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Liscio o “freejazzante”? Intervista a Mirco Mariani (Saluti da Saturno)

inte_salutidasaturno_IMG1_201409Quante parole si possono spendere per la musica? Tantissime! Quanti aneddoti? Quante risate? Senza fine. Abbiamo parlato con Mirco Mariani dei Saluti da Saturno, era una mattina estiva all’interno del suo Labotron. Siamo stati guidati in un mondo che parte dal cantautorato italiano, passa per i mellotron e arriva fino al liscio… per poi scoprire che invece era tutto il contrario, o forse un tutt’uno. In fondo è musica, senza limiti.
Questa lunghissima chiacchierata è piena di spontaneità, che è un dettaglio fondamentale se si parla dei Saluti da Saturno. Mai un artista si era aperto a noi in modo così totale, esuberante, sincero. Pensate di non leggere un’intervista, ma di stare nascosti tra le piante in un piccolo ma luminoso cortile di un palazzo di Bologna, ad origliare un fiume di chiacchiere tra due amici.(Si ringrazia SferaCubica per la collaborazione – foto di Pietro Bondi).

Intorno a me vedo una marea di strumenti ma raccontami tu cos’è il Labotron: mi pare di capire che questo luogo sia il tuo personale “paese dei balocchi”…
È uno dei miei sogni. Creare uno spazio per questi strumenti, i mellotron. È un laboratorio, ed anche una salagiochi! Mi diverto tantissimo. È come per un appassionato di automobili avere un garage con auto d’epoca da curare quotidianamente. Di questi mellotron un paio non funzionavano per niente, e vederli pian piano mettersi in moto, partire, tornare in forma… è stato bellissimo. Ho lavorato molto per metterli a posto, ho speso dei soldi, perchè ci tenevo che non fosse una semplice questione estetica: questo doveva essere un luogo dove si suona, si sperimenta. Mi piacerebbe fare proprio anche delle sonate, musica classica, contemporanea o barocca, coinvolgendo dei compositori. Questi strumenti hanno una grandissima potenzialità, più di quanta pensassi prima di conoscerli a fondo. La maggior parte dei mellotron ha tre suoni ma alcuni, come quei due più grandi che vedi lì, ne hanno sessantaquattro! Poi hanno smesso di produrli perchè costavano troppo e si inceppavano sempre, visto che sono strumenti davvero complessi. Non hanno semplici nastri ma dei grandi rulli con una meccanica complicata. Quello lì era della BBC: ha addirittura due tastiere che puoi suonare contemporaneamente, ed ogni tastiera è divisa in due parti quindi i suoni possibili si moltiplicano e puoi capire che strumento pazzesco era per quegli anni! Un emulatore di suoni incredibile, che permetteva, e permette tuttora, grandi cose.

Oltre a te chi si aggira solitamente qui? Cosa accade al Labotron?
Da quando ho annunciato l’esistenza del Labotron mi sono accorto che in realtà i mellotron non sono affatto degli strumenti dimenticati. Ora con internet tutti sanno un po’ di tutto, molti musicisti usano campioni digitali però non ne hanno mai suonato uno davvero. Così sin dai primi giorni c’è stato molto interesse per il Labotron. Tra le persone che sono passate di qua, Mitchell Froom è stato quello che mi ha dato più emozione… vederlo aggirarsi tra questi mellotron annuendo e sentirlo fare “ooooh… oooh!”: magnifico! È lui che mi ha fatto conoscere i mellotron quando ascoltai Kiko dei Los Lobos in cui lui suonava una splendida orchestrazione di sassofoni con il mellotron!
Un altro ragazzo passato qua è Francesco Bianconi dei Baustelle. Lui ha fatto esattamente quello che si dovrebbe fare dopo che si è stati al Labotron: qui ha provato gli strumenti, poi è uscito a comprarne uno!
È venuto anche Colapesce per registrare alcuni mellotron… ma io non avevo capito il giorno e non ci siamo trovati! I Jang Senato hanno invece registrato interamente il disco qui in pochissimi giorni. Poi è venuto Dimartino, Arto Lindsay, Paolo Fresu… è da poco che esiste, ma il Labotron è già molto attivo.

