Giuseppe Fiori esordisce con Spazi di vita scomodi, il suo primo album solista.
In realtà esperienza nell’ambiente musicale ne ha da vendere, è produttore, polistrumentista, bassista dei Rezophonic (il super gruppo rock umanitario), degli Egokid, autore e conduttore di un programma radiofonico, e ha suonato in diversi progetti. Background che non poteva che confluire in questo lavoro, e si sente.
Alla produzione e guida c’è Lele Battista che ha messo insieme le idee alle quali Giuseppe lavorava da tempo.
C’è molta cura a partire dalla copertina del disco, affidata a Roberta Maddalena Bireau (che abbiamo avuto modo di conoscere anche per alcune copertine di Paolo Benvegnù, ad esempio), una testa di profilo, suddivisa in scomparti.
Spazi di vita scomodi è anche un bel titolo, che rispecchia perfettamente i tempi moderni. Oltre ad essere tragicamente fisici (vedi i piccoli appartamenti che quelli della nostra generazione si trovano spesso a condividere), sono la metafora degli spazi mentali che ci creiamo; dividiamo le attività quotidiane in scomparti, alziamo dei muri e ci isoliamo sempre di più, anche per l’incapacità di relazionarci agli altri. La grande contraddizione dei nostri tempi, dove nonostante la tanta tecnologia è sempre più difficile comunicare e capirsi. Così verrebbe da mandare un SOS attraverso i vecchi Segnali di fumo, come dal titolo di una delle canzoni qui raccolte. La forma prende il sopravvento sulla sostanza, l’ostinata ricerca dell’estetica di un certo tipo, ormai tutta uguale, alla quale si preferisce un “modello comportamentale detto di serie b” (Fuori di qui).
Sono spazi che Giuseppe dice essere un retaggio adolescenziale, e canzoni cominciate parecchi anni fa.
Si raccontano storie di amori difficili, magari sognati, l’affanno del quotidiano, la voglia e il bisogno di un pizzico di follia per sentirsi vivi, e del gioco come via di fuga da una realtà che ci opprime e nei confronti della quale ci sentiamo inadeguati.
Se da piccoli il gioco ci aiuta ad evadere dalla realtà e a sognare, l’equivalente da grandi è la musica. “To play” in inglese vuol dire sia giocare che suonare, e da qui la canzone Toys, nella quale Giuseppe ha suonato anche diversi strumenti giocattolo.
Si racconta ancora del bisogno di stimoli, di qualcosa che ci dia una motivazione, ci aiuti a far crollare timori e barriere (Significanti e significati).
Primo singolo è Oggi mi sono svegliato male, bel pezzo, con un titolo e un testo in cui non possiamo che identificarci.
Giuseppe è prima di tutto un bassista, così la prima canzone, Spazio, comincia proprio con un giro di basso, per poi darci l’idea di quello che sarà il suono generale del disco, tra pop e rock, ricordando in particolari episodi la bella scena alternativa nostrana di fine anni 90.
Ad impreziosire il tutto, oltre alla super visione di Lele Battista, diversi musicisti che hanno dato il loro contributo, come Andy dei Bluvertigo col suo sax, il cantautore milanese Tao alla chitarra, con il quale Giuseppe ha condiviso per diverso tempo la suggestiva esperienza del Tao Love Bus, Gak Sato (spesso al fianco di Vinicio Capossela) al theremin, e Raffaele Fiori, fratello e bravo batterista.
Ritrovo paure e blocchi mentali, che finiscono con incidere sugli spazi fisici, di un’intera generazione.
Riflessioni ben espresse, disco ben suonato, dove si nota l’estremo eclettismo di Giuseppe per primo e dei suoi ospiti, un gusto classico insieme alla voglia di sperimentare.
Credits
Label: Discipline/Audioglobe – 2017
Line-up: Giuseppe Fiori
Tracklist:
- Spazio
- Fuori di qui
- Amore platonico
- Oggi mi sono svegliato male
- Segnali di fumo
- Da domani
- Toys
- Noi
- Nonostante tutto
- Significati e significanti
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