A volte Bologna sa essere davvero una città incredibile. Non sempre, ma spesso ci riesce, nonostante le sue enormi contraddizioni. Sto parlando della Bologna da vivere, da gustare in tutte le sue proposte artistiche, culturali e di intrattenimento.
Sabato 22 Febbraio è stata una giornata particolarmente ricca per i bolognesi ed i tanti che hanno raggiunto la città per i vari eventi musicali oggetto del (troppo?) affollato programma della serata.
Personalmente ho sposato questo itinerario: aperitivo con concerto di Terje Nordgarden al Bar Modo di Bologna (inModoAcustico), poi di corsa all’Estragon per il live di Anna Calvi.
Bravo, anzi bravissimo, come sempre il cantautore norvegese ha offerto un’esibizione calda e sincera, emozionante nella sua splendida semplicità frutto dell’amalgama di altrettanto semplici ingredienti: chitarra, forte personalità, magnifica voce e ottime canzoni da proporre (in buona parte pescate dal suo ultimo album Dieci, un omaggio alla scena musicale italiana che lo ha adottato da appunto un decennio).
Tra bicchieri di vino, boccali di birra, sorrisi e qualche chiacchiera di sottofondo, nell’intimo ed informale ambiente del Modo il concerto di Nordgarden si è concluso quando ormai temevo di essere in ritardo per il live di Anna Calvi.
Un saluto a Terje ed agli amici, poi passo speditissimo verso l’auto e via verso l’Estragon, dove la gentile Anna pare aver atteso proprio me.
Sono abbastanza vicino al palco, sulla sinistra. Dalla mia posizione lievemente defilata riesco a vedere una piccola ombra femminile sul lato opposto; abbraccia calorosamente una sagoma maschile ben più grande. Sembra essere una bambina affettuosa che salta al collo del suo migliore amico, ma pochi passi verso il palco bastano a svelare l’esile figura di Anna Calvi avanzare insieme al tastierista Glenn Callaghan; dietro di loro il batterista Alex Thomas e la polistrumentista Mally Harpaz.
Il concerto inizia tra i calorosi applausi del pubblico. Le note di Suzanne and I arrivano alle orecchie con delicatezza, la voce splendida ma composta della Calvi appare timida. Lei, una diva dal fascino ammaliante, è piccola piccola dietro quella chitarra appoggiata alta sul suo ventre.
Non avevo mai visto Anna Calvi dal vivo, e la immaginavo diversa. La immaginavo fisicamente più maestosa, con una corporatura forte e potente come la sua voce, alta come la sua musica vuole essere.
Lei invece appare quasi indifesa lì sul palco… una gatta, che però dopo pochi istanti si trasforma in un elegante e furioso puma.
Sulle note di Eliza la potenza vocale della Calvi incute timore e rispetto, proprio come usano fare i felini con un ruggito o con quel caratteristico soffio. La ricca musica avvolge ogni cosa, completamente, ma lei spicca sopra tutto, sontuosa.
Immobile, sopra i suoi tacchi neri, staticamente magnetica, dispensa parole struggenti da quello strumento incredibile che è la sua bocca tinta di rosso.
“Sing to me, Anna”. Lo pensano tutti intorno a me: raramente ho visto un pubblico così assorto, stupito, bramoso di godere in modo intimo e privato di ogni nota emessa dall’impianto dell’Estragon.
Suddenly si innalza tra i suoni fiabeschi che giungono dagli strumenti di Mally Harpaz (musicista che è stata al fianco della Calvi sia nel disco d’esordio che in One breath); il gusto retrò esplode nella forza romantica di First we kiss; la poetica western-blues di I’ll be your man strega tutti.
Distorsioni e sregolatezza impossessano l’anima della band: Love of my life esplode fragorosa nella furia mentre Piece by piece crea un mosaico di suoni moderni e vintage.
La bella cover di Fire (Bruce Springsteen) anticipa il brano della Calvi che in assoluto sembra ricordare maggiormente le sonorità del Boss: Desire.
Una sofferta Love won’t be leaving porta il pubblico a tacere assecondando i silenzi ed il tono suadente di Anna Calvi, sottovoce, sussurrato, fino ad innalzarsi, esplodendo nel crescendo musicale.
La band, sinceramente emozionata, saluta il pubblico. Un pubblico educatissimo che attende senza irrompere, che applaude a lungo tra un brano e l’altro strappando dolci sorrisi alla Calvi.
Dopo pochi istanti tutti e quattro sono nuovamente sul palco per chiudere con una triade di brani mozzafiato: A kiss to your twin, Blackout e Jezebel. Poi di nuovo i saluti dagli artisti che nei loro occhi riflettono tutto lo stupore impresso nel volto del pubblico.
Si accendono le luci e la musica in sala si alza piano. Il pubblico però continua ad applaudire ed Anna torna sul palco. Sola. Lei, la sua chitarra, e No more words per un commiato semplice ed intenso.
Quello di questa sera è stato un concerto memorabile per diversi aspetti: musica e voce di altissima qualità, ottimi musicisti sul palco, ed un clima davvero magnifico creatosi tra pubblico ed artista.
Anna Calvi ha mostrato nuovamente di essere una stella del firmamento musicale, con ancora tantissime strade da percorrere e sperimentare, errori da commettere, rossetti da consumare, brani per stupire. Oltre alle doti tecniche (voce superba, e sul palco l’unica chitarra era la sua), le qualità che distinguono Anna Calvi da tutto il resto che solitamente ascoltiamo è indubbiamente la classe e l’eleganza che porta in ogni brano e su ogni palco. Non è una questione di semplice charme, ma di stile. Uno stile artistico forte, innato nel principio ma anche costruito con consapevolezza.
Anna sul palco porta fierezza. Una qualità di pochi, un’energia magnetica indescrivibile, un mistero inespugnabile ma al contempo fragile. Sarà una grande, come poche donne nel mondo del rock sono veramente.
(Fotografie di Enrico Fiorasi)