Se me lo consenti, farei un’intromissione nella tua vita privata. Spesso mi è capitato di scorgere la tua famiglia ai concerti. Su Facebook ho visto un video nel quale due bambine aiutano nel montaggio di un cristallarmonio! Cose incredibili per la quasi assoluta totalità dei bambini del mondo! Le tue figlie come vivono questo mondo nel quale sono immerse? La musica che ruolo assume per loro?
Sì, nel filmato sono Viola e Gilda. In questi giorni ho composto una musica al piano ed oggi mia figlia mi ha detto: “Babbo, torni questa sera vero? Perchè domani mi piacerebbe scrivere il testo della canzone!“. Io le ho detto: “Ma prima bisogna fare il titolo!” e lei ha risposto “No, no… penso che sia meglio fare prima il testo poi il titolo!“. Capisci? È già entrata in quella fase dove si inizia a ragionare veramente. Io non me ne accorgo, ma evidentemente loro sono già così dentro a questa “mia struttura” (poverette!) e vedo che in loro si accendono delle lampadine. Vedo che c’è voglia di creare qualcosa che non esiste. Quindi domani starò con lei e vedremo cosa salterà fuori!

Tu però non le forzi ad addentrarsi in questo mondo… ci si sono trovate dentro.
Sì, assolutamente. Anzi, quest’estate penso che sia la prima volta da quando sono musicista che mi sono preso una pausa: quasi tre mesi. Avevamo la possibilità di fare qualche data un po’ in giro ma ho preferito fermarmi. Anche perchè io quando parto, poi non mi ferma nessuno, e divento pesante; per la famiglia, per le bambine soprattutto, ho voluto rallentare, per riuscire a parlare anche di altre cose, perchè tendo ad essere un po’ monotematico!

Torniamo al Labotron: quali sono le attività attuali e future?
Proprio dal Labotron sta nascendo questo nuovo progetto che si chiama Dancing Balera. L’idea, nata con un occhio veramente romagnolo, è quella dell’orchestra moderna. Tutto è nato grazie a Riccarda Casadei, figlia di Secondo Casadei, e ci siamo trovati qui con Fiorenzo Tassinari (sassofono) e Moreno “il Biondo” (clarinetto). Io ho un grande rispetto del liscio suonato, non i karaoke o quelle cose lì… il liscio vero, l’orchestra! Dancing Balera vuole quindi unire alcune cose un po’ più fresche dei Saluti da Saturno ed il loro repertorio di liscio. Suoneremo insieme, in quattro-cinque sul palco. Penso che sarà una bella fusione.

Quindi la presenza del liscio, così forte ora nella tua musica, in realtà è qualcosa che c’è sempre stato?
Il liscio è stata proprio la mia partenza. Anche nel mio primo gruppo, i Mazapegul, il sogno era di creare un’orchestra spettacolo. Il mio obiettivo era diventare come quel bell’orchestrale settantenne, apparentemente quasi moribondo, che prendeva le sue pasticchine prima di suonare… poi non lo fermava più nessuno! Era così quando iniziai a suonare. Forse per via delle pasticchine, chissà, lui suonava cinque ore tranquillo mentre io non ne potevo più già da un pezzo! E devo dire che quello è stato un vero insegnamento. In quella fase lì, la musica è proprio musica, non c’è altro. È al servizio del pubblico: niente successo, niente soldi, niente fama, solo divertimento.
Tutto ciò poi pian piano per me è diventato lavoro. Con Capossela, per esempio, ho scoperto altre meraviglie che la musica può dare, come suonare in prestigiosi palcoscenici. Però alla lunga questo può appesantire. Nonostante io consideri Vinicio, insieme a Rava e Jimmy Villotti, tra i miei più grandi maestri con i quali ho suonato, moralmente mi stavo un po’ uccidendo. Mancava quella spontaneità di cui io sento il bisogno. Di fronte ad un pubblico affezionato, vasto e che magari ha pagato anche un biglietto costoso, hai delle responsabilità che inevitabilmente vanno a limitarti. Per come sono fatto io, non posso resistere molto: preferisco prendermi qualche rischio in più, come tu hai visto a Modena dove su otto persone presenti sul palco, ben cinque non si erano mai viste prima se non per qualche accenno di prove! Poteva venire fuori un macello incredibile…

