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Tutto come prima – Macno

Scorrono, ventiquattro al secondo, fotogrammi rifrangenti luce empirica, gesti impavidi, intuizioni limpide, taglienti. Scorrono, illuminati due volte ciascuno, a creare l’illusione del movimento, del contrarsi e dilatarsi del tempo dentro allo spazio-alveo della reminescenza, dell’insidia, dei presagi, dell’esperienza. Le passione, seduttrici e sedotte, motori immobili di ciascun racconto e di questa storia, si specchiano nella lente di una macchina da presa che corre sui binari paralleli delle incidenze, delle coincidenze, guidata dalla mano ferma di una sensibilità che riesce a tradurre in linguaggio le metriche sfuggenti, meschine, delle illusioni, della disillusione. Colui che osserva e l’oggetto del suo sguardo riempiono l’inquadratura; in controcampo domina il sentimento, il bianco e nero del sentimento, con i propri aggettivi corrotti, la propria onestà, la puerile indulgenza dei se, dei tuttavia. La sceneggiatura si compie in prima persona singolare, come la vita. Io è il centro, la gravità, la corrente, la direzione. Tu è l’altro da sé: l’essere amato, il dubbio, il desiderio, la fuga, la normalità, la notte, la morte. Colonna sonora in sé e di se stesso, Tutto come prima è una perla d’essai, intensa pellicola di canzoni, undici canzoni d’autore, d’indole rock, d’eco pop, dalle atmosfere umorali, romantiche, mature, di sonorità d’impatto, lucide, di forte fascino. L’editing dell’album rivela una regia particolarmente attenta alle fessure, agli spiragli, a quelle crepe d’anima in cui s’insinuano la meraviglia e lo stupore, il disprezzo e la paura, la prudenza e l’ossessione: gli archi, le chitarre acustiche, gli strumenti a tastiera tolgono dall’ombra le sfumature, le accentuano; la chitarra elettrica afferra l’armonia e la consacra al temperamento del dettaglio, del tratto somatico distintivo; basso e batteria inanellano un substrato ritmico ipnotico, seducente, a tratti calpestio, allusione, palpito. Undici protagonisti, ciascuno con il proprio peculiare sguardo appoggiato nella polpa degli accadimenti: la voce afferra le loro parole, le possiede, le modula in un canto che attraversa le immagini perché possano essere carne, vita, rivelazione; il diaframma è il bandolo di una matassa di tormento, beatitudine, lucidità, coscienza. Su Confusione scorrono i titoli di testa di un’opera seconda che sceglie se stessa, che si allontana dalle sonorità del passato ma lo fa tenendole per mano, viziandole, conducendole in una nuova penombra, quella di Il mio peccato, inattesa penombra acustica, ammaliante, che sposa la ferocia del disincanto con un anello di leggerezza, di fluidità. I chiaroscuri ora pulsano, sono cuori aperti, oltraggiati, veri: Nessuna stima gratuita, Ogni maledetta notte, Lontano, lontano, lontano mostrano i tendini, percorrono i luoghi delle vene, insegnano il non-senso dopo aver imparato le cicatrici, quando dei lividi non è rimasto altro che l’alone grigio della consapevolezza, il vizio viola di una cinica risata. Il crepuscolo si è fatto equilibrio, delicatezza che divampa in un rossore intenso, nelle sfumature blu di un soffitto arresosi al finito, all’impossibile: In controluce rapisce mostrandosi nuda, corpo perfetto, alibi di simmetrie, di una bellezza disarmante; Baci rubati incanta, frammento di Nouvelle Vague, sottile gioco di corde e di citazioni (Truffaut, Hitchcock), carezza nostalgica, languida. La decadenza è occasione di liberazione, di forza, di inflessibile autenticità: Mario b. , deus ex machina della propria sorte, ha la schiena dritta della verità, la compostezza solida delle decisioni prese, un sound che incombe, che non sussurra l’inevitabile ma lo decreta, lo implora; il Mastroianni di Un’altra goccia, fermo immagine di se stesso, si spoglia di ogni pudore, s’arrende al proprio cuore rotto e sputa la propria sentenza rock con l’insolenza pop dei vinti-vincitori; l’indolente, immobile spettatore di Ultimo giorno d’estate monologa il proprio oriente personale attendendo tutto il vuoto che ancora non c’è, scegliendo la bellezza, tormento invisibile, contemplandola d’accordi, assolvendola. Ed infine eccola, Tutto come prima, Parigi necessaria, schiudersi sulle periferie di Come prima, mostrando il fianco delle casse armoniche, scoprendo le carte di un’ugola sinuosa, commuovendo, calando un sipario d’emozione sui propri bastioni in fiamme. I Macno stringono fra le mani un solitario di rara qualità montato sull’oro grezzo dei propri talenti esclusivi. Ce lo porgono impreziosito dalla complice dedizione di Marco Ambrosi, dall’esperienza di Lorenzo Ori, dalla partecipazione di artisti come Simone Lenzi, Lele Battista, Nicola Manzan, Gianluca Lo Presti. A noi non resta che indossarlo, come una vanto, un’occasione, una promessa.
“E quando ti sei svuotato di tutti i contenuti – pensieri, desideri, ricordi, proiezioni, speranze – quando tutto se ne è andato, per la prima volta trovi te stesso, perchè tu non sei altro che quel puro spazio, quello spazio intatto dentro di te.” (Osho Rajneesh).

Credits

Label: La Scala Dischi/Venus – 2008

Line-up: Mimmiz (voce) – Saro De Giacobbe (chitarre) – Alessandro Pace (basso); con: Marco Ambrosi (chitarre, bouzouki) – Alessandro Nespoli (batteria) – Manuel Franco (batteria) – Nicola Manzan (archi) – Gianluca Lo Presti (piano, rodhes, moog) – Lele Battista (piano, mellotron track 8 ) – Simone Lenzi (voce track 5) – Claudio Chiari (claudio chiari) – Registrato e mixato da Lorenzo Ori @ Loz Studio (BO); Titolo liberamente ispirato al pensiero di Osho Rajneesh

Tracklist:

  1. Confusione
  2. Il mio peccato
  3. Nessuna stima gratuita
  4. Ogni maledetta notte
  5. In controluce
  6. Mario b.
  7. Un’altra goccia
  8. Baci rubati
  9. Lontano, lontano, lontano
  10. Ultimo giorno d’estate
  11. Come prima

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