Tre anni dopo l’esordio autoprodotto Via Zara il pugliese Salvo Mizzle (Salvatore De Padova) mette a punto per il suo secondo album un cantautorato di misurate atmosfere acustiche e divertita quotidianeità testuale, per certi versi simile ai napoletani Kafka sulla spiaggia, che riflette “sull’imprevedibilità degli eventi”. Dalla sospensione dell’attesa che accumula strati di respiri dinanzi ai Cielinfrarossi al noir rivisto con l’ironia di Ivan Graziani di Cane morto, oscuro riff acustico che si mescola al sax notturno di Andrea Antonacci, ed è una notte aperta dalla visione di un sogno ad occhi aperti, colorato da synth tremolanti e voci raddoppiate.
Un fingerpicking alla Bruce Cockburn tinge ballate come Detestare, turbata dal refrain gridato che ne turba gli equilibri in ruvidi accenti e sequenze circolari, e morbidi accordi modulano Che stile per gli archi fluidi di Nicola Manzan e i fraseggi ronzanti delle chitarre elettriche. Qui, come altrove, il canto ricorda gli ultimi Verdena per la capacità di mescolarsi e nascondersi tra gli altri strumenti sbucando all’improvviso al centro del proscenio, e al trio si riconnette pure il ritornello di Mi tratti come se fossi, traghettando un’elettronica di amaro sarcasmo verso un monologo spontaneo che ti aspetteresti da Elio e le storie tese.
L’avvicendarsi di piccoli e grandi eventi, drammatici o bislacchi di Un gran giorno, raccontati col brio della PFM che accompagnava De André, si infrange nel finale spezzato dall’incertezza claudicante di un domani insondabile, mentre in E gelo sia la struttura armonica stirata con irregolare cadenza nello spazio di quattro battute si dilatata in un lento crescendo strumentale. La qualità d’esecuzione è evidente anche nella slide avvolgente e vischiosa che in Sotto casa tua bilancia, sulle trame leggere dell’acustica, il dialogo senza risposte del protagonista che si allontana a bordo della ritmica bossa nova e delle note distese del flauto di Domenico Pompilio.
In un gioco di contrasti si passa dall’amore smielato al pianoforte di Perpendicolare a Non è brutto ciò che è brutto ma è brutto ciò che piace, un collage di voci su tenue bozzetto di armonici che dagli Afterhours risale al fino prog visionario di Picchio dal pozzo. Dalle grasse, untuose note di Untitled al bordone acustico sferzato dall’essere “seduti sul niente” perché Solo alla morte c’è rimedio. Immagine invero troppo decadente perché l’album potesse chiudersi così, per questo dopo breve pausa arriva una ghost/title track, la necessaria e ironica invocazione Grazie Belzebù.
Credits
Label: autoprodotto – 2016
Line-up: Salvatore De Padova (voce, chitarra) – Pietro Latiano (chitarre) – Marco Tricarico (basso) – Giuseppe Cocomazzi (batteria) – Nicola Manzan (Violini) – Andrea Antonacci (piano, sax) – Donato Turano (synth, rhodes) – Enzo Esposto (tastiere) – Domenico Pompilio (flauto traversiere)
Tracklist:
- Cielinfrarossi
- Cane Morto
- Detestare
- Che Stile
- Un Gran Giorno
- E(‘) Gelo/Sia
- Sotto Casa Tua
- Mi Tratti Come Se Fossi…
- Perpendicolare
- Non è brutto ciò che è brutto ma è brutto ciò che piace
- Untitled
- Solo alla morte c’è rimedio
- Grazie Belzebù (Ghost Track)