La cosa particolare è proprio che, pur partendo e ritornando ad un contesto relativamente ristretto come il cantautorato ed il liscio romagnolo, in quei concerti di Modena e Lugo (Shaloma Locomotiva Orchestra) sei riuscito a radunare su un palco musicisti stranieri ed italiani di calibro internazionale.
Ti racconto com’è andata con Mitchell Froom. Praticamente quando c’era da preparare lo spettacolo mi è stato detto che si poteva provare ad osare un po’, così subito ho pensato a Mitchell. Solo che poi nella mente dicevo “Questo sta a Los Angeles e l’ultimo lavoro che ha fatto è il disco di Bob Dylan… come penso di andare a prenderlo?!“. Alla fine Niko, un ragazzo che è diventato un po’ il mio manager e mi segue sempre, è riuscito a trovare un contatto email quando mancavano solo tre giorni al termine per presentare il programma ai teatri… e Mitchell ha risposto subito! Ha detto che non voleva soldi, ma solo essere trattato bene con un buon viaggio. “Io conosco Mirco e voglio esserci“. Evidentemente aveva conosciuto qualcosa di me tramite internet grazie alla passione per i mellotron (non siamo in tanti) e forse nemmeno a lui capita spesso di essere chiamato per qualcosa di così insolito. Quindi è venuto a suonare, mi ha fatto degli splendidi regali… ma non è finita qui: ha voluto le registrazioni live, ed il 6 Agosto mixerá il disco nei suoi studi di Los Angeles!
La cosa più pazzesca è che quando è stato qua insieme agli altri musicisti gli è bastato un attimo e subito si è messo a dire a tutti cosa dovevano fare: sentiva la musica come sua, e grazie alla sua enorme professionalità tutto gli è venuto estremamente naturale. Poi pensa com’è piccolo il mondo: alla data di Modena c’era un manager al quale il concerto è piaciuto tantissimo, e subito è riuscito ad organizzare una cosa incredibile. Ad ottobre andremo a Londra con Shaloma Locomotiva Orchestra, e con noi sul palco ci sarà un’orchestra di archi del conservatorio.

inte_salutidasaturno_IMG3_201409Caspita! Complimenti.
Capisci cosa può fare la musica? Ma sai qual è la cosa più bella in assoluto? Che su quei palchi di Modena e Lugo sembravano tutti i capi orchestra.

Secondo te qual è il collante che riesce ad unire tutto?
Questa è la musica! Io non parlo inglese, ma con Mitchell Froom non serviva. Si andava, ci si capiva. Anche con Bruno Perrault, il musicista che ha suonato l’Onde Martenot… non mi era mai capitato di incontrare una persona che sapesse esattamente cosa si doveva fare con quello strumento, e sapesse cosa io stessi aspettando da lui, il tutto senza fare prove, senza conoscerci… e siamo anche diventati amici! Ad esempio Gianfranco Grisi, che suonava il cristallarmonio, dopo qualche giorno dallo spettacolo mi ha telefonato dicendo che doveva parlare con Jimmy Villotti (anche lui sul palco) perchè era scoccato qualcosa, doveva assolutamente parlarci: “Devo andare da Jimmy!“. Succedono cose incredibili con la musica. Incredibili.

