Un paese fragile. Un paese di piume nere. Un paese in cui un manipolo di musicisti non si prostra al mercato che vuole imporre il gusto del banale e dello scontato.
LostHighways ha voluto proporre un approfondimento, raccogliendo i pareri di alcuni dei più importanti artisti che hanno partecipato alla compilation Il paese è reale. Ad ognuno di essi è stato chiesto del progetto degli Afterhours, di Sanremo e del brano con cui hanno voluto far sentire la loro voce per la condivisione di una causa.
Il paese è reale cerca una riflessione non disgiunta dall’azione, la cerca sviluppandosi in progetto utile ad occasionare conoscenza e coscienza, coinvolgimento, collaborazione. Il titolo della canzone è infatti anche il nome di un disco a cui partecipano 19 artisti, un’iniziativa che afferma la realtà di una scena musicale priva di attenzione mediatica eppure viva e fertile.
Il Paese è reale è distribuito in esclusiva presso gli store fisici e virtuali del circuito Fnac a 9,90 €. L’acquisto on line, dal sito www.fnac.it, non comporterà spese di spedizione.
Manuel Agnelli
Dal punto di vista dell’attitudine e dell’idea il progetto Il paese è reale è molto simile al Tora! Tora!
Il senso è portare la musica dovunque, in piena libertà, senza barriere stilistiche, senza stupidi ghetti, senza torri d’avorio asfittiche. Il Tora! Tora! aveva lo scopo di coinvolgere soprattutto i media attorno alla nostra scena, si è riusciti solo in parte. Sanremo è un’operazione che prosegue su quella strada e dal punto di vista mediatico è stata probabilmente più efficace perché abbiamo avuto a disposizione un megafono enorme.
Quello che noi cerchiamo di fare da anni è agire nel nostro piccolo cercando di portare la nostra musica ovunque e di stimolare il cambiamento, anche se tarda ad arrivare o non arriva. Eravamo lì non per fare gli snob ma per essere noi stessi in piena libertà, e doveva essere chiaro che lo fossimo senza esserci adattati al festival pur compiendo uno sforzo di comunicazione.
Paolo Benvegnù
Il mio parere è assolutamente collimante con quello di Manuel. Il senso è che queste operazioni Manuel Agnelli le fa da anni: l’ha fatto con il Tora! Tora! ed in questo caso credo abbia avuto un coraggio che davvero in pochi avrebbero potuto avere. Spero che questo progetto possa servire non solo a noi che siamo l’indotto, ma anche alle tante situazioni che si stanno facendo conoscere insieme a noi. C’è tutta una scena di realtà molto interessanti che stanno nascendo in Italia e mi auguro che questo progetto serva da stimolo ai musicisti, in virtù del fatto che la musica possa essere accolta da un pubblico più eterogeneo di quello che abbiamo solitamente.
La mia sensazione rispetto al Festival in generale, anche se ammetto di averlo seguito veramente poco, è che sia una grande sagra paesana, partendo dalla considerazione che l’Italia è un paese veramente “diverso”: quello che si respira a Firenze è completamente diverso da quello che si respira a Milano, a La Spezia o addirittura ad Arezzo. L’Italia è un insieme di realtà fortemente provinciali e Sanremo ne è in qualche modo la fotografia, quindi chi organizza il festival deve tenere d’occhio tutto questo. Questa edizione di Sanremo mi è parsa più snella sotto questo punto di vista.
Io e il mio amore è un pezzo sull’immobilità e sull’indifferenza. Parla di questo. Attenzione, è soltanto un’idea. Sono quattro accordi e tre parole. Nient’altro. Il problema è che questo muro non si sgretola nemmeno dicendolo. Tutti lo sanno. Ed in molti praticano l’intenzione di uscire da questo tipo di indifferenza, di inedia e poi si limitano a vivere la vita subendola, dicendo “anche per oggi è passata” ed è terribile, terribile.
DiscoDrive
La compilation è indubbiamente una grossa opportunità per tutti i gruppi che faticano ad emergere… ci vorrebbero più iniziative di questo genere perché purtroppo per come funzionano le cose in Italia spesso l’anzianità è il criterio principale per avere attenzione. Se fai un album non ti considera nessuno, se ne fai due cominci ad essere qualcuno, dal terzo in poi sei davvero considerato. È un assurdo, ovviamente, ma non così lontano dal vero. Del resto il fatto che gli Afterhours vadano a Sanremo come “novità” dà l’idea di come siamo messi. Insomma, i gruppi “alternativi” di oggi, quelli che fanno i grandi numeri, voglio dire, sono gli stessi di dieci anni fa: Subsonica, Afterhours, Marlene Kuntz… più qualche cosa di più recente come i Negramaro. Spero che Il Genio e Le Luci della Centrale Elettrica possano fare strada sul serio, perchè servirebbe almeno a svecchiare un po’, anche se non sarebbe un’innovazione stilistica (chiarisco: entrambi mi piacciono, pur facendo cose che in generale non mi fanno impazzire, ma insomma il concetto è che in Italia per aver successo sul serio devi fare Pop, oppure il cantautore, e soprattutto cantare in italiano, e non c’è modo di provare a puntare su qualcosa di diverso).
