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Sergio Endrigo, l’importanza di ricordarlo: intervista a Claudia Endrigo

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Ricordare la sua voce vuol dire sentirsi avvolti da una sensazione di eleganza, gentilezza, familiarità. Sergio Endrigo è uno degli araldi degli anni d’oro della canzone italiana. La compostezza della sua figura, il calore e la profondità della sua voce, la cura della composizione ne hanno fatto un simbolo di un passato che è fondamentale ricordare, perchè è scuola per il cantautorato anche dei nostri giorni. La sua è stata una carriera intensa, ricca di successi e traguardi importanti. Una carriera che le dinamiche di settore non ricordano abbastanza. Anche per questo sua figlia Claudia ha scelto di intraprendere un viaggio a ritroso, meraviglioso seppur doloroso, per scrivere la biografia di una delle più grandi voci della nostra Italia. In attesa dell’uscita ufficiale targata Giangiacomo Feltrinelli Editore, abbiamo incontrato Claudia per suggerirvi, tra le nostre pagine, di tornare a lui, a Sergio Endrigo… alle sue canzoni intramontabili.

Mi piacerebbe cominciare dalla biografia che presto uscirà. Vorrei chiederti cosa ha voluto dire per te ricostruire le tappe della vita di Sergio Endrigo. Il punto non è solo dedicarsi alla biografia di un padre, ma anche e soprattutto dedicarsi alla ricerca di una luce nuova da puntare su una carriera quanto mai significativa per la canzone italiana…
Bella domanda! Era da tempo che mi frullava questa idea in testa perché era da tanto che molta gente dopo essersi offerta di scriverla aveva poi deciso, inspiegabilmente, di cambiare idea. Ero spaventata perché non credevo di esserne capace, invece scriverla è stato molto bello, ma anche molto doloroso. Ho avuto due blocchi importanti, dover rivivere i momenti bui della nostra vita non era facile per me. Ma, allo stesso tempo, è stato anche molto bello, come ti dicevo. Ho potuto ricostruire una parte della sua vita di cui non sapevo affatto e, a tratti, mi sono anche divertita. Sono molto contenta del lavoro svolto perché finalmente ci sarà una traccia concreta della vita di papà, visto che questa è l’unica biografia mai scritta. E, infine, ho scoperto che lo conoscevo molto di più di quanto non credessi.

Trovo commovente il lavoro che hai scelto di seguire per le pagine che presto tutti potranno leggere. Ricomporre i pezzi ha portato gioia e dolore. La scrittura ha avuto un qualche ruolo terapeutico per il senso di mancanza che mai passa, per la rivendicazione di un ruolo artistico forse non troppo ricordato? Ovviamente non mi riferisco al pubblico che lo ha profondamente amato.
In qualche modo ci speravo ma non è stato così, anzi. Mi è mancato ancora di più e mi mancherà per sempre. Spero però che questa biografia risvegli un po’ le coscienze e si rivaluti l’immenso patrimonio musicale che ci ha lasciato e di cui si conosce ancora molto poco.

Endrigo ha avuto, e continua ad avere, un pubblico meraviglioso che ricorda con grande ammirazione e passione la sua voce, le sue canzoni. Questo è un dato innegabile. Ma il resto? Mi riferisco alla critica, alle radio, alla televisione, alle tante manifestazioni che dovrebbero omaggiare il passato perché passato non è mai veramente… certi nomi sono ancora oggi un grande insegnamento per la composizione e l’interpretazione.
Che dire? Questo è sempre stato il Paese di figli e figliastri e, purtroppo, sarà così sempre. Ma l’affetto della gente e la stima dei colleghi, che continuano ad incidere i suoi pezzi, sono una gran bella cosa.

Qual è l’augurio più grande che fai alla tua biografia? E che effetto ti piacerebbe avesse sulle persone e su certi canali del settore?
Come ti dicevo, mi auguro che si smuova un po’ tutto e che si ricominci a poter ascoltare la sua musica in radio e che magari, finalmente, si ristampi come si deve il suo intero catalogo.

Oltre alle parole, immagino che il tuo sarà stato un viaggio a ritroso compiuto anche attraverso le immagini. Me ne parli?
Più che immagini, io ho ricordi “olfattivi” che poi mi portano alle immagini… l’odore del sigaro toscano e il profumo degli scogli di Pantelleria, per esempio.

Tu hai potuto percepire in modo speciale l’atmosfera che animava gli anni rappresentati dalla musica di tuo padre. Cosa senti di diverso oggi, cosa è migliorato e cosa è cambiato?
Migliorato? Assolutamente nulla. Peggiorato? Tutto. L’aspetto più desolante è l’omologazione. Sono tutti bravi, perfettamente intonati, ma l’emozione dov’è? Io non la avverto. E poi… i testi? Lasciamo perdere.

Di quegli anni cosa i giovani cantautori di oggi non dovrebbero ignorare. E delle canzoni di tuo padre cosa dovrebbero andare a scoprire?
Per fortuna, i giovani cantautori lo conoscono e bene.

Tuo padre è stato omaggiato con alcune cover. Quale ritieni quella più riuscita, quella che più ti ha davvero emozionata?
Devo dire che mi piacciono più o meno tutte e sono infinitamente grata per questo. La cover di Lontano dagli occhi in chiave rock della Nannini la trovo stupefacente! E quanto è attuale quel pezzo? Eppure è del lontano 1969.

Giochiamo di immaginazione. Quale potrebbe essere l’evento ideale per raccontare le canzoni e la voce di Sergio Endrigo? Come ti piacerebbe fosse articolato?
Mi piacerebbe un grande concerto, con tanti artisti, senza presentatori. Vorrei che ognuno potesse essere libero di raccontare e cantare ciò che vuole. Insomma, che ognuno trovasse il suo Endrigo. E mi piacerebbe che fosse per beneficenza e che gli introiti andassero alla Lega Nazionale per la difesa del cane e ad Emergency.

Sceglieresti per i nostri lettori le tue cinque canzoni preferite di Endrigo?
Io che amo solo te, Aria di neve, Le parole dell’addio, Altre Emozioni, Anch’io ti ricorderò.

Lontano dagli occhi – Sanremo 1969

Top 5 per i nostri lettori

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