione stilistica…
Più che dell’innovazione, ai fini della completezza. Non crediamo che l’uso dell’elettronica sia particolarmente innovativo nel rock, piuttosto pensiamo che allarghi la visione compositiva del gruppo e che, in molti brani, sia un colore la cui presenza è fondamentale, più che un elemento aggiuntivo.
I vostri cinque album della vita?
Pink Floyd: The Dark Side of the Moon; Police: Regatta de Blanc; Nirvana: Bleach; Nine Inch Nails: The Downward Spiral; Stone Temple Pilots: Purple.
La musica indipendente in Italia e all’estero in che condizioni versa?
In Italia la situazione non è sicuramente felice; in molti ruoli chiave mancano le competenze e quando cerchi di organizzarti e promuoverti tutto si muove molto lentamente e troppo faticosamente; i risultati che si raggiungono spesso fanno pensare che, in questo paese, la musica di un certo genere possa essere solo un hobby (costoso) e non un lavoro. Per quel che abbiamo potuto vedere anche all’estero non sono anni d’oro, ma mediamente il livello di professionalità è molto elevato e le cose scorrono più fluidamente.
MySpace, LastFm, e più in generale internet, possono scardinare il filtro del mainstream verso generi musicali che non trovano più spazio?
Sicuramente! Quest’intervista ne è la diretta dimostrazione, anche se il cambiamento è stato repentino e ha causato molti scompensi soprattutto in un mercato discografico fragile come quello italiano. Internet e i formati digitali hanno stravolto, e continuano a farlo, i canoni di creazione, esposizione e fruizione della musica ed è anche su questi temi che si gioca l’innovazione musicale.