Chitarre ben suonate, corpose, vive. Una voce che ha da dire parecchio, scevra da posture o auto-imposizioni. Chitarre e voce libere, che sciolgono il nodo di un pensiero contro, di un’opinione altra, scomoda, invadente, in qualche modo addirittura fastidiosa. Melodie prensili, lineari, solide, intingono le proprie setole porose nella vernice di una sezione ritmica decisa, binario, linea d’intersezione fra l’istinto rock dei pezzi e la matrice indie del loro imporsi con intelligente equilibrio. Dissentire si può. Dissentire si deve. Dissentire è non chiudere la questione realtà con un’alzata di spalle, annuendo; è voltarsi, guardare, non sottoscrivere l’alibi dell’indifferenza, scegliersi un gusto, un posto, una direzione, impedendosi di dover dipendere, di essere scelti da Il gusto degli altri. Dissentire è scrivere un pezzo come Poetimprenditori, volerlo esattamente così, capace di attaccarsi al timpano, indignato, diretto, atto d’accusa senza fronzoli contro il monopolio dei testi d’amore, contro quella certa “superficialità nelle Parole (amore, amore, amore, amore…) che declassa la Musica da forma d’Arte a banale e puerile espressione”. I comaschi Kitsch non spennellano romanticismo, non ti mettono al sicuro, spostano lo sgabello del cinismo mentre ti appresti a sedere e tu rovini al suolo, li ascolti da lì. Ti suonano Cluedo, L’era dell’immagine, L’attimo, e il veleno che traspira è anche il tuo: tu, stanco del sensazionalismo, dell’informazione ridotta a farsa (pettegolezzi, cani, veline e casi umani…), della mercificazione delle emozioni, del dolore abusato, dei revisionismi storici, d’indifferenza, sopravvivenze, televisione, cose; tu che provi a distinguere l’utile dalle abbondanze fini a se stesse, che talvolta ti scopri complice di una quotidianità che ti declassa a pecora, eppure lotti, provi a lottare contro il furto con scasso dei tuoi benedetti/maledetti sogni. Confezionano Alibi di vetro, una ballata corallo, spugnosa, e l’amarezza che la colora è la stessa che ti prende alla gola da quando il tuo paese ti ha reso correo di certa violenza, di troppa guerra, “vendendoti Paura per rimediare una ragione distorta”. Dissentire è certa musica, concepirla di petto, buttarla per le strade senza fare troppo rumore, scriverla bianco su nero, a mani nude, investendo tempo, passione, dedizione, denaro proprio e la propria giovinezza, senza cedere all’ossessione di distinguersi, finendo, inequivocabilmente, per distinguersi.
“Un mondo dove la merda è negata e dove tutti si comportano come se non esistesse. Questo ideale estetico si chiama Kitsch. […] Il Kitsch elimina dal proprio campo visivo tutto ciò che nell’esistenza umana è essenzialmente inaccettabile.” (Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere).
Credits
Label: Autoprodotto – 2008
Line-up: AttilioKitsch (voci, cori, chitarre distorte, pulite, acustiche, rumori, clap) – GramaKitsch (batteria, percussioni, clap) – KizuKitsch (basso, clap); con la partecipazione di Davide Turati (basso), Luca Piana (chitarre distorte, wha, slide, xilofono, clap); Parole, musiche e arrangiamenti: Luca Galli ( eccetto alibi di vetro: arrangiamento Luca Galli e Luca Piana); Progettazione Grafica: Luca Galli (ideazione) – Andrea Ravani (disegni)
Tracklist:
- La Culla della Sporcizia
- Poetimprenditori
- Cluedo
- L’Era dell’Immagine
- L’Attimo
- Alibi di vetro
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