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C’è sempre un ruolo per un artista – Intervista a Max Collini

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Prosegue la nostra serie di interviste per indagare le problematiche del mondo della musica, tra i settori più colpiti dal lockdown, la cui ripresa resta tuttora un’incognita. Ne abbiamo parlato con una delle menti più ironiche e lucide del panorama musicale nostrano degli ultimi anni, Max Collini, voce narrante dell’Italia contemporanea, dagli Offlaga Disco Pax alle letture dissacranti della scena indie o sedicente tale, alle storie di resistenza antifascista.

Come è arrivata l’emergenza nella tua vita di musicista, che progetti ha interrotto? 
Credo come nella vita di tutti gli altri e quindi a freddo, inaspettatamente. Dapprima incredulo, poi consapevole, poi preoccupato, poi terrorizzato. Sono stato molto male durante il lockdown, sono finito in ospedale dopo decenni che non mi succedeva e ho anche capito sulla mia pelle che la sanità emiliana è un privilegio che ho la fortuna di avere a pochi passi da casa. Ho perso in questi tre mesi tantissime date del tour “Max Collini legge l’indie”, una nuova esperienza sostanzialmente teatrale che mi stava dando belle soddisfazioni, spero di poterle recuperare in qualche modo. E’ una situazione in cui sono da solo sul palco, non c’è musica ma solo parole, tecnicamente è uno spettacolo semplicissimo e sono io per primo che chiedo che la gente sia seduta. Non ci sono folle oceaniche a vederlo, il cachet è ampiamente sostenibile e non comporta rischi: sembra la descrizione perfetta delle uniche cose che si potranno fare dal vivo questa estate. Me l’avessero raccontato non ci avrei mai creduto.

Che riflessi ha avuto il lockdown sul mondo della musica?
Pessimi. Musicisti, locali, strutture, addetti di ogni tipo già deboli di loro sono stati i primi a chiudere e saranno gli ultimi a riaprire, sempre che ci riescano. Non mi preoccupano i super eventi negli stadi e nei palazzetti, quelli verranno recuperati in qualche modo, mi preoccupa chi lavora a giornata, il fonico che non fonica, il service che non serve. Sono centinaia di migliaia di persone che se non avranno alternative andranno a fare altro (nella migliore delle ipotesi), col rischio che enormi professionalità si disperdano. L’abisso culturale in cui siamo sprofondati è indescrivibile.

Per il 25 aprile hai letto un bellissimo testo di Arturo Bertoldi. C’è un ruolo per il musicista in questo frangente?
C’è sempre un ruolo per un artista se l’argomento di cui parla lo sente suo e lo rappresenta. Credo sia visibile a occhio nudo quando una cosa viene fatta senza interesse, passione e partecipazione ma solo per circostanza. La festa della Liberazione dal nazifascismo è, per me, la festa più importante dell’anno e amo condividerla con gli altri, nelle forme che di volta in volta si propongono. Qualcuno quella memoria dovrà pur preservarla, anche gli artisti possono e devono farlo.

Di seguito ti chiediamo di commentare alcune esperienze e prese di posizione:
1) “Dacci oggi il nostro balcone quotidiano”: Enrico Gabrielli ha annunciato con un post molto duro la conclusione dell’esperienza portata avanti con Francesca Biliotti, un appuntamento quotidiano che dal 12 marzo 2020, tutti i giorni alle 17, dal balcone ha portato musica dal vivo per la piazza sottostante. “A detta di tutti stiamo facendo un servizio essenziale per la comunità, come una specie di orologio sonoro e molte famiglie hanno regolato la loro quotidianità sulla nostra presenza.Da oggi inizierebbe la fase in cui la gente può uscire di più. E dunque il nostro pubblico potrebbe aumentare esponenzialmente. Ma, in tutta coscienza, un conto è suonare per tenere alto il morale della gente in una situazione di claustrofobia, un conto è allietare il popolo: questo si chiama “concerto pubblico”. Visto che per la nostra situazione di musicisti non c’è nulla di nulla e soprattutto neanche una parola di conforto da parte delle Istituzioni, (leggete l’ultimo decreto e converrete) abbiamo deciso che oggi faremo l’ultima esibizione fin quando non si chiarirà la nostra condizione. È forse giusto sin da ora cominciare ad abituare le persone che senza la “cultura” in ogni sua manifestazione sarà impossibile misurare lo stato di benessere mentale di una Nazione. La cosa certa è che le attività culturali non hanno inquinato l’aria come il sistema industriale che riaprirà entro quindici giorni a regime. E che soluzioni per aggregare la gente in sicurezza e con intelligenza ci sono. Verrebbe da chiedersi se poi valga la pena tutta questa premura per una vita così striminzita. Essere sani fuori e morti dentro è una mezza vita.”
Conosco Enrico Gabrielli da tanti anni e gli voglio bene, esattamente come voglio bene alle cose che ha detto. Dove devo firmare?

