“Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra“. Quale suggestione migliore, se non quella suggerita da questi versi, tra i più immaginifici di Fabrizio De Andrè, per immergersi nel mondo estatico del fingerpicking che in questo Litany of Echoes trova oggi una delle opere più valide in circolazione? Litanie d’eco, ovvero la musica che si cosparge di valori diversi, di un’attitudine ad ascendere ed evocare, perché alta per essenza. E’ insito in molti artisti il dirigere la propria vita al rifiuto della dimensione materiale per elevarsi in una dimensione più spirituale. James Blackshaw è uno di questi. Giovanissimo talento inglese, chitarrista virtuoso, con un passato da rocker ed un presente nell’olimpo del primitivismo folk, sulla scia di quella che fu la Takoma School di John Fahey e Robbie Basho, ma con una sensibilità contemporanea spiazzante. Blackshaw ha ormai alle spalle cinque lavori, ed una classe innata per le accordature aperte e le partiture sognanti. Ultimo del lotto, questo lavoro conferma tutte le sue qualità ed arricchisce, a scanso di equivoci, la sua discografia. Dall’offuscata ma lucida claustrofobia pianistica di Gate of Ivory e Gate of Horn, che rispettivamente aprono e chiudono in vigorosa fede minimalista il disco, si entra nell’essenza delle sue trame con l’episodio di Past Has Not Passed, profondissima litania folk in minore, trapuntata da una danza d’archi. La dodici corde di James Blackshaw sa tessere con grazia intelaiature fitte eppur così aeree, e brani come l’incantevole e cinematica Infinite Circle o gli undici minuti di Shroud sembrano dispensare versi dolcissimi, pur senza nessuna parola. I freddissimi fondali armonici della funerea Echo and Abyss restano l’antro oceanico più insondabile e forse più tremendamente misterioso del disco, impossibile non restare incantati di fronte a quel pauseggiare ed intervallare di arpeggi che danno l’idea di un’onda brumosa che si presenta a periodi regolari alle nostre orecchie.
Con questo lavoro dunque il nostro conferma metodo e talento, compreso quell’interesse al minimalismo ed alla musica carnatica (la musica classica sacra indiana), che danno un’aurea sempre più incorporea e onirica ai suoi lavori. Litany of Ehoes potrebbe essere un ottimo punto di partenza per approfondire la dimensione di questo autore, nonché senza dubbio, lo stato dell’arte del fingerpicking moderno.
Credits
Label: Tompkins Square – 2008
Line-up: James Blackshaw (12 string-guitar) – Other contributors have included: Lavinia Blackwall (vocals) – Fran Bury (violin and viola) – John Contreras (cello) – Joolie Wood (violin, flute and clarinet)
Tracklist:
- Gate of Ivory
- Past Has Not Passed
- Echo and Abyss
- Infinite Circle
- Shroud
- Gate of Horn
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