Il duo bolognese Phoenix can die è un progetto che nasce dal desiderio di esprimere uno stato d’animo di oppressione che esplode in una cornice digital- elettronica troppo poco elaborata per andare oltre ai confini della canzone e risultare coinvolgente.
Uno dei miei giochi preferiti mentre ascolto la musica, è fare acronimi dei titoli , nel tentativo di entrare meglio in ciò che ascolto, e l’ho fatto anche stavolta con Amen.
A come alienazione M come movimento E come Evasione e N come Non immaginazione; sono queste le parole che lo descrivono e a mio parere si sarebbe potuto fare di più.
Non si capisce se Amen sia da intendere come una partenza o un dato di fatto; l’elefante incorniciato della copertina è antitetico rispetto al mood proposto musicalmente.
Le sonorità del duo riprendono il meglio di ciò che l’electro dance italo-anglofona degli anni 90, dai primi Phoenix ai Daft Punk, fino ai recenti Subsonica, che i Phoenix can die sfiorano in superficie, facendone un semplice “collage”.
Artax, Digression e Wasted sono nell’ordine i brani più rilevanti dell’album.
Troppi aspetti tecnici e “artistici” appaiono poco elaborati, una maggiore ricerca sonora alzerebbe la qualità del prodotto.
Credits
Label: Black Fading – 2016
Line-up: Mirco Campioni – Riccardo Franceschini
Tracklist:
- Opium for the masses 2.0
- Control
- Electrostatic
- Digression
- Artax
- Purple
- Wasted
- Black bleeding
- Buio
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