Il Festival è un simbolo. Per me è il simbolo di come sia vecchia e conservatrice la musica in Italia. Purtroppo in Italia può funzionare davvero solo ciò che può funzionare a Sanremo, il che rende l’idea della nostra condizione come paese. Purtroppo mentre nel resto del mondo cose assolutamente non commerciali possono finire in classifica, qui non si va oltre la Giusy Ferreri di turno… e certo se si riesce a infilare a Sanremo qualcosa che avvicini vagamente l’Italia al mondo che conta, musicalmente non può che far bene, anche se personalmente sono piuttosto scettico sul fatto che possa veramente cambiare qualcosa.
The Giant è un pezzo molto particolare, direi abbastanza psichedelico. È difficile parlarne, mi sento sempre scemo a cercare di descrivere la musica che facciamo. È sempre imbarazzante rispondere alla classica domanda “che genere fate?”. Comunque credo che sorprenderà parecchio chi già ci conosce e speriamo possa incuriosire chi non ci conosce ancora. Ci piace cambiare molto, non rifare mai le stesse cose ma cercare nuove strade e con il nuovo album stiamo esplorando direzioni diverse ancora una volta. Sicuramente non abbiamo mai fatto un pezzo come The Giant prima d’ora, ma questo non significa che il nuovo album sarà tutto così, anzi!
Beatrice Antolini
Sono molto felice di aver partecipato alla compilation. Ringrazio Manuel per avermi dato questa opportunità e gli auguro il meglio.
Il Festival mi fa pensare che spesso ci siano canzoni di nessuna importanza e che in Italia manchino gli autori. Conosco persone che sanno scrivere e non capisco come mai non siano loro ad essere pagate per scrivere delle belle canzoni, anche a Sanremo.
Venetian hautboy è’ un pezzo autobiografico. E’ molto divertente ma allo stesso tempo nervoso (forse per il poco tempo che ho avuto per realizzarlo). E’ molto diverso dagli altri che ho scritto, più quadrato e più “semplice” . Mi piace e mi diverte, appunto. Lo suonerò dal vivo.
Il teatro degli orrori
Manuel ha sempre avuto a cuore le sorti della musica indipendente italiana; credo di poter dire che non da ieri lo dimostra con coerenza ed intelligenza. L’esperienza del Tora! Tora! sta a dimostrarlo, e questa strana comparsata a Sanremo è anch’essa nel segno della coerenza artistica e professionale dell’uomo e del musicista.
Sanremo è la kermesse dell’ignoranza e dell’ipocrisia della musica leggera italiana. Grazie a questa possiamo ogni anno valutare con circostanza quanto faccia schifo il pop italiano, quanto è falso, e quanto sia asservito a quell’ immginario collettivo ad uso e consumo delle multinazionali dell’intrattenimento. Credo comunque che gli Afterhours abbiano fatto bene a parteciparvi: hanno reso un servizio encomiabile alla scena indipendente: non ci vedo alcuna contraddizione. Bravo Manuel e bravi Afterhours!
Refusenik è una canzone bella rock, spigolosa e potente, un po’ anni ottanta. E’ ispirata e dedicata a quei soldati israeliani che si rifiutano di combattere contro i civili palestinesi, e che per questo finiscono in prigione. L’abbiamo ideata e scritta tre anni or sono, ed è purtroppo ancora di grande attualità.
Marco Ancona e Amerigo Verardi
Marco Ancona: Il progetto di Manuel l’ho trovato molto interessante e significativo, così come lo è stato il Tora! Tora! e come lo sarà qualche altra cosa che sicuramente farà venir fuori in futuro. Per quanto riguarda la compilation non ho avuto ancora il piacere di ascoltarla.
Partendo dal presupposto che non vado pazzo per i concorsi a premi e che in ambito musicale non concepisco affatto le “gare tra canzoni”, credo che Sanremo sia più uno spettacolo televisivo che si camuffa dietro la parola “Festival”. E tv non ne guardo quasi affatto.
