Una delle accuse spesso rivoltegli dai suoi detrattori riguarda l’essere eccessivamente prolifico, “beh, questa potevi risparmiartela” oppure “c’era davvero bisogno di un’altra canzone del genere?” Già nel lontano 1976, Sir Paul McCartney rispondeva a queste critiche con una magnifica e spensierata canzone, Silly love songs, assieme ai sodali Wings, in cui la leggerezza, oggi tanto decantata, era solo nell’invidiabile capacità di scrittura di una serie di semplici, quasi elementari, frammenti melodici di immediata orecchiabilità montati con una fluidità armonica che nulla aveva a che vedere con la disco ormai imperante o con quella che qui in Italia veniva definita con espressione orrenda “musica leggera”. Alle soglie degli ottant’anni Macca non ha perso una briciola di quella sua iperattività perché, ed è quello che non si capiva all’epoca e spesso neppure oggi, la sua unica motivazione era ed è il piacere di suonare, la gioia, quella che cerca anche il più disperato dei bluesman cercando esorcizzare il dolore attraverso la musica. E così a pochi mesi di distanza dall’ultima fatica solista, che ha chiuso una trilogia solitaria intrapresa nel 1970, McCartney lascia che un drappello di musicisti di diversa estrazione mettano le mani sulla sua creazione, offrendo ciascuno la propria lettura e interpretazione, in totale libertà. Un cast stellare che solo McCartney poteva mettere insieme, lui che ha sempre giocato a frequentare nuove stelle mainstream, dal duetto con Michael Jackson in The girl is mine (1982), fino al trio di FourFiveSecons (2015) assieme a Rihanna e Kanye West. McCarteny III Imagined è per l’appunto un sogno, un finale alternativo più che un omaggio, ma allo stesso tempo anche una sorta di consacrazione, tanto per esordienti come Dominic Fike, che già spopola sulle piattaforme digitali, quanto per navigati e più che smaliziati autori come Beck e Damon Albarn. Eppure mentre il funambolo di Los Angeles tratta come una propria creatura non scritta Find My Way aggiungendo quel groove retro futurista che anima le sue prove più cool, è proprio il giovane Fike a uscire dal suo personaggio di rapper ribelle, che incide il suo primo album agli arresti domiciliari, inventando una nuova e stilosa versione di The Kiss of Venus, che riceve la compiaciuta approvazione di McCartney anche nell’ironica chiusura del video promozionale. Pretty Boys nel trattamento dei Khruangbin si fa suadente con i suoi ammiccamenti dub, le chitarre che citano i Police, le percussioni incessanti e il canto etereo di Laura Lee, creando un inconsapevole cortocircuito coi nostri Nu Guinea (ormai Nu Genea). St. Vincent, sentendo l’affinità d’ispirazione col suo nuovo album da poco uscito, seleziona Women And Wives dalla scaletta, aggiungendo alle trame blues dell’originale una coralità distante e sensuale e un misuratissimo solo in dissonanze taglienti. Ed è ancora nelle chitarre, che assumono un’impronta psichedelica nei risucchi dei nastri al contrario, il maggior contributo dato a Deep Down nella rilettura rispettosa di Dev Hynes, qui sotto lo pseudonimo Blood Orange. Seize The Day è la più beatlesiana dell’album nell’arrangiamento di gustose morbidezze indie (quale ossimoro), dell’esile e melodiosa voce di Phoebe Bridgers, mentre il rock si fa duro accelerando le trame già ruvide di Slidin’ grazie alla dinamicità del chitarrista dei Radiohead Ed O’Brien, entrambe forse troppo rispettosi dell’originale. Riesce invece a stravolgere tutto il genio di Damon Albarn, che rimuove ogni atmosfera western da Long Tailed Winter Bird, scomponendola in una malinconica tavolozza fumogena, da fantascienza esistenziale e silenziosa sospesa tra le illusioni di Solaris e il rimpianto inguaribile di Gattaca. Si adatta al tono lo-fi dell’originale anche Josh Homme dei QOTSA che mostra di aver troppo amato il blues sporco e minimale di Lavatory Lil, amore viscerale espresso anche da Anderson .Paak che traspone al piano la dolce ballata When Winter Comes, evitando di farsi smielato con un fresco arrangiamento ritmico che vivacizza il bozzetto con discreta eleganza, riuscendo, come Dominic Fike, proprio spogliandosi delle sue solite vesti di rapper. Era già la traccia più lunga e complessa del disco nella versione originale di McCartney ed è gioco facile per Robert 3D del Naja affrontare e vincere le caleidoscopiche ricerche di Deep Deep Feeling, divertendosi a fantasticare (del resto è questo il tema dell’album) sui possibili sviluppi elettronici, le coloriture ritmiche, gli sperimentalismi sonori e armonici, le bizzarie e le torride chitarre che ne fanno un perfetto mash-up, che rievoca lo spirito di ricerca del secondo volume della personale trilogia di Paul.
Tornando alla domanda posta all’inizio, ce n’era davvero bisogno? Assolutamente si.
Credits
Label: Capitol – 2021
Line-up:
Paul McCarteny – Beck – Dominic Fike – Khruangbin – St. Vincent – Blood Orange – Phoebe Bridgers – Ed O’Brien – Damon Albarn – Josh Homme – Anderson .Paak – 3D Robert Del Naja – Idris Elba
Tracklist:
- Find My Way (feat. Beck)
- The Kiss of Venus (Dominic Fike)
- Pretty Boys (feat. Khruangbin)
- Women And Wives (St. Vincent)
- Deep Down (Blood Orange)
- Seize The Day (feat. Phoebe Bridgers)
- Slidin’ (EOB)
- Long Tailed Winter Bird (Damon Albarn)
- Lavatory Lil (Josh Homme)
- When Winter Comes (Anderson .Paak)
- Deep Deep Feeling (3D RDN)
- Long Tailed Winter Bird (Idris Elba Remix)
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