Libri e vino: cibo per l’anima. Verità sacrosanta che ben si sposa alla musica. La bellezza e l’importanza della rassegna Enolibrì, svoltasi al TPO di Bologna, risiedono proprio nella profonda sincerità del naturale legame tra questi “cibi”; una sincerità che accarezza, conforta, offre un senso a molte delle cose intorno a noi.
Fondamentalmente è questo il motivo per il quale dal 2010 il format di Enolibrì (nato con il nome Critical Book & Wine) si è confermato di anno in anno rafforzandosi e trovando continuo e rinnovato seguito.
Anche in questo Marzo 2016 la sala del Centro Sociale TPO è stata presa d’assalto da editori e vignaioli indipendenti per quattro giorni.
Ogni giorno, dopo le degustazioni e gli incontri con gli autori dei libri, la musica ha attirato l’attenzione del sempre numeroso ed attento pubblico di Enolibrì.
Per quanto ci piacciano i libri e i fumetti, la musica per LostHighways rimane la via maestra nella quale cercare qualità e condividere emozioni: fortunatamente anche quest’anno il programma dei concerti di Enolibrì non ci ha affatto deluso.
Nella prima serata il palco è stato calcato da due band diametralmente opposte che hanno saputo stupire in modi assolutamente divergenti.
I primi, Oh!TheLadyStone, sono una band formatasi a Bologna nel 2009 che in Aprile di quest’anno vede la nascita del suo primo vero e proprio disco: The Maze. La band, composta da quattro elementi, si muove su un terreno tanto impervio quanto affascinante e sinuoso. Tra l’acustico e l’elettronico, gli Oh!TheLadyStone giocano con i chiaroscuri. Quando le ombre sembrano essere la chiave di lettura, uno spiraglio di luce muta la visione. Il set dei Oh!TheLadyStone è delicato ed intenso, sciolto nelle note lievi di chitarra classica di Irene Elena, sostenuto dal basso di Vincenzo Scorza, enfatizzato dalla bellissima contrapposizione tra voce maschile e femminile di Alberto Poloni e Petra Dotti. Il tutto viene poi abbracciato da un’importante componente elettronica di base, curata ed efficace, che però in questa esibizione giunge alle orecchie come se fosse una presenza esterna, un po’ fredda nella sua “non suonata” impersonalità.
Gli Oh!TheLadyStone hanno ben dimostrato la qualità del loro progetto, un lieve trip-hop che nella contrapposizione di elementi, solitamente motivo di attrito, trova uno scivolio leggero, promettente, di rara eleganza e raffinatezza.
Dopo un laborioso cambio di palco Lapingra è pronta a sconvolgere il pubblico. Usciti da un mondo di fiaba surreale e scanzonata, la musica della band laziale suona come un’imprevedibile follia cabarettistica capace di unire il mondo del musical alla psichedelia, il ragtime ad una estetica da cartoon, tra Elio e le storie tese, il Quartetto Cetra in acido e Frank-n-Further. L’assurdità della musica proposta, il continuo cambio di scenario e riferimenti (nonostante l’innegabile capacità tecnica ed elasticità mentale dei componenti) dopo pochi brani diventa un esperimento routinario, purtroppo. Diverte ma non coinvolge.
La seconda serata musicale è denominata “Garrincha Loves Enolibrì”. La colorata etichetta bolognese ha portato sul palco ben tre artisti del suo rooster. Matteo Costa è un cantautore che con brani allegri ed una scanzonata band propone una musica da festa senza tante pretese garantendo sorrisi facili.
Io e la tigre, invece, sono un duo al femminile che ha pitturato di rosa marsh mallows un powerpop sporcato di punk. Giunte al primo album (10 e 9), Aurora Ricci e Barbara Suzzi convincono con una formula fresca e ben salda a loro. Non esagerano, non vanno oltre l’immagine da “bambine impertinenti”, e pur non inventando nulla si tengono lontane dalla banalità. A modo loro, quindi, vincono bene: un po’ tigri, un po’ dive rock, un po’ unicorni multicolor.
