Fa freddo a Milano in questo febbraio. Un gelo pungente, che ti penetra fino alla staffa dell’orecchio, la tipica temperatura da casa, divano, coperta, film. Solo Paolo e i Benvegnù potevano aprire una breccia nella mia pigrizia invernale e farmi uscire in un mercoledì di ordinaria follia metropolitana. Il viale che dal parcheggio porta all’ingresso del Magnolia sembra essere il luogo più freddo del mondo. Dentro il locale è appena sceso dal palco Alessandro Grazian che ha suonato in apertura, la gente è già tutta ammassata davanti al piccolo (troppo piccolo) palco, vedo la band prendere posizione e iniziare a suonare. Elettrica apre Nello spazio profondo, dall’ultimo album Earth Hotel, seguono Feed the destruction e la poliglotta Avenida Silencio. Dopo il trittico del nuovo album un tuffo nel passato con Quando passa lei e Love is talking. Da questo momento le emozioni si impasteranno di sangue e grazia per quello che sarà il punto più alto di tutto il live. Avanzate Ascoltate, Orlando e Il mare verticale scaveranno nell’abisso del bene e del male, in quell’eterno miracolo di vita che ci consuma. “Sentirsi vivi costa“, canta ora Benvegnù in questo viaggio nei riverberi delle chitarre alla ricerca di Una nuova innocenza che apre un nuovo trittico di Earth Hotel con Stefan Zweig e Hannah. Sul palco la complicità tra Paolo e la band si vede, si sente, e il pubblico riesce a percepire la loro forte passione. Chiude La schiena. Il bis è servito quando il palco è ancora caldissimo: Piccola Pornografia Urbana, Io ho visto, E’ solo un sogno, Sempiterni sguardi e primati e a chiudere l’immancabile, e sempre gradita, Cerchi nell’acqua.
Un concerto malinconico con inserti di guasconeria. Un concerto elettrico e sussurrato come l’amore che canta Benvegnù: quello impastato di bene e male. Ogni tipo di amore. Quello di ogni tempo.