Quindi confermi che il progetto Shaloma Locomotiva Orchestra continuerà?
Io spero proprio di sì. Saluti da Saturno è stata un po’ una rampa di lancio per altri progetti come questo. Ho bisogno di scollarmi un po’ da quel sistema musicale dei locali, delle band, dei festival: ci sono cose bellissime, ma poi mi trovo insieme a band dove sono tutti più bravi di me, più giovani di me, che hanno piu voglia di apparire. Io ormai cerco altro e lo trovo per lo più in contesti diversi. Più aperti, internazionali ed anche più rischiosi. Ad ottobre a Londra potrebbe essere che qualcuno dei musicisti che erano presenti a Modena e Lugo non potrà esserci… ed il fatto negativo potrebbe diventare risorsa per nuove altre collaborazioni! Nuovi scambi. Il cerchio si allarga!
Anche con Dancing Balera l’obiettivo è stimolante… se pensi ora alla musica romagnola, tu che sei di Bologna lo sai, pensi ad una musica un po’ maraglia! Diversa, per esempio, dalla musica napoletana che contiene anche delle vere e proprie opere. La musica romagnola è considerata molto leggera, ma in realtà ci sono delle melodie che fanno piangere. Ciao mare è un brano che è stato sempre suonato in quel modo perchè doveva far ballare, ma era stata scritta come brano malinconico: si pensava ad una ragazza che, conosciuta al mare l’anno prima, non si era piu rivista. Io ci voglio provare, se riuscirò e se ne sono capace, a ridare alla musica romagnola l’attenzione che si merita.
E tutto ciò è nato dal progetto Saluti da Saturno, che forse andrà a morire. Progetti che portano a conoscersi, a trasformarsi, a mischiarsi.

Per l’album Shaloma Locomotiva la scelta dei brani come è avvenuta?
Sono stato invitato ad un festival, ad Anghiari. Mi è stato chiesto di proporre una mia biografia in musica, così andai con Jimmy Villotti. Anche quella fu un’esperienza enorme! Jimmy mi chiese di poter chiudere il concerto con un pezzo suo di chitarra, nato lì sul momento perchè si era creata un’energia tale che non si poteva concludere con una canzone. Bisognava vivere quell’energia in modo originale ed autentico.
Quindi abbiamo fatto questo concerto che ci ha lasciato un po’ così, sconvolti. Il giorno dopo con i Saluti da Saturno siamo partiti per la Polonia per quella serie di concerti pazzeschi… a Cracovia una ragazza mi ha regalato un disco che aveva un nome strano, qualcosa che suonava come “zalon cracovia”… quel nome continuava a girarmi nella mente…
Ma ora ti svelo una cosa, e sei il primo a cui lo dico perche quando me lo chiedono dico sempre delle bugie. Sono molto appassionato della storia ebraica, quindi in quell’occasione non potevo non andare a visitare Auschwitz e Birkenau. Se ascolti l’intro dell’album, appunto il brano strumentale Shaloma Locomotiva, senti un treno che urla. Ora pensa a Birkenau, il cui ingresso è qualcosa di simile ad una grande porta con tutto il muro immenso intorno, in mezzo i binari ed il treno che arrivava carico di gente. A loro dicevano sarebbero andati a lavorare, ma lì andavano a morire. Là quindi ho visto il treno da cui “locomotiva”, poi ho pensato a quel suono, alla parola “shalom” (in ebraico “buon viaggio, che Dio ti benedica”). Ecco nato Shaloma Locomotiva.
Tornato a casa da questo viaggio ho avuto tanto da pensare. Noi viviamo in Italia, un paese potente e bellissimo, ma a Lipsia e Cracovia ho trovato cose che qui… si fa davvero fatica a trovarle. Un’accoglienza ed una curiosità che non puoi capire! Un fermento vero. Noi invece qui stiamo pian piano scivolando, tanto che forse sarebbe meglio fermarsi, aggrapparsi ad alcune cose e riflettere, ricominciare…
Quindi è da tutti questi stimoli che è nato il disco. Il Labotron era pronto e qui in tre giorni abbiamo registrato. Volevo fosse una cosa veloce, che vivesse di quell’energia appena provata.
L’altro giorno in radio John Vignola mi ha fatto una domanda e ci ho pensato molto. Forse ho davvero capito qual è il limite della musica in Italia… tutti ormai hanno uno studio in casa o qualcosa di simile. Però cosa succede? In questo modo la musica la strisci, la lavori, la riascolti, la strofini mille volte prima di dire “ok, va bene“. Forse così l’ammazzi. Se ascolti pezzi dei Beatles ti accorgi che ci sono sbavature anche grosse… i cembali a volte sembra che vadano da un’altra parte! Adesso non sarebbe più così. Qui al Labotron sono venuti gli amici Jang Senato a registrare. Ho detto loro: “Solo se vi fidate: sette giorni al massimo” e così è stato.

