Vale & the Varlet è un particolare duo giunto recentemente all’esordio discografico con l’album autoprodotto Believer. “Particolare” perchè, prima di tutto, V&V è composto da due giovani donne (dettaglio non così usuale) le quali nonostante la giovane età possono vantare già molte esperienze importanti (ancora meno usuale). Valentina Paggio e Valeria Sturba iniziano il loro percorso insieme forti delle loro personali ricchezze, per poi trovare una formula unica di espressione, proprio come in questa intervista nella quale loro stesse iniziano a rispondere singolarmente alle domande, per poi concludere con un’unica voce fresca ma ragionata, divertente ma non banale.
LostHighways ha il piacere di presentare in anteprima esclusiva il primo video di Vale & the Varlet, Believer: una registrazione dal vivo realizzata a Lo Studio Spaziale di Bologna per un brano elettronico delicato e appassionato.
Vale & the Varlet è un progetto che nasce da un incontro. Uno dei tanti che capitano nella vita. L’importante è avere la capacità di riconoscere quando un incontro deve essere approfondito e può essere “un inizio”. Chi di voi lo ha capito per prima e in che modo?
Valentina: Questa domanda è molto interessante, non ci avevo mai riflettuto. Io l’ho capito già dalle prove che facemmo per il nostro primo live. Eravamo in casa mia, c’era sole, caldo, era primavera inoltrata e Valeria ricordo si era portata il violino e un sacco di effetti e sapeva esattamente cosa fare in ogni brano. Come se li avesse già vissuti anche lei per molto tempo. Per me era straordinario, non capitano spesso cose di questo genere. Grazie di avermi fatto venire in mente quel bellissimo periodo che avevo messo momentaneamente in un cassetto!
Valeria: Sì, direi che il giorno delle nostre prime prove è stato quello che ha consolidato il nostro inizio. Ci siamo subito trovate bene e ci è venuta voglia di suonare ancora insieme, provare, creare. E non è per niente una cosa scontata!
Il passo successivo qual è stato? Cosa è accaduto la prima volta che vi siete trovate insieme davanti agli strumenti?
Valentina: Li abbiamo suonati come delle pazze. Abbiamo intrapreso due vie parallele, una è stata quella di lavorare su alcune canzoni che avevo già nel cassetto in stato scheletrico, e l’altra di improvvisare delle sessioni che poi hanno portato alla genesi di brani come TechnOMG e Believer.
Voi siete giovanissime, il vostro album Believer è l’esordio di questo progetto firmato Vale & the Varlet, ma le vostre singole esperienze sono già molto ricche e variegate. Cosa c’è in Vale & the Varlet del vostro passato e cosa è completamente nuovo?
Valentina: Alcuni brani come Alejandro, I forgot Belgium, Slight Story e Oh Love me raccontano o fanno riferimento a fatti accaduti a partire dal 2008, quando ho incominciato a scrivere, mentre altri come Minnie, TechOmg, Believer sono nati a duo già consolidato. C’è del passato ma il nuovo predomina incontrastato dal momento che da quando siamo due abbiamo comprato i vestiti nuovi a tutti i brani riarrangiandoli nuovamente.
Valeria: Il passato c’è, anche se in minima parte. C’è un po’ di tutto: il Conservatorio, i seminari di improvvisazione all’Ivan Illich, i dischi che nel tempo ho ascoltato, l’esperienza con il mio duo OoopopoiooO, le collaborazioni con musicisti che stimo moltissimo…tante cose che si mescolano e poi si riversano in nuovi suoni e colpi d’arco. Quando suoniamo insieme il mio mondo si plasma con quello di Valentina, fatto di tante altre esperienze, e ciò che viene fuori è per me una cosa totalmente nuova.
In Believer c’è più gioco o sperimentazione ragionata?
Facciamo un 50 e 50? Meglio 60 e 40. Non possiamo fingere di essere state solo due ragazze svagate che, tra una risata e l’altra, non si sa come, hanno fatto un disco, giocando e scherzando. Un pochino ci abbiamo ragionato.
Alcuni brani accarezzano, altri pizzicano e solleticano: di cosa parlano i vostri brani?
I nostri brani ironizzano sull’uomo e le sue paure, manie, storture, imperfezioni, nascoste dietro un’apparenza scintillante. Lo prendiamo in giro, lo strapazziamo, lo accarezziamo, lo odiamo e poi lo lasciamo riposare sperando che si riprenda e che capisca che noi tutti camminiamo su un filo sottile.
Con questa intervista abbiamo il piacere di presentare in anteprima il vostro primo video. Il brano scelto è quello che ha dato anche il titolo all’intero album, e le riprese sono di un’esecuzione a Lo Studio Spaziale di Bologna. Bianco e nero, tanti tasti e ancor più cavi, simmetria nei vostri corpi agli strumenti. Siete soddisfatte del risultato?
Certamente! Anche perchè siamo tornate a fare tutto da sole in post-produzione e la cosa ci è piaciuta molto. Volevamo uscire con un video live semplice, che svelasse cosa c’è dietro i nostri deliri senza sovrastrutture. Le riprese sono di alcuni nostri amici “bolomodenesi” (Valerio Barbati, Roberto Ruggeri, Paolo Zanotti) che ringraziamo pubblicamente; la registrazione completa di ospitalità è opera di Roberto Rettura (Lo Studio Spaziale) che abbracciamo virtualmente.
Questo brano ben si addice al bianco e nero, ma forse è un’eccezione nel disco, dove tutto pare essere molto colorato (non necessariamente solare, ma lo percepisco comunque di vari colori). A cosa è dovuta questa varietà e come mai, come biglietto da visita è stato scelto proprio questo brano?
Hai ragione, Believer è un disco multicolore. Si percepiscono bene il giallo, il rosso, il fucsia, l’arancione, il blu… ma ci sono anche il bianco e il nero! E sono ugualmente importanti.
Non è mai bello essere “incasellati”, ma credo che esplicitare alcuni riferimenti musicali possa essere d’aiuto all’ascoltatore per comprendere meglio alcuni dettagli e sfumature: potete elencare cinque brani che stanno cari a Vale & the Varlet?
Valentina: Possiamo fare sei? Io ne metto tre! Up the dumper – Melvins; Regiment – David Byrne/Brian Eno; Emily – Joanna Newsom.
Valeria: Moribund the Burgemeister – Peter Gabriel; Aladdin Sane – David Bowie; See Emily Play – Pink Floyd.
Diamo un po’ di soddisfazione agli appassionati più curiosi e tecnici: da cosa è composta la vostra strumentazione live?
Voci, piano elettrico, drumpad, violino elettrico, tastierine giocattolo, un vecchio minisynth Yamaha, theremin, ring modulator, Turborat, pitch shifter, Memory Man, looper, un crash, legnetti e mani.
Qual è il brano che dal vivo offre maggior piacere ed emozione a voi stesse che lo eseguite? Perchè?
Ci piace molto suonare Minnie perché ci mettiamo una buona dose di improvvisazione ed ogni volta lo eseguiamo diversamente. Quando improvvisiamo i pezzi dal nulla ci emozioniamo particolarmente.
Per ultimo chiudete gli occhi e esprimete un desiderio per Vale & the Varlet…
Fatto!