2) Steven Wilson: “Come molti dei miei album, con The Future Bites non si tratta solo di musica, ma è un progetto concettuale più ampio, che coinvolge design, artwork, produzioni video e un tour, tutto su scala ancora più grande rispetto al passato. A causa della pandemia, dobbiamo affrontare delle sfide senza precedenti, dalla produzione (in particolare quella per la deluxe edition), all’incertezza che stanno vivendo i negozi di dischi obbligati alla chiusura, fino all’impossibilità di girare il materiale video che avevo in programma. È per questo motivo che a malincuore ho deciso di posticipare la pubblicazione di The Future Bites fino a che tutto tornerà alla normalità.”
Mi sembrano ragionamenti razionali. Che senso avrebbe fare diversamente?

3) Pearl Jam: due settimane dopo la pubblicazione del loro ultimo album Gigaton (21 marzo) hanno annunciato il rinvio di un anno del loro tour estivo (mentre qualcuno, magari, ancora spera di poter calcare i palchi in breve tempo)
Non gioco questo campionato, in generale dei problemi di chi riempie gli stadi (con tutto il rispetto sia chiaro) e di chi ha milioni di dollari o euro sul conto corrente non me ne frega un tubo. Hanno fatto decine di tour e di dischi, uno in più o uno in meno non cambia, artisticamente, assolutamente nulla. Mi spiace invece per il lavoro perso di centinaia di persone che con un tour come questo avrebbero portato a casa la pagnotta. Resta il fatto che la musica oltre un certo livello è anche una industria e se l’industria chiude non ne pagano le peggiori conseguenze i capitani di quella impresa, ma le terze file: gli operai, gli impiegati, gli addetti alle pulizie. E’ il capitalismo, bellezza, e vale anche per quei vecchi socialdemocratici dei Pearl Jam.

4) Nick Cave, dal suo blog The Red Hand Files: “We are forced to isolate — to be vigilant, to be quiet, to watch and contemplate the possible implosion of our civilisation in real time. When we eventually step clear of this moment we will have discovered things about our leaders, our societal systems, our friends, our enemies and most of all, ourselves. We will know something of our resilience, our capacity for forgiveness, and our mutual vulnerability. Perhaps, it is a time to pay attention, to be mindful, to be observant. As an artist, it feels inapt to miss this extraordinary moment. Suddenly, the acts of writing a novel, or a screenplay or a series of songs seem like indulgences from a bygone era. For me, this is not a time to be buried in the business of creating. It is a time to take a backseat and use this opportunity to reflect on exactly what our function is — what we, as artists, are for.
Una visione che va oltre il presente, il contingente. Molto alta, altissima. Siderale direi. Poco comprensibile nel basso impero in cui mediamente viviamo noialtri.

Il sostegno al “lato oscuro” della musica, come lo ha definito Max Martulli, il mondo di tecnici del settore che consento lo svolgimento dei live, quali soluzioni?
L’unico strumento è un welfare universale, quello che stanno cercando di smantellare da trent’anni. Magari qualcuno dopo questo bordello avrà cambiato idea. Speriamo.

Agli appelli e alle proposte dei musicisti si affiancano anche quelle delle principali associazioni dell’imprenditoriale musicale italiana: AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI si sono rivolte in maniera coordinata al Presidente del Consiglio. Qualcosa si è mosso o sono appelli caduti nel nulla?
Non saprei dire, io lavoro con piccole etichette, autofinanziandomi dal basso, senza capitali, con anticipi inesistenti o quasi. Ho fatto di necessità virtù e in momenti come questi la sostenibilità di questo modo di fare le cose è certamente rassicurante. Non ho mai potuto scegliere diversamente, perché nessuno mi ha mai proposto di passare alla fase due. Forse, semplicemente, perché quello che faccio e ho fatto in passato non ha generato valore aggiunto economicamente appetibile. Ne prendo atto, la questione non mi ha mai impedito tuttavia di realizzare tante cose ugualmente. Fare il massimo con poco mi è sempre sembrato un buon metodo. Non ne ho potuto mai sperimentare altri. Un caro saluto alla FIMI, in ogni caso.

Prospettive future, anche alla luce delle disposizioni del DPCM del 17 maggio che consente a partire dal 15 giugno la ripresa degli spettacoli nei teatri, sale da concerto, sale cinematografiche e spazi all’aperto? Immagini un tuo spettacolo con pubblico “socialmente distanziato”?
Come dicevo all’inizio, ai miei spettacoli non ci sono quasi mai folle accalcate, per cui il mio ambiente è esattamente quello che descrivi, salvo rare eccezioni. In questo sono davvero perfetto per questo particolare nuovo che avanza. Chi l’avrebbe mai immaginato? A parte la riflessione personale, speriamo che la paura non tenga troppe persone lontane dagli eventi culturali, dalle librerie, dagli spettacoli.

La possibilità di una piattaforma sul genere di Netflix per live “in sicurezza”?
Avete presente i DVD dei concerti dal vivo? Ecco, di solito non sono esattamente il punto più alto della carriera di un artista, ma semplice materiale di contorno per i fan più sfegatati e per quelli che avrebbero voluto esserci. Temo che non sarà un canale tematico che potrà risolvere la questione, ma è ovvio che ogni contributo di idee, anche le più bizzarre, è ben accetto. Dario riprovaci, sarai più fortunato…

Foto dal sito www.autorinprestito.it/max-collini/

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