Ci sono concerti che restano sotto pelle, che ti porti dietro fino a casa sotto le coperte. Quello del songwriter canadese Barzin è stato uno di quelli. Ogni nota, ogni verso cantato è andato a segno, ha disarmato il pubblico accorso numeroso per un intimo live al Cabaret Port’Alba di Napoli. Ancora una volta un enorme grazie va a Marco Stangherlin, che è tra quei pochi napoletani che cercano di organizzare concerti di qualità in una città molto difficile a recepirli. È stato tutto magico e perfetto, dall’opening act MR Milk in pieno mood Barzin fino alla band che ha accompagnato l’artista canadese di origine iraniana. Jesse Turton (basso elettrico), Nicholas Alexander Zubeck (chitarra elettrica e lap steel), Amy Beth Manusov (vibrafono e backing vocals) e Marshall Adam Bureau (batteria) sono stati araldi di un set avvolgente e delicato. Ci siamo trovati davanti ad un esemble che riusciva bene a distillare i chiaroscuri della poetica di Barzin. Le dinamiche compatte di To live alone that long summer sono state rilassate, le voci di Barzin e Amy scorrevano all’unisono sui binari sinuosi delle ritmiche di Without your light e All the while. C’è stato spazio anche per tuffi nel passato: Past all concerns, Nobody told me e Let’s go driving. La presenza più scenica sul palco è stata quella di Amy che con quel vibrafono mostrava una leggiadria di movimenti incantevole quasi a voler accarezzare ogni nota suonata. C’è stata poi la cover che non ti aspetti: Cross the Road di Jason Molina, eseguita con un ospite particolare, un amico iraniano che ha suonato magistralmente il santur, uno strumento tradizionale iraniano, regalando così la classica ciliegina sulla torta a tutta la serata. Con balzi tra passato e presente, tra le perle dell’ultimo album c0me It’s hard to love blindly e Fake it ‘till you make it le e perle dei precedenti dischi come My life in rooms e Queen Jane, si è concluso il live. In questo sotterraneo stasera ci siamo resi conto che quei brividi che ci hanno attraversato sono stati scatenati dalle vibrazioni di un essere umano senza pelle che è riuscito ad intrappolarle in un miracolo che si chiama canzone. L’intimità che mi aspettavo di ritrovare in un live di Barzin non sono state disattese. Un intenso ed emozionante concerto, come raramente accade.
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