Amerigo Verardi: Non ho ancora avuto modo di ascoltare i brani della compilation ma sono curioso di farlo. Conosco e stimo Manuel abbastanza per non sorprendermi di ogni sua buona idea. Questa è certamente una delle più valide occasioni che lui offre alla musica alternativa italiana per farsi ascoltare. Non so quanto il pubblico italiano sia pronto ad aprire le orecchie rispetto a questa iniziativa, ma è certo un tentativo che merita rispetto ed attenzione, al di là del fatto di comparire personalmente tra i partecipanti.
Non saprei bene cosa dire riguardo il Festival perchè è come sentirmi chiedere cosa penso della politica italiana degli ultimi 40 anni. E’ una manifestazione che ha regalato alcune canzoni memorabili, ma anche una sequenza infinita di brutture e banalità musicali, di siparietti tragici tra conduttori, di lotte meschine di potere discografico per far prevalere l’uno o l’altro artista. A parte questo devo dire che il Festival di quest’anno ha avuto dei bellissimi momenti sia musicali che non, anche se alla fine mi sembra abbiano prevalso alcune delle peggiori canzoni tra quelle proposte. O almeno così la penso io.
Mano nella mano è una canzone che parla del senso di distacco e di perdita. L’abbiamo registrata in due notti io e Marco, suonando tutti gli strumenti ed è in realtà una versione scarna del pezzo in quanto entrambi eravamo molto impegnati in altri lavori. Non ci dispiace affatto in questa veste, ma ci ripromettiamo comunque di rientrare in studio e registrarne una versione più completa ed arrangiata. La voce femminile è stata aggiunta in seguito perchè le circostanze mi hanno portato a conoscere in quei giorni una grande artista, Nicoletta Nardi, e così è nata questa collaborazione estemporanea e, per me, preziosa.
Calibro 35
Secondo noi, la compilation è una gran bella idea e siamo onorati che ci sia stato chiesto di farne parte. In primo luogo, è una buona cosa per la reperibilità e la selezione: si possono ascoltare tanti progetti italiani che spazino dal cantautorato al jazzcore senza passare un pomeriggio in rete? Con la polverizzazione delle etichette indipendenti e il ricorso sempre più costante all’autoproduzione e autopromozione da parte di gruppi underground è difficile avere visibilità nei negozi. In seconda battuta è un segnale, e forte, che afferma che in italia C’E’ un’alternativa, o meglio CI SONO TANTE alternative e questi pezzi sono una piccola selezione di tutte le cose che ci sono in giro e che meriterebbero di essere più conosciute. Il tutto portando la promozione al di fuori dei canali classici dell’underground. Uno dei primi pezzi trasmessi da Radio Rai Uno subito dopo la fine del festival è stata la nostra versione di L’Uomo dagli occhi di ghiaccio per presentare la compilation, dopo hanno parlato di Povia…
Il Festival non ci interessa molto. Non produce idee musicali da anni ed è un luogo molto conservatore. Magari nella mente di alcuni organizzatori illuminati è diverso, ma nella realtà del pubblico che lo sostiene rimane radicato su categorie, musicali e non, molto lontane dalle nostre.
L’Uomo Dagli Occhi di Ghiaccio è un medley di vari pezzi contenuti nella colonna sonora dell’omonimo, semisconosciuto film del 1971. E’ funk psichedelico di estrazione chiaramente italiana, un bel mischione di stili. Abbiamo registrato in una mattinata, un po’ di corsa ma la versione è venuta così bene e coerente che abbiamo deciso di lasciarla così com’era. L’obiettivo era, come sempre con Calibro, appropriarsi della musica originale e trasformarla in qualcosa di nostro… ci siamo riusciti?
Cesare Basile
Manuel sa come giocare e per me è un piacere fare questa mano insieme a lui.
Il Festival è un perverso e affascinante corpo in decomposizione… come mancare?
Odio presentare i miei pezzi… Le canzoni dei cani sarà la title track del mio prossimo album.
Dente
Il progetto legato alla compilation è lodevole e il fatto di essere saliti sul palco di Sanremo con loro è stato bellissimo. Almeno io mi sono sentito lì.
Sanremo… è una bella città di mare!
Beato me è una canzone che era parcheggiata da un po’ di tempo e che, grazie a questo invito, ha preso forma e vita, tra l’altro l’ho scritta a pochi chilometri da Sanremo l’estate scorsa!
Settlefish
Tutte le operazioni che tendono a unificare un underground come quello italiano, che è iperframmentato e nel quale spesso ci si guarda anche in cagnesco, sono gradite. Inoltre abbiamo avuto modo di suonare con gli Afterhours in passato e ci siamo trovati molto bene. Quindi abbiamo risposto immediatamente all’appello.
