Hexagon garden è il terzo album del duo bolognese, composto da Francesca Pizzo e Angelo Casarrubia, che si esibisce col nome del mitico Melampus, oracolo in grado di comprendere il linguaggio degli animali, arcaico sostrato per l’appassionata ricerca che la band conduce nel campo della psicoacustica, ovvero lo studio della percezione soggettiva dei suoni. Per questo la scarna e talvolta tetra costruzione armonica della band si arricchisce di una varietà di field recordings, rumori di strada e meccanici, che mutano di volta in volta il set che ospita i brani, misurando con attitudine quasi scientifica le variazioni sensoriali prodotte dai diversi scenari su cui si dipanano le musiche, eseguite o programmate che siano. Buona parte delle ritmiche partono infatti da pattern per drum machine, completati da interventi alla batteria acustica, conferendo un tono di ossessiva decadenza ai brani, modulati in alcuni casi solo dalla voce di Francesca; avviene ad esempio nel refrain ‘orecchiabile’ di May your movement, in cui la chitarra, che nell’introduzione ricorda i CSI di Tabula rasa, si intreccia suggestivamente con una tastiera sbilenca nell’assolo. Ridotte all’osso anche le parti di basso, comunque non prive di passaggi liquidi come nell’intro di Poor devil, forse l’episodio più oscuro dell’album, con atmosfere circolari che rimandano ai Cranes e ritornano anche in Second soul, dove il programming ritmico si fa più articolato a sorreggere l’insistente chitarra ora arpeggiata, ora sferragliante. Il mantra catartico di Worthy, collage vocale espressionista e avvolgente, segna un momento cruciale nel rituale dei Melampus, in cui la profonda voce di Francesca raggiunge i vertici di una Mariam Wallentin dei Wildbirds&Peacedrums. La psichedelia, che pervade l’intero lavoro, si manifesta appieno in Simple man che pare rileggere i Pink Floyd di Set the controls of the heart of the sun attraverso il filtro della new wave più dark. Night laugh mostra l’efficacia del progetto anche su battiti più sostenuti e dinamici per valorizzare lo sdoppiamento vocale della cantante, che offre qui un lato più sereno ma in aspro contrasto con la chitarra shoegaze e i sinistri rumori ambientali; e ancora un efficace pattern percussivo accompagna il crescendo sciamanico di Question #3, declamazione rituale di antiche formule magiche. E forse non è un caso che il brano successivo, Sun, sia intitolato alla più ancestrale delle divinità, celebrata attraverso un suono frammentato e sempre più enigmatico, mosso dalle spigolose sfumature esotiche di un santoor (versione persiana del dulcimer), suonato con la giusta misura da Luigi Russo. Il cammino misterico conduce infine verso il simbolo minerale di Pale blue gemstone, e pare quasi di vederla, una candida, immobile vestale che innalza la sua invocazione al centro del vorticoso scenario elettrico che la avvolge come una spessa coltre d’incenso.
Credits
Label:
Riff Records | Sangue Disken | Old Bicycle – 2015
Line-up: Francesca Pizzo (voce, basso) – Angelo Casarrubia (batteria, drum machine, chitarra, loop) – Luigi Russo (santoor, batteria)
Tracklist:
- May your movement
- Poor devil
- Second soul
- Worthy
- Simple man
- Night laugh
- Question #3
- Sun
- Pale blue gemstone
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