Il chitarrista compositore Tim Gane e la cantante e paroliera francese Laetitia Sadier misero su, nel coacervo dell’indie pop londinese di fine ’80, un laboratorio di avanguardia e zucchero filato, destinato a cambiare per sempre la storia del pop sperimentale. Capitolo sesto della loro produzione, Dots and Loops (Duophonic, 1997) è, forse, la vetta formale del loro manifesto. Per dirla col critico inglese Barney Hoskyns, gli Stereolab predicavano in suoni un “avant-easy listening”, ossia una maniera per rendere la complicazione (armonica, ideologica e socio-politica) alla stregua di una gomma da masticare. Parliamo di una formula già cara al collettivo nella sua produzione pregressa, quella di accostare la musica leggera anni ’60 e la bossanova a un intellettualismo elettronico oltranzista e sperimentale. Una dimensione dove marxismo e cocktail-lounge coesistono e i testi situazionisti della Sadier (nata nel ’68 dei tumulti parigini) ne sono dimostrazione. Le sue melodie sono morbide e rassicuranti, ma cantano le contraddizioni di una società capitalistica morbosa e ipnotica. La loro è musica pop, ma ogni garbo estetico nasconde angoscia, noia, disincanto e torpore. E qui i rimandi si sprecano, più che ai Kraftwerk ai loro cugini Can, ai NEU!, alla meccanizzazione come forma di danza post moderna. Ancora qualche coordinata: siamo nel ’97, proliferano le produzioni digitali, esplode la mania del CD, Winamp esordisce nella sua prima versione e consente la riproduzione su PC di file mp3. E gli Stereolab segnano il passaggio alla loro prima produzione su hard disk (inaugurando in studio l’uso di Pro-tools). E ancora: Internet comincia a diventare una possibilità in espansione, il mondo interconnesso non è più un sogno lontano. E Dots and Loops, prodotto da John McEntire (Tortoise, The Sea and Cake) ed Andi Toma (Mouse on Mars) è, di fatto, figlio di uno slancio internazionale, si contamina con i fumi e gli umori postumi di Chicago, si concede a territori estetici sempre più eleganti e radicali al contempo (il sampling, la frammentazione ritmica, la stratificazione sonora). Dots and Loops è un traguardo certo, perché è accessibile eppure avanguardia, digitale eppure analogico, chiarissimo come un caffé parigino o una samba di Astrud Gilberto eppure tenebroso come un canto gotico (vedi il canto corale di “The Flower Called Nowhere”, pescato dal comedy horror di Polanski “The Fearless Vampire Killers”). Gli anni duemila del pop continueranno a sorseggiare il loro Martini, cento volte auto incensandosi, ingoieranno l’oliva con tutto il nocciolo, ma dalla lezione di questi Stereolab non ne usciranno vivi mai più.
GENERE: Art Pop, Indietronica.
PAESE: UK
LABEL: ELEKTRA / DUOPHONIC / DRAG CITY (1997)