In questi giorni si sta parlando molto dei lavoratori del mondo dello spettacolo, una delle categorie che sta pagando lo scotto più grande del lockdown dovuto al coronavirus. Cinema, teatri, concerti sono stati cancellati da un giorno all’altro e, ad oggi, dopo due mesi, non si sa ancora se e quando potranno riprendere la loro regolare attività.
Come vi abbiamo raccontato in un articolo pubblicato qualche giorno fa, dietro a uno spettacolo dal vivo c’è tutta una serie di lavoratori che stanno nell’ombra e che vorrebbero risposte chiare sul loro futuro. Ne abbiamo parlato con Max Martulli, tour manager e band assistant che, tra i vari lavori che ha svolto, può vantare collaborazioni con Afterhours, Negrita, Diodato e Levante, tanto per citare qualche nome tra i tanti.
Ciao Max, grazie per la disponibilità. Partiamo con una domanda classica: chi è Max Martulli?
Ciao e grazie mille a voi! Nasco quarantotto anni fa, esattamente il 9 maggio e mi occupo di musica. Faccio il tour manager e band assistant da circa 12 anni. Ho lavorato con artisti quali Afterhours, Negrita, Vasco Brondi, Levante, Diodato e molti altri.
Che cosa vuol dire, oggi, lavorare nel mondo dello spettacolo? In tempi cosiddetti “normali” quali sono le difficoltà per chi sceglie un lavoro come il tuo?
Vuol dire innanzitutto tanta passione e spirito di adattamento a ogni nuova realtà lavorativa, non abbiamo mai una giornata uguale a quella precedente. Ci vuole equilibrio ed elevata capacità nel “problem solving” e un altissimo spirito di socializzazione.
La difficoltà può essere la poca considerazione delle nostre figure professionali da parte del mondo del lavoro. Non abbiamo un ente o un sindacato che ci tuteli, siamo lavoratori davvero autonomi!
Ci vuoi parlare del progetto The dark side of the show?
Proprio per la poca considerazione che abbiamo io e i miei colleghi del mondo dello spettacolo da parte delle istituzioni e per diffondere le nostre professioni a chi le ignora, circa un anno e mezzo fa ho deciso di raccogliere con un documento video le varie testimonianze degli addetti ai lavori, intervistandoli e raccogliendo immagini di lavoro “sul campo”. Ora sono nella fase di montaggio e spero proprio che sia pronto per il prossimo autunno. Si chiamerà The dark side of the show proprio perché lavoriamo nascosti o quasi. Un altro sogno nel cassetto è quello di riuscire a portare il docufilm in tour nelle scuole di tutta Italia, in modo da far scoprire ai giovani il meraviglioso mondo lavorativo dello spettacolo.
Com’è cambiata la tua vita dopo l’inizio del lockdown?
Purtroppo ho perso il lavoro: nessun concerto, nessun introito. Faccio il marito e il papà a tempo pieno, ma nel frattempo mi dedico al documentario e alla realizzazione della colonna sonora. Sono un musicista e questo stop forzato mi ha permesso di lavorarci quasi full time. Mi sento spesso con alcuni musicisti per capire come riorganizzare il futuro lavorativo, stanno nascendo idee stupende, speriamo si concretizzino. Siamo tutti esploratori di nuovi mondi, pionieri alla scoperta di nuove realtà.
Ho ri-scoperto quanto sia importante avere del tempo da dedicare ai propri cari e alle proprie passioni, alla bellezza della luce incredibile che abbiamo nel cielo in questi giorni grazie alla quasi scomparsa dello smog, alla bellezza nascosta in ogni cosa che la natura ci regala, al piacere incredibile di andare lenti e di accorgersi che alcune volte il silenzio senza traffico è meraviglioso. Anche quando tutto questo finirà dovremmo ricordarcelo tutti, sempre.
Negli ultimi giorni, diversi artisti, anche piuttosto conosciuti, tipo Tiziano Ferro o Ron, sono scesi in campo per sostenere la causa dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Alcuni musicisti, tra cui Marco Messina dei 99 Posse, stanno chiedendo misure concrete come un reddito di quarantena per chi di fatto non può lavorare finché saranno vietati gli eventi dal vivo. Come valuti queste proposte, quali sono le priorità per restare a galla e poi poter finalmente ripartire?
Ho trovato molto caloroso il movimento nato dagli artisti big e meno big nel dare voce alla nostra categoria, appunto, sempre nascosta e poco considerata. Ho trovato stupenda l’unione che si è creata tra noi addetti ai lavori e le bellissime iniziative nate a sostegno del nostro lavoro e degli altri che, in questo momento, hanno bisogno di un enorme aiuto. A tal proposito vorrei citare la bellissima iniziativa Chiamate noi, nata da un’idea di un caro collega backliner, per offrire le nostre capacità e il nostro know-how alla protezione civile e alle autorità competenti.
Dato che siamo acompletamente fermi nel nostro ambito lavorativo, un reddito di quarantena per tutte le figure professionali dello spettacolo sarebbe vitale, sia per il sostegno alle famiglie dei lavoratori, sia per non perdere nei mesi a venire un numero enorme di professionisti che, per ovvie ragioni, dovrà trovarsi un altro lavoro per il proprio sostegno economico.
Agli appelli e alle proposte dei musicisti si affiancano anche quelle delle principali associazioni dell’imprenditoriale musicale italiana: AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI si sono rivolte in maniera coordinata al Presidente del Consiglio. Qualcosa si è mosso o sono appelli caduti nel nulla?
Ad oggi sono nati molto tavoli di lavoro. Non sarà un percorso veloce, ma, se noi e queste associazioni e, perché no, anche con il supporto degli artisti, restiamo uniti senza perdere di vista l’obbiettivo, potremmo avere dei bei risultati in futuro.
Cosa ti auguri per il futuro della tua categoria?
Mi auguro e sogno la creazione di una vera e propria categoria o un ente per la nostra tutela, insomma essere riconosciuti come una vera e presentissima forza lavorativa che genera prodotto interno lordo e versa contributi e tasse al sostegno del Paese, come tutti, e non dimentichiamoci che siamo operatori del mondo dell’arte e della cultura. Come non esserne fieri!