Alcuni concerti li attendo con maggiore trepidazione di altri. Credo sia naturale: questione di gusti personali, di curiosità, ma a volte anche per via di questioni anagrafiche. Il 7 Marzo 2014 alla “data zero” del tour di Hai paura del buio? [remastered/reloaded] volevo esserci assolutamente, per il semplice motivo che nel 1997, quando iniziò il tour dell’album originale, io non c’ero. Sono arrivato tardi, ho perso il treno (in senso figurato). Avevo undici anni. Probabilmente, oltre alle sigle dei cartoni animati, ascoltavo gli 883. Non ricordo bene, o forse ciò che ho ascoltato dopo è riuscito bellamente a coprire nella memoria tutto il superfluo.
Ed è così che venerdì mi sono riappropriato di un passato che doveva essere mio. Al Vox di Nonantola, cittadina nella Bassa tra Modena e Bologna, sede di uno dei locali storici di quel rock che un tempo si spingeva nelle periferie, in questo magnifico “non luogo” si è tenuto un concerto che tutti i presenti ricorderanno a lungo.
Hai paura del buio? è un album riconosciuto come pietra miliare della musica rock italiana, ed oggi viene celebrato dagli stessi Afterhours con una ricca riedizione e un tour che ripropone l’intera tracklist. Hai paura del buio? è un album complesso, composto da ben diciannove brani, si tratta del secondo disco cantato in italiano, concepito in un periodo particolarmente difficile nella storia della band e quindi anche il più eterogeneo e libero da ogni tipo di costruzione.
Oggi la formazione della band, che nei tantissimi anni di carriera ha subito diversi mutamenti, gode della presenza di tre membri su sei che quel disco e quel tour lo suonarono, lo respirarono, lo vissero con tutto ciò che ha comportato nelle loro vite: Manuel Agnelli, Giorgio Prette e Xabier Iriondo.
Gli altri attuali membri della band, Giorgio Ciccarelli, Roberto Dell’Era e Rodrigo D’Erasmo non hanno vissuto in modo diretto ciò che fu ai tempi Hai paura del buio?, ma come ha detto il violinista Rodrigo, questo evento è importante per tutti, “Per chi c’era e per chi non c’era (come me) ma ora c’è. Eccome”. E lo stesso vale anche per me, e per tanti del pubblico raccoltosi a Nonantola per questo varo di un tour eccezionale.
Le luci si spengono e sull’altissimo palco del Vox appaiono i sei, vestiti con l’eclettico stile d’un tempo, di quel tour, dei videoclip. Abiti anni ’60 che Xabier amava cercare nei mercatini dell’usato. Mi pare di riconoscere addosso a Manuel il completo che portava, legato alla dondolante asse di legno appesa al soffitto, nel video di Voglio una pelle splendida.
È compito di Giorgio Prette, e del suo dito indice, a centro palco dare il via allo spettacolo mentre il pubblico è già in delirio (alcuni nelle prime file mostravano orgogliosi una vecchia scaletta cimelio del tour di diciotto anni fa).
L’intro di Hai paura del buio? e poi la lisergica 1.9.9.6., Male di miele, Rapace, Elymania, Pelle, Dea e pensi che forse nessun disco rock italiano è mai riuscito ad eguagliare tanta grandezza nei primi sette brani!
L’angoscia di Senza finestra anticipa Simbiosi, con le voci di fondo emesse da un vecchio mangianastri azionato da Manuel. La preghiera di Voglio una pelle splendida lascia lo spazio al delirio claustrofobico di Terrorswing per la quale tutta la band si è coperta il volto con maschere di cani di disneyana fattezza.
Nella zona centrale di fronte al palco scatta nuovamente il pogo del pubblico sulle note furenti di Lasciami leccare l’adrenalina per poi abbandonarsi stremato nell’asfissiante incedere di Punto G.
Tutta la band mostra sul palco un’energia contagiosa, come quel Veleno devastante e tossico cantato nella quattordicesima traccia dell’album.
Al pianoforte Come vorrei piroetta e saltella nell’aria sostenuta dal lieve sfregare di archetto e corde di violino. I suoni distorti di Questo pazzo mondo di tasse e le note disarmoniche di Musicista contabile fermano il tempo in un limbo nel quale il pubblico riprende il fiato sapendo cosa spetterà a loro da lì a pochi minuti: Sui giovani d’oggi ci scatarro su è una vera e propria deflagrazione di suoni, corpi, sudore e birre nell’aria.
Con Mi trovo nuovo si conclude la scaletta di quell’incredibile disco, ma il concerto non può finire qui. Dopo una breve pausa nella quale il Vox non si è mai interrotto nell’acclamare e richiamare la band sul palco, ecco riapparire i sei sul palco sorprendentemente travestiti da bambine, proprio come accadeva nell’ancora più datato tour di Germi, con la stessa benedetta voglia di prendersi in giro, con la coscienza di apparire ridicoli e quindi liberi da ogni cliché. Per l’occasione Xabier indossa un vestitino grigio con raffigurate grandi mani nere, lo stesso che è possibile vedere nel videoclip del brano Germi.
Siete proprio dei pulcini e Plastilina chiude il set “delle bambine”; gli Afterhours tornano sul palco in abbigliamento nero, a meglio impersonare l’ultimo corso della band.
I brani di Padania riescono ad inserirsi bene nella scaletta, nonostante i tanti anni che li dividono dai precedenti pezzi. Spreca una vita, Costruire per distruggere, Io so chi sono forti della loro schizofrenia non scostano eccessivamente l’atmosfera costruita durante tutto il concerto. Padania è il brano che chiude questa ultima parte di concerto. La band saluta tutti e se ne va, ma il pubblico continua ad acclamare mentre gli assistenti di palco sistemano ancora gli strumenti dando da intendere che c’è in serbo ancora qualche sorpresa.
Una sorpresa difficile da prevedere, effettivamente! Il concerto non finirà sulle note di Ballate per la mia piccola iena o Quello che non c’è o Non è per sempre. Il concerto finisce con una splendida b-side, come un’eco che proviene da un anfratto buio della mente. Si tratta di Televisione, brano uscito nel singolo di Male di miele.
“Come un assassino / prima o poi / ci si abitua a tutto / anche a quel che sei“. Consapevolezza, coerenza, determinazione sono le caratteristiche che hanno contraddistinto la storia degli Afterhours in tutto il loro percorso. Personalmente li ringrazio per avermi concesso di riappropriarmi di un qualcosa che sento mio, quel 1997 che non ho potuto vivere e che venerdì è diventato ancor un po’ di più parte di me.
A volte penso che assistere ad alcuni concerti sia un onore, un privilegio, perchè se si potesse pesare su una bilancia a bracci ciò che da esso si riceve e ciò che si riesce invece ad offrire in cambio, sarebbe evidente il debito che ognuno di noi ha verso chi da un palco (e tanto ancor di più nei luoghi dell’anima dove si schiudono note e parole) crea per sé, per noi, per chi ha orecchie per ascoltare e cuore per vivere davvero. (Si ringraziano Francesco Carlucci e Roberta Accettulli)
Gallery fotografica di Emanuele Gessi