Quindi poi da Shaloma Locomotiva il passo a Dancing Balera è stato breve… ma già in fase embrionale c’era stato con una serie di concerti invernali, no?
Sì! Ma quello era stato un modo per fare un concerto festaiolo, che a volte può venire meglio, a volte meno bene… ormai lo sai: io devo sempre fare un po’ i miei numeri. Hai visto anche con Jimmy a Modena com’è andata tra risate e scherzi! Anche quando non vorrei, questo lato goliardico viene fuori! Il progetto Dancing Balera in realtà è anche più particolare: portare il liscio in luoghi dove non potrebbe mai andare da solo, come il teatro o un locale da concerti, e portare la mia musica in una balera.
Spesso c’è “snobberia” quando si parla di musica, invece bisogna essere aperti, ascoltare. Se Duke Ellington avesse avuto la possibilità di ascoltare alcuni musicisti di liscio, avrebbe detto “Ehi, qui c’è musica!“: sono convintissimo di questo!
Questa estate ho due ascolti: Raoul Casadei (nipote di Secondo) e Maria Callas. Quando sono festaiolo metto Raul, al mattino la Callas. Di Raoul ci sono dei brani bellissimi. Il Passatore, per esempio: “Questa è la triste storia di Stefano Pelloni, in tutta la romagna chiamato il passatore“, ci sono musiche e testi bellissimi! Ho una lista di brani che aggiorno continuamente, e ne scopro sempre di nuovi. Così mi preparo per il Dancing Balera: partiamo da Gatteo Mare, quindi proprio dalla tana del leone! Per me sarà poi qualcosa di speciale perchè per l’occasione torneró alla batteria dopo non so quanti anni… ed ovviamente con tutti gli strumenti che ho…  la batteria invece non ce l’ho più! Sentire quei sassofoni suonare, fare quelle voci “parapipipi parapapapapiripì…” mi veniva proprio di tenere il tempo… così ho deciso di riprendere la batteria che non suonavo da un tour internazionale con Vinicio!

Suonare la batteria è come andare in bicicletta?
inte_salutidasaturno_IMG2_201409Per me sì, e sai perchè? Perchè io non sono un batterista! Non ho tecnica, non ho mai fatto studi veri… però mi piaceva Paul Motian che era un batterista jazz che “toglieva” invece che “mettere”. A volte i batteristi possono anche un po’ rompere le scatole perchè aggiungono tanto. Quella è stata forse la mia fortuna per riuscire comunque a suonare con gente come Vinicio, nonostante ci fossero tanti batteristi ben superiori a me.

Dalla batteria al mellotron qual è stato il passaggio?
In parallelo. Ora torno al liscio ed alla batteria da dove ero partito. La mia prima uscita dal paese fu appena finita la seconda media, verso il mare con un’orchestrina. Quella giornata la ricorderò finchè campo! Eravamo in questa balera della quale non mi ricordo bene il nome, c’era un bell’orchestrale vecchio con il maggiolino, e poi c’era il tastierista che aveva un bell’hammond, una bella farfisa, e di quegli strumenti la cosa che mi colpiva di più era l’odore. Sai, il profumo del legno, un po’ come i libri in una soffitta. In quel modo senti la storia degli strumenti. Poi era tutto diverso: ora su un iPad puoi tenere i suoni di un’orchestra, invece per il liscio arrivava il tastierista con un cassone enorme con dentro l’hammond ed un organone che caricava sul pulmino!