Pensiamo che anche quest’anno, a fronte di promesse su un tanto decantato rinnovamento, si sia consumato il solito rito di una manifestazione musicalmente legata a stilemi, salvo qualche eccezione, vecchi e abbastanza triti. Magari per noi è anche facile parlare, cantando in inglese non corriamo il pericolo di partecipare (e non dico che la cosa potrebbe anche essere divertente), però Sanremo sembra veramente un monolite tetragono e felice di esserlo. D’altronde mi pare una fedele rappresentazione del nostro paese: immobile, impietrito e in mano ad anziani poco coraggiosi.
Catastrophy Liars è un inedito che risale a circa quattro anni fa. E’ una canzone che non venne inserita nella scaletta di The Plural Of The Choir perchè ci sembrava troppo diversa dal resto del materiale che poi sarebbe confluito in quel disco. Nonostante questo l’abbiamo sempre considerato un ottimo pezzo e da tempo cercavamo un’occasione giusta per pubblicarla. L’offerta degli Afterhours di avere una nostra canzone inedita per questa compilation ci è sembrata la situazione giusta per fare uscire questo pezzo. Dentro c’è tutto quello che ha sempre contraddistinto il nostro sound. Armonie di chitarra complesse, melodia, e un’abbastanza inedita coda “no-wave”. Inoltre la registrazione viene dalle mani di Brian Deck che è stato l’uomo dietro a molte produzioni che amiamo, come Iron And Wine e i Modest Mouse. Speriamo sia gradita. A noi piace.
Roberto Angelini
Rispetto al progetto il mio pensiero è che, come al solito, Manuel e compagni abbiano avuto una grande idea. Un ottimo modo per dare un ulteriore senso e peso alla loro partecipazione a Sanremo. Il disco è veramente bello.
Sanremo è una vetrina ormai rotta. Un grande spettacolo televisivo che soffoca la musica.
Tempo e pace è una canzone sulla quale ho lavorato per La vista Concessa, ma che alla fine è rimasta fuori rosa. E’ un pezzo sugli sbalzi d’umore con una struttura che parte piano e si ammala strada facendo fino a impazzire.
Zen Circus
Il prodotto finale per me è comunque una compilation che non ho ancora sentito, quindi non posso rispondere riguardo al contenuto musicale. Non è che, siccome ci sono dei nomi indipendenti, allora sia per forza figa: dipende dai brani, dal caso, dalla scaletta. Di solito le compilation così eterogenee le uso per pareggiare i mobili, pochissime si salvano, speriamo che questa sia una di quelle. Il progetto però è coraggioso e sono contento che un gruppo come gli Afterhours continui oggi a mettersi in discussione, sia per quanto riguarda il proprio organico che Sanremo, l’ultimo disco o il progetto Il paese è reale. Ho sentito parlare di coerenza. Che parola limitante inserita nel mondo dell’arte! Osare, mettere in discussione, essere incoerenti, forzare i limiti: questo è quello che io personalmente pretendo da un vero gruppo rock. E gli After lo sono, che ti piacciano o no.
Sanremo è lontano anni luce dalla realtà. Non la nostra realtà, ma proprio LA realtà. Un circo gigione che odora di marcio. Disse Pasolini (intervistato da Enzo Biagi): “la televisione è un medium di massa e come tale è antidemocratico; non c’è contraddittorio”. Quello che ne esce è un regime verbale. Pasolini sosteneva inoltre di non poter dire tutto quello che voleva in televisione perchè, attraverso il medium appunto, quello che il pubblico avrebbe recepito sarebbero state solo falsità. Non è un mostro, c’è di molto peggio al mondo d’oggi, ma è televisione, è il passato. E noi sinceramente preferiamo guardare al futuro.
Gente di merda è un provino registrato in fretta e furia da Manuele Fusaroli all’ NHQ di Ferrara poco prima del nostro tour australiano. Un provino di uno dei 10 brani che appariranno nel nuovo disco in Italiano che uscirà ad Ottobre 2009. Gente di merda è volgare, come d’altronde l’argomento che tratta: gli esseri umani. Lo avevamo registrato convinti che lo avremmo ascoltato solo noi fino alle registrazioni definitive, ma Enrico Gabrielli ci ha contattati mentre eravamo in Australia e i tempi erano così stretti che non si poteva fare altro che mettere un brano da quei provini. E’ ironico, è un gioco serio. Ed inizia con una bestemmia nemmeno troppo velata, la cosa più doverosa ora come ora dopo anni di fin troppo rispetto nei confronti del principale cancro di questo paese: il clero ed il suo dio, sadico e pervertito come chi lo rappresenta.
(In collaborazione con Amalia Dell’Osso, Roberta Molteni, Roberta Accettulli e Casasonica Management, Daria e Ghost-Records, Gabriele/Giovanni e Unhip Records; Il paese è reale è in streaming autorizzato)
Un solo commento
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