A chiudere la serata marchiata Garrincha, La rappresentante di lista scatena definitivamente il pubblico. Il mix eterogeneo di stili e generi ben amalgamati ha un notevole impatto. Forte della pubblicazione di un apprezzatissimo secondo album (Bu Bu Sad) la band capitanata da Dario Mangiaracina e Veronica Lucchesi conquista il TPO. Dal vivo risalta fortemente la natura buskers della band offrendo una ruvidità coinvolgente che su disco è giustamente accantonata per esaltare invece una maggiore pulizia dei suoni e del canto. Sul palco invece si cerca il contatto con il pubblico, viscerale e liberatorio, a tratti sofisticato, a tratti zarro e metropolitano. Nella forma non impeccabili, nella sostanza senza dubbio splendidi.
Nella terza serata di Enolibrì, ultima che propone veri e propri concerti, il palco viene diviso tra due cantautori molto importanti, e le relative ottime band. Il primo ad esibirsi è Daniele Celona. Visto già al fianco di Levante, il cantautore e chitarrista torinese impressiona per la sua capacità di realizzare semplicemente delle belle canzoni che hanno anche una notevole resa dal vivo. Il suo modo di cantare, potente ma mai fuori controllo, è ben sostenuto da una band che crea un mondo di colori pop su una tenace struttura rock. Tutti seduti, come vuole l’iconografia dei live “unplugged”, i musicisti sul palco suonano alternando grazia ad una grande forza emotiva e sonora. Se su disco la musica di Celona appare talvolta anche troppo patinata, dal vivo le asperità e le impennate sono ciò che non ci si aspetta ma che magicamente ci si ritrova ad ascoltare.
La punta di diamante del cartellone musicale di Enolibrì è la ferma certezza custodita nella poesia che si veste di musica proposta da Umberto Maria Giardini. Lui è senza dubbio uno dei più alti esempi di cantautorato rock italiano, dove la lingua si scioglie in architetture liquide e psichedeliche. La rodatissima band che accompagna Umberto è capace di un’amalgama sonora stupefacente offrendo una qualità da degustare senza fretta. Un concerto di Umberto Maria Giardini è un’esperienza naturale da contemplare. Come una goccia di pioggia che si unisce al ruscello, diventa fiume seguendo le anse e sfocia nella libertà salata del mare, così è la musica di UMG dell’ultimo album Protestantesima.
La serata conclusiva di Enolibrì vede invece protagonista l’eclettico personaggio di Donpasta. Daniele De Michele è un’appassionato di musica e gastronomia considerato una sorta di “attivista del cibo”. La sua missione attuale è diffondere il verbo della cucina popolare e evidenziare le distorsioni che il mercato alimentare ha portato nelle nostre cucine, quindi nel tessuto sociale oltre che nei nostri corpi.
La performance di Donpasta è basata sull’ultimo libro a sua firma, intitolato Artusti Remix. La tradizione culinaria di Pellegrino Artusi trova nuova vita e spirito nella ricerca delle ricette di famiglia inviate direttamente a Donpasta. Dietro ad ogni ricetta c’è un racconto, una storia di una famiglia, di un paese, di una comunità, di una filiera economica e culturale che Donpasta ha voluto conoscere di persona. La serata al TPO ha visto infatti l’alternarsi di letture (spesso ironiche e provocatorie) accompagnate da un chitarrista, e filmati che trovano come protagonisti invece i custodi di queste ricette, di questo “saper fare” artigiano. Coltivatori, allevatori, nonne, mamme, donne e uomini che hanno cresciuto diverse generazioni tra le quali anche quella degli attuali politici che sembrano dimenticarsi delle loro radici avviluppati nel giogo della burocrazia e di alcune folli norme alimentari.
Oltre alla provocazione (vegetariani e vegani non approverebbero) c’è tanta verità nelle parole di Donpasta. La qualità della cucina qui viene intesa a largo spettro: storia, convivialità, e la poesia di un atto (il cibarsi) che considera l’autentico valore del cibo. Se è vero che le notizie ormai sono veloci e ci colpiscono senza lasciare segno, la narrazione invece è qualcosa che veramente muta il nostro pensare. Il modo che ha trovato Donpasta per trasmettere il suo messaggio tramite l’ironia, la musica, i video e le performance è innovativa ed al passo coi tempi.
Si è conclusa in questo modo l’edizione 2016 di Enolibrì, una rassegna che unisce, coinvolge, diffonde la cultura del buon vivere, tra vino libri e musica. Come piace a noi. Ci attende un anno per tornare ad Enolibrì, ma in questo tempo seguiremo gli insegnamenti.
Galleria fotografica di Emanuele Gessi