Ci voleva passione!
Ci voleva una passione magnifica. E tra questo legno o le farfisa colorate, io ero piccolino ed affascinato. Mi portavano a suonare, mi davano da mangiare, e l’orchestrale mi dispensava consigli per il giorno dopo, bacchettandomi anche. Scuola su scuola. Quindi andavo avanti con la batteria, ma appena avevo due soldi… io compravo una tastiera! Il mellotron arrivò poi solo nel 1992 quando ascoltai quel disco dei Los Lobos, e con Mitchell Froom ora siamo amici… pazzesco!

È infatti divertente che ogni volta che ci vediamo mi parli di qualche tuo mito con il quale ti trovi a collaborare. L’ultima volta fu Arto Lindsay, ora Mitchell Froom, e non oso immaginare chi sarà la prossima volta!
Probabilmente sarà un orchestrale di Cesena che non conosce nessuno ma per me è fantastico! Arto Lindsay è stato un mio mito musicale, ma Mitchell mi ha proprio costruito. Non so quante notti della mia vita ho passato su YouTube a guardare filmati di lui in studio di registrazione. Ricordo una scena bellissima: arriva un trombonista al quale viene detto di fare una cosa semplicissima, lui parte e fa tutt’altro. Mitchell lo guarda ed annuisce mettendo mano al mellotron iniziando a suonare su ciò che il trombonista aveva fatto, aggirando quell’errore. Vedi l’approccio? Io sono piu sanguigno, avrei detto “oh! ma senti cosa hai fatto?!” Invece vedi come nascono le cose? Magnifico! Come dicevo prima: bisogna cercare di essere meno patinati, più spontanei. Anche per il disco live di Shaloma Locomotiva Orchestra è sua intenzione non ritoccare nulla.

E comunque non è cosa da poco poter vantare la collaborazioni di questo livello…
Infatti sono queste le cose che, nonostante tutte le difficoltà, fanno andare avanti. Anche con Jimmy Villotti… devi sapere che lui per me è… insomma: con mio padre non ho quella confidenza! Mio babbo mi ha creato, ma con Jimmy ci ho suonato! C’è una sintonia diversa, enorme, solo per questo motivo! Lui mi ha sempre maltrattato, mi ha sempre fatto sentire una merda. “Suoni di merda. Ti chiamano a suonare perchè sei simpatico: tu suoni male“. Poi è successa quella cosa che ti dicevo, in quel teatro insieme e mi ha detto che è stata una delle cose più emozionanti della sua vita. E poi mi ha detto: “Vai, non ti fermare. Hai preso una strada che deve arrivare.” E questa è stata per me una soddisfazione grandissima!

Con quello che mi dici mi viene proprio in mente che infatti la cosa che ci ha stupito maggiormente nel concerto Shaloma Locomotiva Orchestra a Modena è stata la simbiosi tra i musicisti. Non solo personali abilità fuse insieme, ma la vera sintonia “umana”. C’era grande rispetto tra tutti, e questo ha consentito quell’alchimia.
Si è creata una cosa incredibile, non succederà sempre e torneremo anche a fare concertini, ma questa fase me la voglio godere, gustare. E vorrei questo come futuro dei Saluti di Saturno. La musica è questo: deve stupire. Anche lasciare con l’amaro in bocca… capita al pubblico ma anche a chi è sul palco. L’ho capito anche quando ho inserito del free jazz nelle canzoni: note casuali all’interno di un brano che la gente canta… non facile da fare e da digerire.

Penso a De Gregori: capitava spesso che avesse parte del pubblico contro perchè nei live i brani erano diversi e la gente non riusciva a stargli dietro. Non riusciva a cantare… come se fosse il pubblico a dover cantare…
Non lo sapevo! Io penso che la libertà deve esserci in tutti i generi. Anche il jazz, per esempio, ha strutture rigidissime, più della canzone! Io penso che sia necessario spostarsi un po’, ma bisogna farlo con calma perchè se si esagera lo si vede subito dalle facce della gente!

