Lorenzo Nada gioca in casa perchè Bologna ormai è un po’ casa sua nonostante le origini ravennati e il passato berlinese. Il TPO è un luogo amico, dove incrociare sguardi complici, affettuosi. Bologna, però, resta una piazza importante, un crocevia di artisti (non farò l’elenco, ma questa sera di volti noti della scena bolognese se ne sono visti parecchi) e punto di ritrovo per un pubblico esigente e viziato. Sembrerebbe impossibile ma accade anche questo: persino alla bontà dei tortellini prima o poi ci si abitua. L’esempio culinario ricalca perfettamente anche la vita musicale della città, dove il pubblico, abituato ad una grande mole di concerti per tutto l’anno, in gran parte ha ormai perso la fame e la sete, e i concerti se li beve come un drink, distrattamente, solo per il gusto di rinfrescarsi la gola atteggiandosi con gli amici. Non vale per tutti, ovviamente, ma quando il pubblico di un concerto supera le 300 unità credo che la metà rispecchi questa descrizione. E’ un male che ciclicamente colpisce tutti, e il clima che si crea rischia di contagiare. Anche me.
Accade quindi che un bravissimo musicista e producer come Lorenzo Nada metta in scena la sua musica senza però riuscire a creare quella magia totale in sala, come invece accade nell’ascolto solitario. Di chi è la colpa? Sicuramente una parte fa capo a chi calca il palco (non è un essere perfetto), ma continuo fermamente a credere che le condizioni esterne siano le più rilevanti.
Lorenzo Nada, in arte Godblesscomputers, ha presentato questa sera il suo ultimo album, Solchi. Un disco sinuoso e affascinante. Un continuo muoversi su chiaroscuri, dove il suono perde le spigolosità elettroniche e diventa un fluido caldo. Un collage di emozioni e ricordi. Lorenzo ha attinto dal suo background, dal suo mondo in movimento, dai suoi occhi. Lorenzo è prima di tutto un grande osservatore capace di trasformare ciò che vede in musica. Solchi risuona come una colonna sonora che a tratti fa sculettare e un attimo dopo conduce a meditare.
Per raggiungere questo risultato sincero e reale, per ridurre la distanza uomo-macchina, ha deciso di inserire l’apporto di due musicisti anche dal vivo. Giulio Abatangelo (Klune) e Federico Mazzolo (Mellow Mood), rispettivamente chitarra/basso e batteria. Se sul disco questo apporto favorisce l’ascolto anche ad un pubblico solitamente distante dalla musica elettronica, dal vivo la presenza di Giulio e Federico sul palco rompe nettamente gli schemi.
Godblesscomputers non è più solo, e la sua musica non passa più esclusivamente dalle sue dita ai tasti di strumenti elettronici, ma viene codificata da altri musicisti che a loro volta lasciano un pezzo d’anima. La musica Godblesscomputers si allarga, vibra in modo corale. Questa sera ancora di più, grazie al preziosissimo sax di Alberto Pagnin, alla convincente esibizione di Forelock e alla colorata ed energica performance di Davide Shorty, entrambi alla voce. Il risultato è qualitativamente molto alto.
Perchè allora, nonostante l’ottima musica, non riesco a fissare il ricordo di questa serata tra i concerti memorabili? Forse proprio perchè questa presenza multistrumentale spiazza fin troppo il pubblico, e al tempo stesso non esplode. In concerti “suonati”, rock, jazz o pop hanno dei momenti di esaltazione, dove si corre a briglie sciolte, ma questa sera tutto è fin troppo misurato, e al contempo non troppo delicato per creare un clima intimo. Decisamente bello, ma non basta per destare e sconvolgere quella parte di pubblico non affamato.
Continuo ad ascoltare Solchi, trovandolo un disco bellissimo. Incrocio i ricordi della serata e non ci trovo le stesse sensazioni. Continuo a credere che Lorenzo non abbia però grandi colpe sul fatto che il concerto non mi abbia stravolto (il tour è appena all’inizio e c’è tempo affinchè lui stesso trovi la giusta alchimia di ingredienti). Continuo a credere che in parte la colpa sia mia. Nostra. Forse.
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