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Le due anime di una band: intervista ai Portfolio

intervista_portfolio_IMG1_201407Arrivano dell’Emilia Romagna, sono giovani ma hanno le idee molto chiare e una grande esperienza sul palco. Il loro disco, Due, è uno dei migliori album di questa prima parte dell’anno. Loro sono i Portfolio ed è con grande piacere che li abbiamo intervistati.

Innanzitutto grazie della vostra disponibilità a chiacchierare con noi. Devo dire che Due mi ha colpita immediatamente, al primissimo ascolto e non mi capitava da un po’. Complimenti! Vorrei iniziare con una domanda semplice: da cosa nasce il nome Portfolio?
Il nome Portfolio nasce da un’idea del nostro primo bassista. Ai tempi frequentava un corso di fotografia ed era in ritardo con la presentazione del suo portfolio finale. Proprio in quel periodo stava nascendo il gruppo e ha deciso di presentare come portfolio proprio i Portfolio.

Fin dal titolo del vostro album avete scelto di sottolineare la sua duplice natura che si percepisce innanzitutto nel doppio registro musicale. La prima parte del disco è infatti più ritmica, più leggera e anche ironica. Penso a To The Right e Riviera. La seconda è più strumentale, più legata al post rock tanto da culminare nei 16 minuti di Three songs about Lenin. Come nascono e come avete unito queste due anime?
Come hai detto, il disco presenta due gruppi di canzoni con atmosfere diverse. Dopo il lavoro sul primo disco The standing babas, sentivamo l’esigenza di suonare qualcosa di più mosso, ritmico. I primi pezzi del disco sono nati con questa intenzione. Altri brani invece sono nati su commissione, se così si può dire. La cover di Criminal World, ad esempio, ci è stata proposta per una compilation sul glam rock (Well I’m just a modern guy) e Three Songs About Lenin è nata dalla sonorizzazione dell’omonimo film di Dziga Vertvo per un progetto su immagini e musica seguito insieme ai Giardini di Mirò.

La dualità del disco è sottolineata anche dalla presenza di due voci femminili: Laura Loriga e Claudia Domenichini. Come mai questa scelta?
Laura Loriga ha partecipato anche alle registrazioni del primo disco e la collaborazione è proseguita naturalmente. Il primo brano Beauty, invece, era nato come idea anni fa nel periodo in cui la nostra cantante era Claudia Domenichini. Abbiamo voluto che fosse lei a cantarlo in questa versione definitiva.

intervista_portfolio_IMG2_201407Al disco ha partecipato anche Yukka Reverberi dei Giardini di Mirò. Come è nata la collaborazione con lui?
Abbiamo conosciuto Jukka durante la frequentazione di un corso su immagini e musica svolto nel 2013. Lui ci ha aiutati nella sonorizzazione del film Three songs about Lenin ed è stato poi disponibile a suonare la chitarra nella prima parte della suite.

I Giardini di Mirò arrivano dal cuore dell’Emilia Romagna, come voi, come gli Offlaga Disco Pax. Mi pare di capire che ci sia una scena musicale molto attiva attorno a Reggio Emilia. Che ne pensate? E quanto ha contato nel vostro percorso musicale, il territorio in cui vivete?
Noi veniamo da Castelnovo ne’ Monti e fino a una decina d’anni fa c’erano molti gruppi, tutti suonavano. Dalle nostre parti sono usciti gruppi importanti come CCCP, Ustmamò, Giovanni Lindo Ferretti. Abbiamo un conservatorio pareggiato a Castelnovo e la musica è sempre stata importante. Negli anni poi siamo scesi alla pianura fino a Reggio Emilia e abbiamo conosciuto di persona i componenti di altri gruppi importanti come Julie’s Haircut, Giardini di Mirò e Offlaga. Questo è stato sicuramente stimolante e importante per la definizione del nostro modo di suonare.

Tornando a Due, una delle canzoni che mi ha maggiormente colpita è Riviera. L’ho trovata coraggiosa: un esempio di contaminazione di generi perfetto. Raccontateci qualcosa della sua creazione.
Riviera è un pezzo su cui abbiamo lavorato molto. L’intenzione era di fare risultare scorrevole e piacevole all’ascolto una serie di parti abbastanza distanti tra di loro. Il pezzo è nato nel periodo in cui cercavamo di lavorare a cose nuove con tempi più veloci e peso specifico più basso. Siamo riusciti a contenerci fino al finale, dove la parte di organo riporta alle atmosfere del disco precedente.

Restando in tema di contaminazione, Three songs about Lenin è nata per sonorizzazione un film. Ho due domande in proposito. La prima è: come mai avete scelto di includere nel disco un brano così lungo? È una scelta coraggiosa di questi tempi… La seconda domanda è: avete in cantiere altri progetti di sonorizzazione o più in generale di contaminazione tra generi di arti diversi?
Abbiamo valutato la possibilità di spezzare Three songs about Lenin in tre tracce separate sul disco. Ma questo snaturava l’identità del pezzo. Era nato come brano unico e così doveva finire nel disco. Pur essendo piuttosto lunga, all’ascolto scorreva piuttosto bene secondo noi. Ed essendo Due un lavoro abbastanza differenziato, abbiamo pensato che poteva starci in maniera integrale.
Ci piacerebbe finire di sonorizzare tutto il documentario di Vertov. Per ora abbiamo 17 minuti fatti, ne mancano circa 30… però sarebbe bello finire il lavoro e proporlo dal vivo.

intervista_portfolio_IMG3_201407Chiudo con una domanda che da un po’ di tempo facciamo a tutti gli artisti con cui abbiamo la possibilità di dialogare. Vi chiediamo una vostra piccola playlist musicale. 5 brani che vi hanno influenzato nel vostro modo di fare musica o semplicemente quelle canzoni di cui non potreste fare a meno… o ancora quelle che state ascoltando in questo periodo. 5 canzoni che ci raccontino un altro po’ di voi.
CIssy Strut dei The Meters, Machine Gun dei Portishead, Night of the Iguana dei Cinematic Orchestra, Amidinine di Bombino, Nemesis di Aaron Parks.

Three songs about Lenin (song 2) – video

Playlist – Spotify

 

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