Io lo vedo e lo vivo da ascoltatore: mi mettono tristezza i musicisti e gli autori che girano sempre intorno a quei 4-5 limitatissimi scenari musicali.
Sì, assolutamente. Meglio rischiare e sbagliare piuttosto che accontentarsi stando sempre lì. A parte i concerti dell’Orchestra, io ho eliminato la scaletta. E in questo le orchestrine di liscio avevano capito tutto: si vedeva dai volti della gente se c’era voglia di ballare, se c’era bisogno di riposarsi.

Il liscio è qualcosa molto distante da me, ma anche grazie a te sto scoprendo un fascino particolare di questa musica e dell’immaginario nel quale vive. Il tuo ruolo è quasi didattico…
Il liscio è una strada sincerissima, deviata in maniera paurosa. Se ascolto un disco di liscio attuale, quasi sempre mi arriva una bugia. È diventata troppo leggera. E non è facile riscoprire anche le cose vecchie, perchè bisogna trovare il brano giusto, il disco giusto che poi apre ad un intero mondo. Pensa che una volta non si chiamava nemmeno cosi, e neppure a Casadei piaceva la parola liscio: “Come può chiamarsi liscio una musica che fa ballare?“. E da lì è nato un brano come Romagna mia, che è tra i brani italiani più potenti, insieme ad Azzurro, Volare. Romagna mia, al momento di registrare il disco di Secondo Casadei, era un “brano scorta”, tra le seconde scelte. Si chiamava Casetta mia, poi è stato cambiato il testo ed il titolo diventando una hit per tutte le balere! Le balere erano dei posti magnifici: belli, dove potevi ballare, imbroccare… si ballava in coppia! Ora non c’è nulla del genere… il tempo della balera e del liscio è passato: ora bisogna reinventarlo, ma con la stessa passione!

livereport_salutidasaturno@modena_IMG00_201406Anche perchè ora i locali…
Non sono mica così belli! Non c’è quella cura di un tempo. Il più delle volte c’è un palco ed un bancone con le birre. Si è perso il culto del locale. Ed ora ci vorrebbe qualcosa di simile con delle regole ferree: prima su tutte, in balera non si balla da soli!

Saltiamo invece altrove: la tua grande passione per il cinema. Hai mai pensato di lavorare con la musica anche in quell’ambito?
Quello è un altro sogno. E forse è il mio sogno più grande che li supera tutti. Con questi strumenti qui comporre una colonna sonora sarebbe fantastico. Ora mi hanno chiesto un brano per un film, ma è un’altra cosa. Sai… l’altro giorno ho suonato il pianoforte e coda di Ennio Morricone: magari mi é rimasto qualcosa sulle dita!

L’ultima volta che ci siamo incontrati per un’intervista, al BOtanique un anno fa, mi avevi raccontato di un progetto di concerti per soli mellotron: com’è andato a finire?
Lo abbiamo provato qualche giorno fa ed è quello di cui ti parlavo proprio all’inizio della nostra chiacchierata! Un’orchestra di mellotron. Ma sai il problema qual è? I suonatori di mellotron. È uno strumento facilissimo, ma devi sentirlo tuo, non lo puoi suonare come una tastiera o un piano. Serve una sensibilità completamente diversa. È uno strumento vecchio, quindi con dei limiti che devono diventare pregi e non difetti. E questi difetti e limiti devi conoscerli alla perfezione affinchè siano il valore aggiunto, affinchè facciano la differenza. Avremmo già i compositori per delle musiche originali, ma dobbiamo ancora definire alcune cose. Con sei mellotron puoi davvero sentire un’orchestra.

Ti ringrazio per averci raccontato tutte queste cose magnifiche!
Ma sai che prima non ti ho fatto toccare lo strumento più bello? Abbiamo fatto tutto il giro, ne abbiamo parlato, ma è rimasto in disparte… la Celesta…

Beh, se puoi, andiamo subito!
Andiamo!

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