In continua metamorfosi, i Bachi da Pietra ritornano con il loro settimo album Reset. Abbiamo sempre creduto in quelle pietre che portano i Bachi. Abbiamo incontrato Giovanni Succi per approfondire meglio le tematiche del disco e la mutazione a trio. Ancora una bella autostrada di sorprese.
Quali sono le principali differenze in termini di suono tra Reset e Necroide?
RESET fin dal titolo è tutto un programma, non puoi scrivere RESET in copertina e mettere sul piatto una minestra riscaldata. Non se il gruppo è Bachi Da Pietra e non se sono io l’autore. Immagino che questo sia ciò che di più onesto si possa riservare al pubblico che ad oggi ha avuto la costanza di seguire le metamorfosi della bestia, o a chi ci si avvicina per la prima volta, uscendo da sé stesso con molta paura. Comincia adesso.
Mi parli del nuovo innesto Marcello Batelli? Quali sono i contributi e le soluzioni chiave che ha portato nel sound dei Bachi?
C’è un bellissimo documentario dei Metallica in crisi intorno al 2002, dove si vedono i provini per il nuovo bassista in un periodo cruciale della loro storia. C’è questo momento in cui viene comunicato a Robert Trujillo di aver sbaragliato una concorrenza di bassisti da sogno: non solo è lui il nuovo bassista dei Metallica, ma per dimostrare che fanno sul serio c’è già un milione di dollari di benvenuto. Toccante, soprattutto pensando che poi agli occhi del mondo le nostre produzioni competono con le loro… Bene, anche noi nel nostro piccolo abbiamo fatto una cosa del genere: per dimostrare la nostra serietà, abbiamo messo di fronte a Marcello Batelli un un milione di casini e lui se li è smazzati tutti. Grande acquisto.
Si respirano atmosfere elettroniche alla Carpenter in alcuni momenti? Posso dirlo?
Francamente no, che io sappia, approfondirò… Ma tu dillo tranquillamente, libertà di parola sempre e comunque.
Veniamo ai testi del disco. Mai come questa volta l’universo metaforico degli insetti è pregnante, si presta particolarmente all’attuale “misero” stato dell’umanità in piena epoca pandemica. Reset avrà avuto gestazione prima del Covid, quindi come altri artisti siete riusciti a presagire il futuro, a sentire il “fumo” dello sterco che stavamo accumulando con la nostra strafottente sete di onnipotenza e la nostra ineluttabile ricerca di un “insect reset”. Mi parli del tempo in cui sono stati scritti e di questa adesione al reale, peggiorato, a posteriori?
Ho un clamoroso scoop retrospettivo: l’umanità stava già un po’ misera anche prima.
Ho un clamoroso scoop in prospettiva: saremo umani o quasi anche dopo tutta questa manfrina.
Trovo impressionante il verso “Meriterete quello che chiedete”. Mi viene da pensare non solo alla dimensione dei singoli, ma anche alla gestione dei governi mondiali, nel passato recente e… in questo presente. Posso definirlo un verso chiave nel concept generale?
Sì, in una sua disarmante banalità, rammenta a chiunque che a furia di chiede la bicicletta ma senza il sellino, prima o poi ti toccherà pedalare.
Il rock è morto. Trovo incisivo ogni verso. Soprattutto il focus su quella parte di critica musicale passatista ferma a certi schemi classici del rock. In questa scia mi piacerebbe conoscere il tuo parere sullo stato attuale del nostro rock, quello sommerso e quello all’attenzione dei media.
Da autore non mi rivolgo alla critica, mi rivolgo al pubblico, a persone che ascoltano, o potrebbero ascoltare sul serio. Persone in carne ed ossa che potrei aver di fronte e guardare nelle palle degli occhi. Nel caso in cui un certo tipo di fan del rock ascoltasse quel pezzo, mi premeva far presente che se qualcuno qui uccide il rock, quelli sono loro. Il testo è esplicito, si riconosceranno. I media inseguono i gusti del pubblico, non viceversa: non spostiamo sempre le responsabilità altrove. Il pubblico rock che va per la maggiore è passatista e reazionario, cioè refrattario a qualsasi forma di cambiamento a prescindere. I Media lo sanno. E lo è nei confronti del rock, musica popolare che vive (da quando esiste) e sopravvive (forse) di metamorfosi, contaminazioni, di slanci e di azzardi, non di mummie. Con lo stesso atteggiamento i Beatles li avreste bloccati a Love me do.
Quanto ai casi di cronaca italiana, suppongo tu ti riferisca al successo dei Maneskin, credo dimostrino un fatto: che dei giovani bravissimi, bellissimi e super convinti, SEPPURE italiani, possono ancora farcela con i primi tre accordi di Smoke On The Water, nel 2021. Come è successo a suo tempo per Sfera Ebbasta: troppo bravi per essere ignorati. Vi pare brutto? Io ci vedo solo bellezza: è il rock’n’roll. “Vivi per vincere nato per perdere” era il motto di Lemmy. E loro hanno vinto, punto. Non inventano niente? E che bisogno hanno, ma li hai visti? Quindi lasciate il lavoro sporco da miniera a noi tafani malati e godetevi la festa senza rompere il cazzo.
Mi racconti l’artwork del disco?
L’idea di base è partita dall’immaginario Bachi Da Pietra che è sempre andato a braccetto con qualche mia suggestione medievaleggiante. Tutto parte dai bozzetti pseudo-medievali di Francesco Scrimaglio, mio vecchio amico fraterno che si occupa di fumetti e illustrazioni da quando lo conosco. L’immaginetta di un re che si trafigge sulla propria spada (non si sa se incidente o suicidio, inciampo o volontà) e in quel momento dà vita ad altro, ci sembrava riassumere bene lo spirito del progetto. I bozzetti sono poi stati integrati nella veste grafica di Alberto Merlin che ne ha potenziato il messaggio simbolico, e poi impaginati in collaborazione con Stefano Bazzano di Garrincha. Un gran lavoro di squadra dove niente è lasciato al caso.
Facciamo un piccolo passo indietro, sei riuscito a promuovere live quanto bastava il tuo ultimo disco solista Carne cruda a colazione? Quando tutto si sbloccherà lo porterai in giro ancora? In Reset c’è qualcosa di questo disco, a livello emotivo e in senso di metamorfosi?
Sai, il “quanto basta” è un concetto relativo… Diciamo che non mi lamento, considerato il fatto che il 2020 per tutti è finito a marzo. Un timido tentativo di rilancio del Tour in solo, l’estate scorsa, mi convinse del fatto che non era il caso d’insistere oltre in un situazione scomoda per chiunque. Fu annullato anche quello dalle circostanze del caso. Però dal maggio 2020 mi sono accasato su Patreon, proponendo letture, musica, podcast e bevute… Vieni a farti un giro! Per il resto, sì, essendo vivo cambio col tempo, il cambiamento si sente volendo essere onesto e l’attività a mio nome non è una questione stagionale. Anzi, temo che comunque vada sarò Giovanni Succi tutta la vita.
Tu sei anche l’artefice di intensi reading live. Cosa ami di questa performance live? Ci sarà la possibilità di vederti anche in questa veste nel prossimo futuro?
Amo il senso d’avventura che mi procura questo gioco d’azzardo. Nel mio spettacolo su Dante in particolare, chiamiamolo reading per capirci ma io non leggo niente, non ho uno schema fisso; ho giusto un canovaccio, i testi a memoria e una missione: trasformare l’icona del santino di Dante in un personaggio reale, come fu nei fatti, immerso in un tempo e in linguaggio troppo diversi, per cui senza una guida non puoi che fraintendere e banalizzare tutto. Gli appuntamenti di questa estate de “L’Arte del Selfie nel Medioevo” saranno sincronizzati con i contenuti su www.patreon.com/giovannisucci. Seguimi, in un modo o nell’altro, quando ti ricapita?
“L’ARTE DEL SELFIE NEL MEDIOEVO” Tour 2021
18/6 TORINO, Off Topic
01/7 SALERNO, Fondazione Ebris “Mutaverso Teatro”
07/7 SASSARI, “Fino a Leggermi Matto” Festival
11/9 GRADISCA (GO), “In\Visible Cities”
12/9 GRADISCA (GO), “In\Visible Cities” II La Vendetta
“Reset” Tour 2021
15/6 Marina Di Ravenna, Hana Bi
25/6 Carpi, Coccobello
03/7 Bergamo, Edoné
10/7 Siena, Corte Dei Miracoli
25/7 Torino, D.U.I. Fest